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Epatite A

42 casi confermati e altri 50 possibili di epatite A in sei Paesi europei: Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito. È questo il bilancio provvisorio, diffuso dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), sul nuovo focolaio, la cui origine può essere causata sia da un’unica fonte alimentare, sia da contatti tra persone. Dei 42 casi confermati, 39 hanno avuto origine all’interno dell’Unione europea e tre da viaggi in Marocco, e sono attribuiti a due differenti ceppi di virus di genotipo IA. I ricoveri in ospedale sono stati 13 e non sono segnalati decessi.

L’ECDC afferma che “la relativa omogeneità dei ceppi virali associati ai casi di focolaio suggerisce che la trasmissione di origine alimentare potrebbe essere associata a un singolo prodotto alimentare distribuito in diversi Stati. Attualmente sono in corso indagini epidemiologiche in alcuni dei Paesi dell’Ue colpiti, per testare diverse ipotesi”. Poiché “la fonte non è stata identificata in modo definitivo, c’è il rischio di ulteriori casi come parte di questo focolaio”. I sintomi dell’epatite A si manifestano da 15 a 50 giorni dopo il consumo di un cibo o una bevanda contaminati.

Il Centro europeo sottolinea che i due ceppi epidemici non sono correlati a quelli associati all’epidemia del 2016-2018 nell’Ue, che colpisce in modo sproporzionato gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, e neppure con i ceppi implicati in due epidemie nei Paesi europei nel 2012-2014, che sono stati associati al consumo di fragole e di frutti di bosco surgelati, con circa 1.780 casi registrati in Italia. Una vicenda, quella dei frutti di bosco surgelati contaminati, che Il Fatto Alimentare è stato uno dei pochi a seguire e a raccontare interamente.

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