Almeno in alcuni casi, le etichette nutrizionali aiutano ad assumere comportamenti più virtuosi. Lo dimostra una grande metanalisi condotta da uno dei centri di ricerca sull’alimentazione umana più importanti del mondo, quello della Tufts University di Boston guidato da Darius Mozaffarian, appena pubblicata sull’American Journal of Preventive Medicine. Da essa emerge infatti che per alcune categorie di nutrienti, le indicazioni nutrizionali, comunque formulate, aiutano chi mangia a scegliere meglio e a consumare meno calorie e classi di nutrienti nocive, se in eccesso, e spingono le aziende a modificare spontaneamente la composizione degli alimenti pronti, sia pure in misura parziale.
Nello studio, condotto da Food-Price, il gruppo specializzato in questo tipo di indagini, sono stati attentamente analizzati 60 trial pubblicati tra il 1990 e il 2014 in 11 paesi nei quali erano state effettuate oltre due milioni di osservazioni singole. In particolare si trattava di analisi relative alla dieta giornaliera, agli acquisti, alle ricette degli alimenti pronti e così via. Gli studi erano focalizzati sulle eventuali modifiche conseguenti all’introduzione di una qualche forma di informazione sul contenuto nutrizionale, per esempio sui menu dei ristoranti, sulle confezioni degli alimenti o sugli scaffali dei supermercati.
Il risultato è stato che le informazioni sono sempre associate a una diminuzione media per quanto per quanto riguarda le calorie assunte del 6,6%, del 10,6% per i grassi totali e meno del 13% per quanto riguarda la decisione di mangiare alimenti poco salutari. Inoltre, le etichette sono responsabili di un aumento del consumo di frutta e verdura del 13,5%. L’effetto sembra invece meno chiaro quando si verificano altre classi di nutrienti quali i carboidrati, le proteine totali, i grassi saturi, la frutta, i cereali integrali.
Interessante anche la risposta riscontrata nelle aziende (anche se gli studi che hanno preso in considerazione questi aspetti, finora, sono stati davvero pochi): l’obbligo di apporre etichette nutrizionali ha portato a una riduzione volontaria media di grassi saturi del 64,3% e di sale dell’8,8%, mentre non sembrano aver avuto conseguenze rilevanti sul contenuto totale di calorie, sui grassi saturi, sulle fibre e su altri composti sani, così come su alcuni di quelli meno sani come colesterolo, grassi totali, zuccheri.
Come ha commentato lo stesso Mozaffarian “Per quanto riguarda le aziende, è interessante notare che i due ingredienti che subiscono modifiche più evidenti sono il sale e i grassi totali, ovvero due elementi aggiunti. Ciò suggerisce che probabilmente esse sono molto più disposte a intervenire su ciò che aggiungono rispetto ad altri parametri intrinseci del cibo come le calorie, e che quindi bisognerebbe puntare su questo tipo di intervento. Sarà ora interessante vedere se gli zuccheri aggiunti, da poco indicati obbligatoriamente nelle etichette (negli Stati Uniti), subiranno una diminuzione o meno nelle formulazioni industriali”.
Spostando poi l’attenzione sul tipo di indicazione, gli autori hanno dimostrato che non ha molta importanza: gli effetti positivi si vedono a prescindere dalla posizione delle scritte, dalla formulazione (semafori, stelle, tabelle e così via), dal tipo di prodotto, dall’obbligatorietà o volontarietà dell’illustrazione. In altre parole: la consapevolezza e le maggiori conoscenze correlate alle etichette nutrizionali aiutano a fare scelte migliori. Questo dato emerge anche se alcuni degli studi presi in esame avevano carenze metodologiche e altri erano molto diversi.
Anche se gli effetti positivi non sono (per ora) dimostrati su tutte le categorie di nutrienti, e pur con tutte le cautele metodologiche del caso, la ricerca firmata da Food-Price lascia pochi dubbi sul ruolo importante delle etichette nutrizionali nel miglioramento della dieta.
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Giornalista scientifica
Ovvio: uomo informato mezzo salvato!
Riovvio: più informazioni complete si danno, migliore è la comprensione e le possibilità di scelta.
Triovvio: troppe informazioni prolisse, o troppo sintetiche e semplicistiche, danno il medesimo risultato negativo.