Valorizzare produzioni locali, migliorare il benessere animale e ridurre l’impatto dell’allevamento sull’ambiente: sono questi gli obiettivi del progetto Filierba del dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari (DiSAFA) dell’Università degli Studi di Torino nato con l’obiettivo di creare filiere zootecniche basate prevalentemente su foraggi da prati a elevata biodiversità. Il modello di produzione sostenibile piemontese è stato presentato nel corso di un evento dedicato all’allevamento estensivo che si tenuto a Tempio Pausania il 10 marzo e organizzato da Università di Sassari, Agris Sardegna e Cnr.
“Filierba, che è acronimo di ‘Filiere da Erba’, – ha dichiarato Giampiero Lombardi, professore associato dell’Università di Torino – opera per promuovere lo sviluppo di filiere di produzione di carne e latte da bovini alimentati prevalentemente con erba fresca e fieno da praterie a biodiversità elevata e per introdurre soluzioni innovative per la gestione degli allevamenti, al fine di migliorare l’organizzazione aziendale dei produttori». Il progetto Filierba, infatti, nasce per rispondere al calo di produttività e competitività dei produttori di latte e carne bovina che si è verificato nel corso dell’ultimo decennio, a causa di una serie di fattori, dal cambiamento delle abitudini alimentari di consumatori e consumatrici, sempre più consapevoli alle conseguenze su salute e ambiente della propria dieta, alla crisi economica causata dalla pandemia prima e dall’invasione russa dell’Ucraina poi.
Nell’ambito del progetto, i ricercatori torinesi sono intervenuti sull’organizzazione delle aziende agricole partecipanti e sui processi produttivi, modificando l’alimentazione dei bovini, ottimizzando la fase di trasformazione dei prodotti e accorciando le filiere. Così facendo, le aziende coinvolte nel progetto riescono a ridurre i costi, valorizzare le produzioni locali e migliorare le caratteristiche nutrizionali dei prodotti, che grazie a questo particolare tipo di allevamento sono ricchi di grassi insaturi, antiossidanti e vitamine. Gli interventi dei ricercatori hanno coinvolto anche gli ambiti del benessere dei bovini e dell’impatto sull’ambiente, per cercare di ridurre gli effetti negativi dell’allevamento sulla salute umana e animale e sul pianeta.
Per quanto riguarda l’alimentazione dei bovini, i ricercatori hanno aiutato le aziende agricole ad adottare strumenti di pianificazione tipici dell’allevamento con alpeggio estivo, come il Piano pastorale, che è nato per la montagna ma che nell’ambito del progetto Filierba viene applicato anche agli allevamenti in pianura. Questo strumento serve per gestire correttamente i pascoli, individuando i momenti ottimali per lo sfruttamento e per gli spostamenti delle mandrie di bovini. Nel piano, adeguato a una gestione di durata medio-lunga (circa 10 anni), sono state introdotte la pratica dello sfalcio per la fienagione, della concimazione e della gestione dei reflui zootecnici, integrando anche le rotazioni delle colture, in caso di necessità.
Tra gli obiettivi futuri del progetto Filierba c’è la creazione del marchio di filiera “Erba & fieno del Piemonte” per tutelare l’autenticità e identificare univocamente le produzioni ottenute da animali alimentati con foraggi polifiti (che comprendono cioè diverse specie di piante). Insieme al marchio di filiera, verranno elaborati un disciplinare per la tutela di queste produzioni e un protocollo per la certificazione delle quantità producibili e della sostenibilità delle filiere di latte, carne e derivati. Inoltre, c’è l’intenzione di creare un sistema di valutazione degli operatori della filiera in funzione della sostenibilità della produzione, della distribuzione e della commercializzazione, affinché consumatori e consumatrici possano capire a colpo d’occhio se e quanto un prodotto sia ‘eco-friendly’.
Insomma, la ricetta dell’Università di Torino per un allevamento più sostenibile per l’ambiente, più rispettoso del benessere degli animali e della salute umana è un ritorno al passato (certo, facendo uso di strumenti moderni di organizzazione e monitoraggio), riportando gli animali al pascolo e alimentandoli prevalentemente con erba e fieno.
© Riproduzione riservata Foto: Filierba
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Finalmente! E’ un bellissimo progetto, mette insieme le esigenze dei produttori con il benessere animale, il rispetto per l’ambiente e la qualità della produzione.
Non riesco a capire se il Progetto in questione prevede il cibo da pascolo per mucche in stalla o pascolo libero. Non è molto chiaro a mio parere.
In Italia non c’è abbastanza pascolo per tutta la nostra produzione (che già non è autosufficiente per i nostri fabbisogni)
Questi sono bei progetti ma vanno bene per una filiera di nicchia, che può essere remunerata in alcuni canali.
Inoltre dovreste rimarcare, perché i dati ci dicono questo, che gli allevamenti intensivi (che non vuol dire poco spazio e altre amenità), in Italia sono molto sostenibili, riguardo il benessere animale e altri criteri.
Stessa cosa ha fatto il gruppo “Pascol”, lo conoscete?
Bellissima idea, già adottata spesso in montagna. Il problema credo sia in pianura dove trovare terreni in cui lasciare gli animali a pascolo libero è abbastanza difficile.