Proseguiamo in questa pagina, con la seconda puntata, l’articolo di approfondimento per orientarsi nella crescente differenziazione dell’offerta delle farine. La volta scorsa abbiamo visto su quali aspetti si è focalizzato e con quali modalità è cresciuto lo spazio dedicato alle farine sugli scaffali dei negozi, quali sono le principali varietà di grano utilizzate e, infine, quali sono i pro e i contro della sempre più apprezzata macinazione a pietra.
Un altro elemento importante per distinguere le farine è il grado di raffinazione. La farina integrale deriva dalla macinazione del chicco con lo strato esterno. Eliminando progressivamente gli strati, si ottengono tipologie di prodotto via via più raffinate: tipo ‘2’, ‘1’, ‘0’ e ‘00’. La farina tipo ’00’ si usa molto in pasticceria, mentre le farine ‘0’ e quelle meno raffinate (l’integrale è la più diffusa, mentre le ‘1’ e ‘2’ sono di minore reperibilità), si usano maggiormente nella preparazione di pane, pizza e alimenti salati. Negli ultimi anni i prodotti meno raffinati stanno riscuotendo crescente successo perché sono ricchi di fibra, proteine e vitamine e il loro utilizzo si va allargando progressivamente.
L’ulteriore fattore che distingue le farine è la forza, generalmente indicata da una lettera W seguita da un numero. Tale aspetto, indipendente dal grado di raffinazione, determina la maggiore capacità di trattenere acqua e di formare una maglia glutinica capace di resistere a una lunga lievitazione. Le farine deboli sono adatte per preparare biscotti e grissini, mentre quelle più forti sono indicate per prodotti a lunga lievitazione (per esempio il panettone). La forza non è sempre indicata sulla confezione e dipende principalmente, ma non solo, dalla quantità e qualità delle proteine. Queste sono a loro volta condizionate da fattori genetici, ambientali ed agronomici del frumento. Già nel 2014 Garofalo si era dimostrata pionieristica nel valorizzare questo aspetto. Oggi l’azienda, specializzata nell’offerta di pasta, propone una linea completa di farine, che mira a soddisfare le principali esigenze di panificazione domestica, focalizzandosi in maniera rigorosa sulla farina ‘senz’altro’, evitando cioè di inserire in gamma prodotti ‘misti’ come i preparati. La linea attuale comprende quindi, oltre alle W 170, 260 e 350, anche una farina integrale e una multicereali e resta tra le poche, insieme a Molino Rossetto, che evidenzia molto chiaramente il valore W sulle sue confezioni. In assenza d’indicazioni, potrebbe comunque essere teoricamente possibile ricavare qualche riferimento sulla forza dalla tabella nutrizionale, ma questa potrebbe essere fuorviante perché, per esempio, una farina integrale ha generalmente un maggiore contenuto proteico di una farina ‘00’, ma non è più forte. Più semplice orientarsi con le farine denominate manitoba, che sono quelle con i valori di W più alti. L’uso del termine è però convenzionale e non è legato a specifici parametri di legge, attualmente si definiscono in linea di massima come manitoba le farine con W superiore a 350.
Nello ‘scaffale’ (virtuale e non) che abbiamo analizzato sono infine compresi anche numerosi preparati per pane, focaccia, pizza o dolci. Si tratta di mix con ricettazioni differenziate, che comprendono diversi tipi di farine, semi oleosi, zucchero o malto, sale e agenti lievitanti. A questi, si è recentemente inserita anche una linea di Molino Rossetto, con percentuali elevate di proteine derivate da cereali e legumi e denominata Pro+. Naturalmente, una così ampia varietà nell’offerta determina molte differenze nel costo dei prodotti. Facendo riferimento ai siti di acquisti online, si va da circa 40 centesimi al chilo per le più economiche tra le farine ’00’ ai circa 2 € per le meno raffinate, fino ad arrivare a cifre intorno ai 4 € per le farine biologiche di farro e di altri grani antichi, ma anche di materie prime alternative, come il riso, i ceci e i preparati sostitutivi senza glutine.
In generale il costo dei prodotti è legato soprattutto alla loro diffusione che, quando è più ampia, permette economie di scala maggiori. C”è poi un tema di marketing, rispetto al quale le farine meno raffinate sono oggi le più ricercate da consumatori attenti all’alimentazione e quindi più disposti a investire sull’acquisto di prodotti alimentari. Specifichiamo infine che i prezzi indicati fotografano la situazione dell’ultima settimana di ottobre, non sappiamo se subiranno aumenti significativi nei prossimi mesi, in relazione all’incremento dei costi delle materie prime. Su questo tema si è espressa l’associazione di categoria Federdistribuzione, che ha dichiarato di voler tutelare il potere d’acquisto dei consumatori per non frenare la ripresa, cercando di limitare il più possibile le ripercussioni dell’incontestabile aumento all’origine. Per il momento, l’associazione segnala che il costo del ‘carrello della spesa’ è cresciuto del +1,2% su base annua. Merita però a questo proposito una riflessione il confronto con i prezzi medi della farina rilevati e pubblicati nel luglio 2018, dove si nota una sostanziale omogeneità, andando da 0,40 a 1,50 €/kg, fino a 3/4 €/kg per i grani ‘speciali’.
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