La cosiddetta dieta paleolitica, molto di moda, ha diverse declinazioni basate tutte su una netta prevalenza di fonti proteiche e possono aiutare a perdere peso e a tenere sotto controllo il diabete. Ma, per alcune persone, possono anche rappresentare un serio rischio per la salute, spesso senza che i diretti interessati lo sappiano. Lo dimostra una ricerca condotta su modelli animali, e appena pubblicata sul Journal of Biological Chemistry. Sarebbe quindi opportuno che, prima di avventurarsi in un simile regime alimentare, si consultasse un medico e si effettuasse almeno un esame semplice, ma indicativo. Tra l’altro, nell’età della pietra non si mangiava affatto così, come hanno dimostrato diversi studi degli ultimi anni, e come conferma ora un lavoro molto accurato svolto su resti di 15.000 anni fa, pubblicato su Nature Ecology & Evolution.
Dieta paleolitica? Non per tutti
Quando si assumono le proteine, uno dei prodotti finale del metabolismo è l’ammonio, una sostanza che viene smaltita dal fegato grazie a un enzima che arriva dai mitocondri, la glutammico deidrogenasi o GDH. Nei soggetti sani, l’eccesso di ammonio viene comunque smaltito, ma per chi, per i più diversi motivi, non produce sufficiente GDH, la situazione può complicarsi. Nel giro di pochi giorni, infatti, l’ammonio intossica l’organismo, con gravi ripercussioni soprattutto a livello neurologico e metabolico, che possono portare fino al coma. Per comprendere meglio l’effetto dell’eccesso di ammonio, i ricercatori hanno utilizzato due popolazioni di topi, una normale e una con il gene che codifica per il GDH soppresso, e quindi privi dell’enzima.
Quindi hanno somministrato a entrambi una dieta con una quantità subottimale di proteine (il 10% delle calorie totali), una con un quantitativo normale (20%), una con un discreto eccesso (30%) e una con il 45% di proteine, cioè con una quantità simile a quella che si ha in diverse tipologie di dieta paleolitica. La dieta è stata cambiata ogni quattro giorni, per verificare le tempistiche dei possibili effetti.
I risultati
In tutti gli animali si è vista, nel giro di pochissimi giorni, la produzione di ammonio, ma mentre i controlli sono riusciti a smaltire tutto, e nel frattempo hanno cambiato metabolismo, attingendo energia non più dagli zuccheri ma dall’ossidazione degli aminoacidi (i costituenti delle proteine), i topi senza GDH non hanno metabolizzato l’ammonio, e neppure cambiato fonte energetica. Il risultato sono stati sintomi neurologici come una sorta di torpore e una diminuzione dei movimenti.
Come sottolineano gli autori, ricercatori dell’Università di Ginevra, in Svizzera, sarebbe opportuno che chi vuole iniziare una dieta paleolitica o iperproteica conoscesse lo stato della sua GDH, che si può dosare attraverso un esame del sangue piuttosto semplice. In questo modo eviterebbe di correre rischi.
Proteica, non paleolitica
Del resto, che la dieta debba essere equilibrata, lo avevano già capito i supposti inventori delle diete iperproteiche, e cioè gli umani vissuti nel Paleo- e nel Mesolitico, cacciatori-raccoglitori e non ancora dediti all’agricoltura. Quei progenitori mangiavano effettivamente carne, ma anche molti vegetali, solo in parte proteici. Lo ha confermato una ricerca molto accurata, condotta da uno dei centri più prestigiosi del mondo, il Max Planck Institute di Lipsia, in Germania, sui resti ritrovati in un sito in Marocco, a Taforalt, risalenti a 13-15.000 anni fa, e quindi in pieno Paleolitico (periodo che si concluse circa 10.000 anni fa).
In particolare, i ricercatori hanno analizzato 25 denti e sette campioni di ossa provenienti da sette soggetti identificati (dei quali, cioè, si sono ritrovati abbastanza resti da ricostruire un intero individuo) e dieci non ancora completati, più numerosi altri resti di vegetali e animali ritrovati nel sito. Le indagini più rivelatrici sono state quelle sulle percentuali relative dei diversi isotopi di stronzio, zinco, carbonio, azoto e zolfo presenti nello smalto dei denti e nel collagene, perché in base a esse si può stabilire che cosa le persone avevano mangiato, e definire una storia personale dell’alimentazione fino dall’allattamento. Il risultato è stato chiarissimo: quelle persone mangiavano molti vegetali, e lo facevano fino dallo svezzamento. Del resto la presenza, accanto a loro, di ghiande, pinoli, legumi selvatici e altri frutti conferma questa idea.
L’introduzione dei vegetali nella dieta, fino a poco tempo fa considerata tipica del Neolitico (per l’avvento dell’agricoltura), dovrebbe quindi essere retrodatata di alcuni millenni. Con buona pace di coloro che pensano che mangiare quasi solo carne sia tornare alle origini dell’alimentazione umana.
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Giornalista scientifica
Le sette palenovax andrebbero messe fuorilegge, detto questo potremmo dire che la paleolitica non è adatta a nessuno.
Andrebbe poi detto che gli animali eventualmente mangiati dai nostri avi non erano certo quelli attuali. Oltre al fatto che costoro, per procurarseli, facevano un sacco di moto (non andavano in macchina al supermercato) e rimanevano anche a digiuno a lungo (la caccia mica andava sempre bene!). Così, tanto per aggiungere altri elementi non sempre presenti nei dibattiti sul tema…
Ma chi dice che una dieta cosiddetta “paleolitica” debba per forza essere iperproteica. Che io sappia questo tipo di dieta elimina alcune categorie di alimenti come cercali, legumi, latte e derivati, cioè gli alimenti introdotti con l’agricoltura e l’allevamento. Quindi si potrebbe mangiare prevalentemente verdure, frutta, frutta secca, tuberi e quel poco di alimenti proteici per rispettare il solito 0,8/1,0 grammi di proteine per peso corporeo e rientrare ugualmente in una dieta “paleolitica”