Si parla di blockchain e si pensa a una moneta virtuale come i bitcoin, o in generale a operazioni finanziarie. In realtà, una blockchain è semplicemente una piattaforma tecnologica, una sorta di registro pubblico, nel quale sono archiviate in modo sicuro informazioni criptate. Uno strumento per raccogliere notizie, che può essere utilizzato da vari settori, incluso quello alimentare. “Con la blockchain le informazioni non possono essere trasformate né modificate: è un sistema per conservare i dati in modo permanente, sicuro e inalterabile, rendendo trasparente ogni passaggio”, spiega Marco Vitale, Ceo di Foodchain, la prima società italiana a proporre dal 2016 questo servizio.
“Abbiamo deciso di partire dall’agroalimentare perché si tratta di un settore particolarmente complesso, molto frammentato e poco digitalizzato, quindi un buon banco di prova per questa tecnologia”, spiega Vitale. L’idea di Foodchain – e di altre aziende che stanno proponendo questo tipo di piattaforme – è di offrire un servizio a produttori che vogliono valorizzare le caratteristiche dei propri prodotti puntando sulla trasparenza, e sono disposti a investire su questo. Ma potenzialmente la blockchain è anche uno strumento utile per contrastare le contraffazioni, e garantire la sicurezza degli alimenti. “Le informazioni che si possono fornire sono moltissime, e la tecnologia permette di condividerle con diversi soggetti. È chi gestisce le informazioni che decide chi può vedere cosa: per esempio, è possibile permettere agli acquirenti di un determinato prodotto di vederne la provenienza, ma non il prezzo della materia prima”, spiega Vitale. Si può partire dall’origine del prodotto per arrivare poi alla raccolta – di cui si possono descrivere tempi e modalità, fino al nome delle persone coinvolte – e alla lavorazione: “Le diverse informazioni, per esempio sulle condizioni meteorologiche in una specifica località al momento del raccolto, possono essere incrociate con altre fonti per garantirne l’autenticità”, spiega Vitale. Progetti di questo tipo si stanno attivando in varie regioni, e in Sicilia è stata da poco approvata una legge regionale sull’utilizzo della blockchain per la tracciabilità dei prodotti agroalimentari.
Tra le esperienze più interessanti avviate, in Campania c’è Flagchain, che coinvolge tre FLAG (Fisheries Local Action Group, partenariati che riuniscono settore privato, in questo caso i pescatori che operano sul territorio, enti locali e organizzazioni) che hanno deciso di sviluppare insieme una piattaforma blockchain per valorizzare il pesce locale. “Il progetto, che può contare su finanziamenti europei, nasce da tre Flag dell’area del golfo di Napoli”, spiega Danilo Guida che dirige la Flag pesca Flegrea, capofila del progetto. L’obiettivo è quello di valorizzare il territorio e le sue produzioni ittiche fornendo ai consumatori informazioni utili, e al tempo stesso coinvolgere i giovani in un settore che fa fatica ad avvicinarsi alle nuove tecnologie: “Abbiamo scelto Foodchain tra le varie imprese esperte in blockchain perché offre anche altre tecnologie che permettono di fornire informazioni aggiuntive e certificate attraverso blockchain, come la tecnologia satellitare che consente di monitorare l’inquinamento nell’area di pesca, o l’impronta biochimica che permette di identificare uno specifico pesce come tipico di quella località”, spiega Guida. Ma saranno proposte anche ricette di cucina per valorizzare le specie ittiche meno note, grazie al coinvolgimento dello chef ischitano Pasquale Palamaro. “Adesso il sistema è in corso di sperimentazione, stiamo preparando una demo da presentare a marzo al salone Sealogy di Ferrara: l’obiettivo è creare un sistema per valorizzare il prodotto, che possa essere applicato anche ad altre Flag italiane e non solo”, ricorda Guida.
A utilizzare già Foodchain ci sono aziende private che puntano sull’eccellenza dei prodotti come la Torrefazione caffè San Domenico, la gelateria Alberto Marchetti, e Pralina, un’azienda pugliese che ha scelto Foodchain per la propria linea di zuppe e vellutate in vetro. “Parliamo di prodotti che non hanno bisogno di essere tenuti in frigo, e puntano su materie prime locali e legumi tradizionali”, spiega la responsabile marketing dell’azienda Valentina Avantaggiato. Pralina utilizza prodotti coltivati in Puglia da cooperative di giovani agricoltori recuperando terreno incolto, e venduti online, direttamente e tramite Amazon Prime . “Abbiamo agganciato alla piattaforma il nostro gestionale che segue i processi produttivi”, spiega Avantaggiato. In questo modo, inquadrando il QR code sul coperchio di ogni barattolo, è possibile, attraverso un’app, leggere la storia del prodotto, dal campo in cui sono stati coltivati legumi e cereali, per arrivare alla ricetta: “Uno strumento che serve per stabilire un patto di fiducia con il consumatore e valorizzare il made in Italy”, conclude Avantaggiato.
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giornalista scientifica