Epatite A e frutti di bosco: oltre 400 persone contagiate da giugno ma i media parlano di “primo caso sospetto”. Purtroppo l’epidemia continua
Epatite A e frutti di bosco: oltre 400 persone contagiate da giugno ma i media parlano di “primo caso sospetto”. Purtroppo l’epidemia continua
Roberto La Pira 31 Ottobre 2013La notizia dell’Ansa sulla donna di 40 anni di Roma, che questa estate ha presentato una querela sostenendo di aver contratto l’epatite A dopo avere mangiato frutti di bosco surgelati è enigmatica. Molti giornali l’hanno ripresa parlando di primo caso e usano toni allarmistici!
Il Fatto Alimentare ha seguito con attenzione la vicenda dell’epatite A che è bene ricordare ha già interessato oltre 400 persone ricoverate in ospedale e colpite dal virus dopo avere mangiato frutti di bosco surgelati contaminati. Purtroppo il focolaio non è stato individuato e in commercio ci sono ancora confezioni a rischio (come dice chiaramente il Ministero della salute in un suo comunicato). La sequenza degli ultimi sequestri conferma l’esistenza di una situazione sfuggita al controllo. Nei mesi di settembre e ottobre, dopo il ritiro di due lotti firmati da Picard e La Valle degli Orti, c’è stato un ultimo sequestro il 22 ottobre, che per fortuna è stato bloccato prima di arrivare sugli scaffali dei punti vendita.
In questa vicenda – considerata ormai un’epidemia – sono coinvolte grandi e piccole aziende (Buitoni, Asiago food, Erica, Picard, Green Ice…) che hanno distribuito i lotti in centinaia di supermercati (Esselunga, Coop, Auchan, Conad… . C’è però un altro elemento che ha contribuito alla diffusione: la scarsa informazione fornita dai supermercati ai consumatori e la pessima comunicazione delle autorità sanitarie. Il Ministero della salute dopo una fase iniziale di sottovalutazione del problema, ha costituito una task force per seguire la vicenda che però non è ancora riuscita a individuare l’origine del focolaio (la materia prima arriva da 5-6 paesi e questo complica molto le indagini). Anche la comunicazione del Ministero è stata alquanto “distratta”, visto che l’epidemia va avanti almeno da giugno ma solo un mese fa le autorità sanitarie hanno invitato i pubblici esercizi a cuocere per due minuti i frutti di bosco surgelati prima di utilizzarli nelle preparazioni alimentari.
Alla luce di quanto successo è bizzarro leggere i titoli dei giornali e guardare servizi televisivi che segnalano il primo caso di epatite A riconducibile ai frutti di bosco.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Benissimo il comunicato del Ministero della Sanità che invita a bollire (o trattamento equivalente) i frutti di bosco congelati prima dell’utilizzo! Però provate a chiedere a qualsiasi esercizio che deve farcire una torta con dei frutti di bosco se sia possibile bollirli prima di usarli senza ridurli ad una “marmellata”. L’informazione c’è, poi però non è detto che sia realisticamente applicabile. Dunque il problema viene individuato, ma certo non viene risolto con l’invito a bollire.
Sono in parte d’accordo , l’alternativa vera è comprare quelli freschi oppure rinunciare come faccio io da qualche mese e come consiglio di fare agli amici
Come dico sempre la rintracciabilità è una bellissima cosa… Ma di fronte alla disinformazione dei mass media si dimostra inutile se l’obiettivo è quello di tutelare la salute dei consumatori.