L’Autorità per la sicurezza alimentare europea ha pubblicato in agosto un dossier sui fattori che contribuiscono alla diffusione di Campylobacter nei polli vivi e nelle carcasse. Si tratta della seconda relazione su questo argomento. La prima indagine ha interessato la presenza di questo batterio nei polli e nelle loro carcasse in vendita (1).
Secondo l’Efsa la probabilità che lotti di polli infetti da Campylobacter possano produrre carcasse contaminate è 30 volte maggiore. Purtroppo dallo studio emerge che le carcasse contaminate possono provenire anche da polli non infetti, in seguito ad una contaminazione crociata all’interno dei macelli.
Il rischio di contaminazione da Campylobacter delle carcasse varia sensibilmente tra i vari Paesi e dipende molto dai macelli. Secondo il dossier l’incremento della contaminazione dei polli macellati è correlato all’età, alla stagione (nei mesi estivi la temperatura elevata facilita il contagio) e all’orario (il rischio aumenta nell’ultima parte della giornata di lavoro).
Anche le pratiche di “diradamento” adottate negli allevamenti vengono sconsigliate. La selezione di un certo numero di polli da inviare al macello, favorisce la diffusione involontaria da parte degli addetti ai lavori o di altri fattori esterni, e infetta i polli rimanenti.
Nell’Unione europea la campilobatteriosi è la malattia di origine alimentare maggiormente diffusa nell’uomo e la carne di pollo risulta essere probabilmente la principale, fonte di infezione. Il rischio per la salute deriva dal consumo di carne poco cotta o dalla contaminazione crociata tra alimenti. Una manipolazione corretta della carne cruda, una cottura completa insieme ad una buona igiene in cucina possono prevenire il rischio.
(1) Secondo la prima indagine sulla contaminazione dei polli condotta dall’Efsa e pubblicata a metà marzo, in Italia la presenza di Campylobacter nei polli di allevamento è del 49,6%, un dato inferiore rispetto all’88,7% della Francia, al’86,3% dell’Inghilterra, al 60,8% della Germania, ma decisamente superiore rispetto al 5,5 % della Finlandia. Per le Salmonelle in Italia la contaminazione stimata è del 17,4%, e risulta superiore alla media.