Anche se spesso sono a calorie zero, i dolcificanti di sintesi sono tutt’altro che a conseguenze zero. Pur di diverse tipologie, questi prodotti sono comunque sempre molto diversi dallo zucchero (saccarosio) non solamente per quanto riguarda il contenuto calorico. I loro effetti sull’organismo sono infatti differenti, in parte sconosciuti e in alcuni casi negativi. D’altro canto l’organismo stesso si è dimostrato in grado di distinguere molto rapidamente che cosa si sta ingerendo e di reagire in modo differenziato. Ad aggiungere due importanti tasselli alla conoscenza degli effetti dei dolcificanti, arrivano due studi usciti nel mese di gennaio.
Nel primo, pubblicato su Frontiers in Nutrition da un gruppo di ricercatori canadesi, lo scopo era analizzare meglio il rapporto tra assunzione di dolcificanti in gravidanza (in particolare stevia e aspartame) e la tendenza all’obesità dei figli, già emerso in precedenti ricerche. Per capire meglio se tale associazione sia reale e in che modo si determina, gli autori hanno utilizzato modelli animali a cui hanno somministrato, insieme a una dieta ricca di grassi e saccarosio, uno dei due dolcificanti, oppure semplice acqua e hanno poi verificato che cosa era accaduto a madri e figli.
Le madri non avevano risentito dell’assunzione di stevia e aspartame, ma i figli avevano mostrato una precoce tendenza all’obesità e all’accumulo di grasso nel fegato. Studiando la flora batterica intestinale dei figli, i ricercatori hanno poi visto che risultava profondamente diversa da quella degli animali di controllo, con una prevalenza di batteri noti per predisporre all’aumento di peso. Questa disbiosi (cioè alterazione del microbiota) è indicativa di una maggiore difficoltà digestiva soprattutto dei carboidrati (principalmente del lattosio), correlata all’aumento di peso.
Nel secondo studio, pubblicato su Nature Neuroscience, i ricercatori hanno invece dimostrato che esiste una comunicazione molto rapida, dell’ordine di millisecondi, tra il cervello e alcune cellule specializzate della prima parete dell’intestino, chiamate neuropodi, capaci di distinguere il tipo di sostanza dolce in arrivo anche solo dalle prime tracce e di reagire in modo differente.
Infatti, se arriva un dolcificante sintetico (per esempio l’acesulfame, il sucralosio e la saccarina) le cellule secernono il neurotrasmettitore Atp, mentre se arriva uno zucchero naturale come il saccarosio, il glucosio, il lattosio, il fruttosio, il galattosio o un analogo, come la maltodestrina, rilasciano glutammato. I due tipi di sostanze attivano circuiti metabolici molto diversi e ciò spiegherebbe anche gli effetti contraddittori dei dolcificanti sul senso di sazietà. Inoltre potrebbe aiutare a progettare terapie antiobesità che partano proprio dall’interferenza con questo tipo di metabolismo.
© Riproduzione riservata; Foto: AdobeStock, Depositphotos
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica
E io pensavo che la stevia fosse naturale e la uso per sostituire lo zucchero anche nei dolci! Ma forse perchè non è stevia pura, ma quasi tutto eritrolo? Grazie per l’informazione.
Quindi ci sarebbe da rivedere qualcosa nell’etichetta a semaforo, che dà dei bei VERDE alle bibite senza zucchero ma con i doclificanti
Insistete pure, con i dolcificanti di sintesi.
Già il termine è scorretto, ma si sa, è semplice.
Come lo zucchero.
Moderate, moderate …