C’è chi dà la colpa al legislatore distratto e chi alle catene di supermercati, ma una cosa è certa, quando il 1° gennaio 2018 è iniziata la vendita di sacchetti monouso compostabili per la frutta e la verdura, qualcuno si è dimenticato dell’etichetta. La norma non prevedeva nessun obbligo per l’etichetta adesiva che riporta il prezzo da pagare e che si appiccica al sacchetto. Il risultato è che 6 mesi fa solo la catena di supermercati Esselunga proponeva ai consumatori sacchetti con etichette del prezzo compostabili. Negli altri supermercati le etichette non erano compostabili e quindi per usare il sacchetto come contenitore per il rifiuto umido di casa, bisognava avere l’accortezza di staccare l’etichetta senza rompere il sacchetto.
I clienti più attenti all’ambiente avevano imparato ad applicare l’etichetta adesiva del prezzo nella parte alta del sacchetto in modo da poterla ritagliare con le forbici e utilizzare la borsina per l’umido. È facile immaginare che nella maggior parte dei casi i sacchetti della frutta e della verdura finivano nel bidone dell’umido con l’etichetta contaminando così il rifiuto organico.
Qualcosa però sta cambiando. Se nel gennaio 2018 solo Esselunga era in grado di vendere sacchetti con etichette compostabili adesso anche Bennet e Iper adottano lo stesso sistema. Conad ha iniziato la conversione da qualche settimana e conta di concludere l’operazione entro fine anno. Per quanto riguarda la catena di supermercati Coop, ci sono realtà come Novacoop, Coop Lombardia, Coop Liguria e Unicoop Firenze che impiegano già etichette compostabili.
Secondo gli esperti il prezzo lievita di circa il 20% (0,005 millesimi di euro al posto di 0,004), ma questo dovrebbe essere il problema minore.
Un discorso analogo riguarda i bollini della frutta. Questi sticker, che una volta venivano utilizzati solo sulle banane Chiquita, sono diventati il marchio di riconoscimento per: mele, pere, kiwi, meloni… e persino le noci di cocco. Anche in questo caso il problema è capire se si tratta di bollini biodegradabili e compostabili, da buttare insieme alla buccia del frutto nel rifiuto umido, oppure se vanno staccati prima. Tranne qualche eccezione i bollini della frutta andrebbero tolti e messi nel rifiuto indifferenziato perché non sono compostabili. Si tratta di centinaia di milioni di pezzi che ogni giorno finiscono erroneamente nel sacchetto dell’umido di casa.
“In questo periodo – spiega a Il Fatto Alimentare Luca Bianconi della Polycart – una catena di supermercati sta provando a utilizzare la nostra etichetta CompostLabel (in bioplastica compostabile) per le linee di prodotto bio. Siamo ancora in una fase sperimentale perché gli ostacoli da superare sono diversi e poi bisogna trovare una condivisione sinergica con i macchinari di confezionamento“. La scelta ecologica comporta una lievitazione dei costi per i singoli bollini del 50% circa. La catena di supermercati Coop ha dichiarato a Il Fatto Alimentare che il processo di adeguamento verso l’adozione di bollini “eco” per la frutta è in corso e che al momento solo alcuni sono biodegradabili e compostabili, certificati. Si sta però lavorando per ampliare la rete di punti vendita coinvolti nella sperimentazione.
Il Consorzio delle mele Melinda, interpellato da Il Fatto Alimentare, da anni porta avanti la ricerca per ottenere bollini biodegradabili, senza avere trovato una soluzione. Le mele vengono movimentate attraverso una corrente di acqua, e questo rende difficile trovare un bollino di materiale compostabile in grado di resistere. Poi bisogna considerare la conservazione in ambiente freddo e umido, che innesca un processo di degradazione del materiale. L’unica nota interessante è che molti bollini sono dotati di una linguetta che ne facilita la rimozione prima del consumo in modo facilitare il distacco.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Grazie per l’articolo, che colma una lacuna importante! E’ incredibile che anche le catene del bio, come Natura Sì, non ci abbiano già pensato. E’ praticamente impossibile staccare l’etichetta del prezzo dal sacchetto biodegradabile senza romperlo, e questo è un dramma, specie perchè quei sacchetti vengono poi riutilizzati come buste per il rifiuto compostabile.
Mi sorprendo invece molto per i bollini della frutta…. pensavo fossero in semplice carta adesiva! E’ davvero incredibile che non siano biodegradabili…
Da quando hanno introdotto il sacchetto obbligatorio ho cambiato abitudini. Verdura e frutta, sempre bio comunque, la compro dai priduttori o in negozi e mercati gestiti da cooperative sociali, col risultato che risparmio denaro e uso la mia borsa dove metto tutti i prodotti. Grazie ministro per avermi spinto sulla buona strada.