Etichette a semaforo, profili nutrizionali, health claim: tutto quello che bisogna conoscere. La lettera di due esperte di nutrizione dell’Università di Milano
Etichette a semaforo, profili nutrizionali, health claim: tutto quello che bisogna conoscere. La lettera di due esperte di nutrizione dell’Università di Milano
Redazione 5 Maggio 2016Riceviamo e pubblichiamo questo contributo sull’etichetta semaforo e sulle diciture salutistiche firmato da una docente e una ricercatrice dell’Università degli Studi di Milano, che evidenziano criticità ma anche opportunità da sfruttare al massimo per favorire la diffusione di informazioni ai consumatori.
I recenti articoli apparsi sui principali organi di stampa riportanti le decisioni adottate dal Parlamento di Strasburgo del 12 aprile scorso riguardo la presenza o meno di health claims o profili nutrizionali sulle etichette alimentari, hanno volutamente puntato l’attenzione sulla presenza di colori (verde-giallo-rosso) a indicare la “bontà” o “pericolosità” degli alimenti, come nel caso dei semafori nutrizionali adottati dalla Gran Bretagna. Senza entrare nel merito della voluta o meno imprecisione e/o distorsione della notizia comunicata dagli organi di stampa, la supposta bocciatura da parte del Parlamento di Strasburgo dell’utilizzo del semaforo nutrizionale è stata prontamente interpretata e veicolata ai consumatori come una vittoria degli alimenti tipici della Dieta Mediterranea, riconosciuta dall’Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, sulla disinformazione o peggio sul loro boicottaggio. Dato che a una prima lettura è difficile non essere d’accordo con questa chiave di interpretazione, fermo restando che il Parlamento di Strasburgo non si è espresso ancora sui semafori nutrizionali, vogliamo proporre alcune riflessioni che inducano il consumatore ad avvicinarsi in maniera critica sia agli articoli di giornale, sia alle etichette nutrizionali.
L’etichetta con il semaforo nutrizionale adottata in Gran Bretagna riporta per 100g di alimento il contenuto in grassi, grassi saturi, sale e zuccheri ed evidenzia con i colori del semaforo i valori elevati, di media e bassa intensità. Suggerisce in questo modo che, se l’alimento scelto ha un contenuto di colore rosso, è evidentemente pericoloso per la nostra salute e quindi da non consumare né comprare. La prima considerazione che deve essere fatta da tutti, consumatori e produttori, è la consapevolezza che 100 g non rappresentano una porzione standard valida per tutti gli alimenti, tra cui proprio quelli citati come penalizzati da questo sistema di etichettatura e che, secondo la ricerca Nomisma commissionata da Federalimentare, hanno visto un calo delle vendite: olio extravergine di oliva, Parmigiano Reggiano e prosciutto crudo.
È indubbio che nessuno di noi consuma 100 g di olio extravergine di oliva al giorno quando 1 cucchiaio, pari a 10 g (da LARN 2014), è la dose consigliata, così come 100 g di Parmigiano Reggiano sono tanti anche quando viene consumato come secondo piatto e non come “condimento” sulla pasta (nel primo caso la porzione è 50 g, nel secondo 10g – LARN 2014). Entrambi contengono grassi saturi, ma il loro contenuto varia se consideriamo la porzione standard: 100 g di olio extravergine di oliva contengono 16,16g di grassi saturi, mentre 10g ne contengono 1,616. Per il Parmigiano Reggiano 100 g contengono 16,89 g di grassi saturi, mentre 50 g e 10 g ne contengono rispettivamente 8,445 g e 1,689 g (da Banca Dati di composizione degli alimenti IEO). Analogamente se consideriamo una bevanda zuccherata, ad esempio aranciata, la cui vendita è stata incrementata dalla presenza del semaforo colorimetrico in etichetta, 100 ml forniscono 10 g di zuccheri solubili in acqua. In questo caso 100 ml non corrispondono al bicchiere (200 ml) né alla lattina (330 ml) che si consumano più frequentemente e che in realtà arrivano ad apportare una quota di zuccheri solubili nel caso della lattina (33 g) pari a circa il 50% del fabbisogno di zuccheri in una dieta bilanciata da 2000 kcal (75 g, 15% dell’energia giornaliera, LARN 2014). Questi esempi ben sottolineano come non si possa parlare dei nutrienti contenuti in un alimento a prescindere dalla porzione consumata di quell’alimento.
Altra considerazione fondamentale è che la nostra alimentazione deve essere bilanciata nell’arco della giornata, al contrario di molte “mode dietetiche” che formulano soluzioni rigide da applicarsi a ogni pasto e spuntino. Ne deriva che se a pranzo si esagera con il consumo di Parmigiano Reggiano ( sicuramente un prodotto di primissima qualità ma che contiene pur sempre grassi saturi e colesterolo ed è tra gli alimenti a maggior contenuto di sale (1,6 g/100g) nei pasti successivi è consigliabile cercare di scegliere cibi con minor contenuto di questi nutrienti. Sono dati scientifici ormai consolidati quelli che collegano i consumi di grassi, grassi saturi, zuccheri e sale ad alcune patologie come quelle di tipo cardiovascolare, il diabete di tipo 2, le neoplasie al colon-retto e alla mammella. Infatti secondo i LARN 2014 l’apporto di grassi saturi con la dieta non deve superare il 10% dell’energia giornaliera. Negare o ignorare questi dati non solo è socialmente diseducativo, ma anche pericoloso e di questo i produttori non possono non tenerne conto.
