Quando si parla di pesce fresco è normale imbattersi in mezze verità ormai diventati luoghi comuni come: l’Anisakis, la sindrome sgombroide, il mercurio nei pesci di grossa taglia, la colorazione artificiale del tonno o lo sbiancamento dei calamari. Abbiamo chiesto a Valentina Tepedino veterinaria direttrice di Eurofishmarket quali sono i falsi miti più diffusi sui social e in rete.
1. ll sushi più buono è quello preparato con pesce fresco
I piatti della cucina giapponese preparati con pesce crudo come sushi, sashimi e tartare, devono essere preparati con materia prima fresca, ma non basta. È altrettanto importante che il pesce prima della lavorazione venga congelato rapidamente fino a raggiungere una temperatura di -18°C in poche ore. L’abbattimento è necessario per evitare il rischio di ingerire larve vive di Anisakis, un parassita in grado di provocare patologie serie allo stomaco e all’intestino che vengono però neutralizzate dal freddo intenso del freezer.
2. Il pesce “bistecca” è più caro ed è anche di qualità superiore
Il pesce senza spine che si cucina facilmente, al pari di una fetta di carne, come nel caso del tonno e del pesce spada è molto richiesto, ma non necessariamente è migliore di altri. Il costo più elevato non è automaticamente sinonimo di maggiore qualità, ma è solo una questione di mercato. Il prezzo sale quando c’è una grande richiesta, non perché la qualità (nutrizionale, sensoriale e di sicurezza) sia superiore a quella degli altri. Il problema è che trattandosi di pesci con un ciclo vitale lungo, accumulano più facilmente metalli pesanti e questo può essere un problema per chi lo mangia spesso.
3. Il pesce fresco è locale
In Italia ogni giorno arriva pesce fresco da 40 Paesi. Molti lotti provengono dall’Atlantico o dal Pacifico. L’etichetta è un valido strumento per capire dove è stato pescato e fornisce le seguenti indicazioni: denominazione commerciale della specie (ad esempio “orata”), metodo di produzione (“pescato”, “pescato in acque dolci”, allevato”), zona di cattura, stato fisico (decongelato o scongelato) ed eventuale presenza di additivi. La freschezza non è direttamente collegata alla lontananza.ma dipende da diversi fattori come la specie, il sistema di cattura, il mantenimento della catena del freddo e le pratiche di movimentazione. La data di pesca è solo uno dei tanti elementi utili per stabilire la freschezza. Consumare pesce locale non garantisce in assoluto la freschezza, molto dipende dalla corretta gestione della catena del freddo lungo la filiera.
4. Non esiste stagionalità
Se si rispettano i tempi di riproduzione, e quindi il fermo pesca, è difficile trovare lo stesso pesce durante tutti i mesi dell’anno. Per essere certi di acquistare pescato “di stagione”, bisogna rivolgersi a banchi pescheria con cartellini e indicazioni dettagliate, oltre a quelle obbligatorie relative all’origine. Fanno eccezione i pesci di allevamento che sono disponibili tutto l’anno.
5. Il pesce è lo stesso anche se viene venduto a prezzi diversi
Se i costi sono diversi siamo di fronte a specie ittiche differenti, anche quando appartengono alla stessa famiglia, ma è difficile riconoscerle. Purtroppo la sostituzione del pesce è un fenomeno sempre più diffuso nel settore ittico. Per evitare le frodi l’etichettatura e la tracciabilità sono controllate sia dagli organi pubblici preposti che dagli operatori in autocontrollo.
6. Vongole e cozze sono inquinate
I molluschi bivalvi di allevamento (vongole, cozze, ostriche e fasolari) sono una valida alternativa ai soliti filetti. Si nutrono dei microrganismi presenti nell’acqua e non necessitano di mangimi, però è necessario che l’ambiente sia sicuro per evitare che sostanze o batteri nocivi alla salute vengano filtrati e si accumulino nel mollusco. Si consiglia di acquistare sempre prodotti confezionati in retine integre e sigillate con annessa etichetta.
7. Mangiare pesce fa bene alla salute
Tutto il mondo scientifico concorda sull’importanza di consumare prodotti ittici due o più volte a settimana. Meglio scegliere pesci azzurri e di piccola taglia ed evitare i grandi predatori, noti accumulatori di metilmercurio. Inoltre, variare le scelte in tavola consente di raggiungere un corretto apporto di acidi grassi omega 3 ed evitare potenziali rischi di accumulo di metalli pesanti.
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