La crosta del formaggio si può mangiare oppure no? La risposta è ‘dipende’, perché la parte esterna del formaggio ha caratteristiche diverse a seconda della tipologia. Quelli freschi, come mozzarella, primosale e feta, ma anche scamorze e provole fresche, non hanno una crosta, sono commercializzati all’interno di confezioni che garantiscono l’igiene e naturalmente si consumano senza eliminare lo strato esterno.
I formaggi più o meno stagionati, invece, hanno una sorta di barriera protettiva che funge da confine fra l’ambiente e il formaggio stesso e ha caratteristiche diverse a seconda della lavorazione. Alcuni, come l’olandese Edam, il Galbanino e simili, sono protetti da un rivestimento di plastica o cera che chiaramente non si può consumare (e non deve essere smaltito nell’umido). Alcuni sono stagionati a contatto con la paglia, la cenere, o altri materiali non commestibili. Ma anche quando non sono presenti materiali estranei, spesso le etichette dei tranci di formaggio che acquistiamo confezionati al supermercato, riportano l’indicazione “crosta non edibile”. Con una rapida ricerca in alcune piattaforme di vendita online abbiamo trovato questa indicazione, per esempio, su molti pecorini e caciotte, ma anche sulla Fontina Dop, il Fontal, l’Asiago e il Provolone.
I formaggi a crosta non edibile…
Ma perché non possiamo consumarla? I motivi sono legati a due aspetti: da un lato la possibile presenza di conservanti e coloranti, dall’altro l’igiene e la sicurezza alimentare. Le sostanze utilizzate più spesso come conservanti sono E235 (natamicina) ed E202 (sorbato di potassio). Sono sostanze autorizzate, per le quali non è indicata una dose giornaliera accettabile. Per la natamicina sono stati riportati effetti negativi, ma nel complesso è una sostanza considerata sicura. I coloranti utilizzati di solito – in modo meno frequente dei conservanti – sono l’E160b (anatto) e l’E150d (caramello solfito-ammoniacale). Il primo è considerato sicuro, il secondo invece può dare reazioni allergiche (anche perché contiene solfiti) e, secondo la banca dati sugli additivi di Altroconsumo, sarebbe un composto da evitare. L’E153, o carbone vegetale, è utilizzato come colorante nero naturale ed è considerato sicuro.
Croste fiorite e lavate
La presenza di additivi, però, non è l’unico motivo per non mangiare la crosta. La superficie del formaggio, infatti viene a contatto con la polvere e con tutti i contaminanti, chimici o microbiologici, che si possono trovano nell’ambiente, oltre a quelli che possono essere trasmessi dagli operatori. I microrganismi hanno un ruolo molto importante quando consideriamo i formaggi a crosta lavata e quelli a crosta fiorita.
I primi, come per esempio il taleggio, durante la stagionatura sono strofinati regolarmente con una soluzione di acqua e sale, in cui sono presenti anche inoculi di microrganismi utili. Questo procedimento permette lo sviluppo di una particolare microflora che contribuisce a definire il sapore e l’aroma del formaggio e ostacola lo sviluppo di microrganismi dannosi. In tutti i casi è una crosta microbiologicamente viva, e il formaggio viene ripetutamente manipolato, per questo non è opportuno consumarla ed è anche necessario fare particolare attenzione alla conservazione. Per lo stesso motivo, non è commestibile la crosta del gorgonzola.
Quando invece si possono mangiare?
Sono ‘vive’ anche le croste di formaggi come il Brie, il Camembert e i tomini nostrani a crosta fiorita, cioè rivestiti da un sottile strato bianco formato da muffe selezionate, che hanno un ruolo fondamentale nel definire il sapore. In questi casi lo strato esterno è commestibile e per garantire una corretta igiene questi formaggi di solito sono protetti da una confezione.
Si possono mangiare, perché non trattate con conservanti né coloranti, le croste del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. In questo caso, però, siccome lo strato esterno rimane a contatto con l’ambiente e viene manipolato per lunghi periodi, è opportuno lavarle e grattarle accuratamente con un coltello, prima di utilizzarle, magari aggiungendole, a cubetti, al minestrone.