Una critica valida che si può e si deve riferire alle etichette con semaforo della Gran Bretagna è che prendono in considerazione solo quattro nutrienti: grassi, grassi saturi, sale e zuccheri, in quanto scientificamente correlati alla insorgenza delle patologie di cui sopra. Tuttavia quando si parla di nutrizione giornaliera equilibrata, si deve tenere conto anche degli altri nutrienti come le proteine, i carboidrati totali, la presenza della fibra: tutti componenti della nostra alimentazione che dovrebbero armonizzarsi per dare un risultato positivo, ovvero un’alimentazione sana bilanciata e di qualità. Proprio partendo da questo principio un’altra considerazione che andrebbe riformulata è la decisione presa a Strasburgo di eliminare i profili nutrizionali dalle etichette.
I profili nutrizionali da 2000 kcal di solito sono accompagnati da note specifiche che recitano come questi siano solo esempi per individui sani e con livello di attività fisica medio-bassa e sono indicativi dei quantitativi dei diversi nutrienti che devono essere presenti in una dieta equilibrata. Pur con i limiti che abbiamo sottolineato, perché eliminare una fonte di conoscenza per i consumatori? Perché è indubbio che sapere che il sale dovrebbe essere consumato in quantità non superiore ai 5 g al giorno (LARN 2014), ovvero un cucchiaino, porta automaticamente a un’attenzione a quello che si compra e che si consuma.
L’educazione alimentare parte da quando il consumatore acquista il cibo per sé e/o per la sua famiglia. Benché le informazioni riguardanti gli alimenti siano a disposizione di chiunque voglia essere informato (giornali, riviste, televisione, web), è evidente che quando il consumatore si trova in un negozio o in un supermercato deve poter controllare se il prodotto che intende acquistare risponde alle sue esigenze. Da qui, l’importanza dell’etichetta nutrizionale che ha il compito di informare sui contenuti in energia e macronutrienti del prodotto, e quindi può anche riportare un profilo nutrizionale, evidenziando quanto il prodotto si avvicina a una dieta bilanciata per nutrienti contenuti.
Gli health claim, previsti dal Regolamento CE 1924/2006, sono invece delle affermazioni che correlano i contenuti dell’alimento alla nostra salute. Per esempio alcuni nutrienti possono svolgere un’azione protettiva nei confronti dell’insorgenza di alcune patologie. Utilizzare i termini profili nutrizionali e health claim indifferentemente è sbagliato e genera solo confusione. Un’altra considerazione riguarda la vittoria rivendicata da Federalimentare, Coldiretti, dai produttori DOP e IGP. Ma i consumatori cosa ne pensano? È stato chiesto il loro parere? Nel 2011 abbiamo condotto un’indagine presso i punti vendita della grande distribuzione interrogando più di 500 consumatori sul nuovo regolamento UE 1169/2011 che sarebbe entrato in vigore e sulle etichette alimentari. L’indagine ha messo in luce come il 66% dei consumatori non legge l’etichetta per diversi motivi, tra cui l’illeggibilità e la scarsa comprensione. È un fallimento da parte di tutti i promotori delle varie etichette. Il 70% di coloro che le leggono ne dichiara l’importanza e l’influenza decisiva sulla scelta degli alimenti. Nessuno dei consumatori intervistati era a conoscenza di un futuro regolamento UE per le etichette nutrizionali e quindi dei cambiamenti che avrebbe portato. Se l’assunzione che la decisione presa a Strasburgo sia di fondamentale importanza per preservare intatta la scelta degli alimenti sani da parte dei consumatori, questi dati e queste considerazioni non possono essere sottovalutati da chi legge, da chi si trova al Ministero o a Bruxelles.
La tracciabilità dell’origine della materia prima sarà sicuramente un passo fondamentale per la sicurezza del consumatore, ma non può essere ritenuto l’unico. Tra l’altro, solo il 30% degli intervistati ha ritenuto l’origine delle materie prime essere il principale motivo di scelta di un alimento, e il consumatore non può essere lasciato solo nella giungla delle informazioni che pullulano sul web, soprattutto il consumatore italiano che non riceve istruzioni adeguate durante l’iter degli studi come invece avviene in altri paesi (Svizzera ad esempio). Queste considerazioni altro non sono e non vogliono essere se non riflessioni, non possono essere ignorate dalla grande distribuzione ma ancora di più da chi è preposto a livello governativo ad attuare misure di prevenzione e cura della salute. In quest’ottica auspichiamo che la decisione di bocciare il semaforo ed eliminare i profili nutrizionali perché dannosi per il “made in Italy” non si trasformi nella decisione successiva di eliminare qualsiasi fonte di informazione, esclusa quella obbligatoria per regolamento, allo scopo di lasciare la libertà di scelta, ma sia solo il primo passo per progettare e promuovere uno o più nuovi sistemi di educazione alimentare anche presso i punti vendita, in attesa che in futuro possa diventare materia di insegnamento scolastico come già presente in altri paesi.
Amelia Fiorilli, docente di Nutrizione umana Università degli Studi di Milano
Anita Ferraretto, ricercatrice in Nutrizione umana Università degli Studi di Milano
Le etichette a semaforo adottate in Francia, chiamate Nutri-Score, sono il miglior sistema per aiutare il consumatore a capire le caratteristiche nutrizionali di un prodotto. Lo schema è molto semplice: il rosso indica un alimento da assumere con moderazione, il verde un cibo sano mentre il giallo invita a consumare il prodotto senza esagerare, per mantenere una dieta equilibrata. Le etichette sono state accolte con entusiasmo dall’OMS e dalle associazioni dei consumatori. In questo dossier di 19 pagine spieghiamo come funziona il Nutri-Score e perché nutrizionisti e società scientifiche che si occupano di alimentazione non possono che essere favorevoli all’adozione anche in Italia.
I lettori interessati a ricevere l’ebook, possono fare una donazione libera e ricevere in omaggio il libro in formato pdf “Etichette a semaforo”, scrivendo in redazione all’indirizzo ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it