Quando acquistiamo un trancio di formaggio confezionato oppure porzionato dal punto vendita possiamo trovare queste importanti informazioni sull’etichetta. Le cose sono invece diverse se acquistiamo il formaggio al banco. In questo caso, purtroppo, come in generale per i prodotti venduti al banco, queste informazioni non ci vengono comunicate. Le possiamo trovare nel ‘librone’ degli ingredienti, che deve essere disponibile nelle vicinanze, ma sfogliarlo, mentre siamo in fila per fare la spesa non è per niente semplice.
La tabella riporta alcuni esempi di formaggi con crosta edibile oppure no e gli additivi utilizzati sulle croste.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Valeria Balboni per Il Fatto Alimentare, coopshop.it
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
La natamicina (E235) è ampiamente utilizzata nei formaggi (nonin quelli biologici, nei quali non è ammessa, alla pari dei sorbati): essendo attiva contro muffe e funghi, ma non contro i batteri, non interferisce con i naturali processi di maturazione né altera le caratteristiche organolettiche.
Ma al di là dell’azione eminentemente fungistatico e fungicida, è un antibiotico, e meno antibiotici ci sono in giro, meglio è per tutti.
La sua criticità non è legata alla tossicità immediata per l’uomo, quanto al fatto che è utilizzata anche in medicina proprio per la sua forte attività biologica contro muffe patogene e dermatofiti anche a concentrazioni minime (solitamente sotto forma di crema dermatologica): il problema è legato al rischio di antibiotico-resistenza.
Secondo la normativa UE è necessaria la menzione “Trattamento della crosta con conservante E235” e la natamicina non deve migrare oltre i 5 millimetri sotto la crosta (porzione di formaggio che è comunque opportuno rimuovere).
Qualche tempo fa c’era stato un dibattito, con qualcuno che sosteneva che l’avvertenza di eliminare la crosta era sufficiente perché la si potesse considerare materiale da imballaggio (omettendo quindi l’indicazione sulla presenza di natamicina), ma si trattava di una posizione del tutto sbagliata: la natamicina viene aggiunta intenzionalmente per uno scopo tecnologico al formaggio (a spruzzo o con immersione della forma in una soluzione) e va sicuramente dichiarata.
La liberta’ informata di scelta e di decisione dovrebbe essere sempre salvaguardata.
Io per esempio non considero formaggi, bensi’ prodotti succedanei indusriali di bassa qualita’, tutti i “formaggi” con la superficie trattata chimicamente. E non li voglio mangiare tout court. Per i formaggi veri, invece, voglio avere la liberta’ di pulire la crosta e di mangiarla.
Ergo: che le etichette siano trasparenti!
Io personalmente le croste di tutti i formaggi (tranne ovviamente quelli a crosta fiorita tipo camembert e brie), le pulisco accuratamente raschiando la superficie e il formaggio lo consumo per intero.
Solo al ristorante, se capita un tagliere, la tolgo ma il più vicino possibile alla pasta: mi piange il cuore a vedere quelli che eliminano uno spessore di 0,5/1 cm di formaggio.
In fondo basta poco e un po’ di pazienza. E’ evidente che raschiare la crosta dei formaggi a pasta dura è più semplice, ma anche le croste di taleggio e gorgonzola le pulisco pre bene. In fondo non sono morto per ingestione di qualche muffa nobile, che del resto non sono del tipo che producono tossine
1) Quando la crosta non è edibile dovrebbe obbligatoriamente avere un colore vistoso (arancio, nero, ecc.), in modo da poterla tagliare via con sicurezza.
2) Bisognerebbe abolire il “libro Ingredienti” sempre introvabile o non facilmente interpretabile. Ogni alimento confezionato deve avere la sua etichetta informativa. Se compro un formaggio con crosta non edibile e lo porto a casa i miei familiari non sono informati e potrebbero mangiare tale crosta.
Sono perfettamente d’accordo!