Per chi vuole perdere peso, la strategia migliore è anche quella più ovvia: mangiare di meno. Per quanto possa sembrare banale, sarebbe questo l’unico approccio che porta a risultati concreti e duraturi. Lo sostiene uno uno studio appena pubblicato sul Journal of the American Heart Association dai cardiologi e nutrizionisti della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora. Un lavoro che mette pesantemente in discussione un approccio che, negli ultimi anni, ha conosciuto una popolarità crescente: associare la perdita di peso a piccoli digiuni quotidiani, concentrando l’assunzione delle calorie in poche ore, per poi lasciare l’organismo a digiuno per intervalli piuttosto lunghi. Sull’efficacia del digiuno intermittente, scrivono gli autori , non ci sono prove definitive, ma solo pochi dati molto contraddittori, mentre in questo caso i numeri non lasciano spazio ai dubbi.
Per verificare quale fosse il fattore più incisivo sulla dinamica del peso, gli autori hanno selezionato 550 persone di cui erano disponibili dettagliati dati medici dei due anni precedenti l’inizio dello studio, condotto per alcuni mesi durante il 2019. Quindi hanno chiesto a tutti di seguire le indicazioni di un’app chiamata Daily24, studiata ad hoc, che chiedeva loro di segnalare l’orario dei pasti (con una stima delle calorie assunte), della sveglia e il momento in cui andavano a dormire, per sei mesi. In questo modo è stato stabilito che il tempo medio dal primo all’ultimo pasto della giornata è stato di 11,5 ore, quello dal risveglio al primo pasto è stato di 1,6 ore e quello medio dall’ultimo pasto al sonno è stato di 4 ore.
Per quanto riguarda il peso, i dati, combinati con quelli dei due anni precedenti e con quelli del follow up (per un totale medio di 6,3 anni storia clinica e dietetica), hanno mostrato che nessuno dei parametri relativi al timing dei pasti ha alcuna influenza sul peso, mentre ne hanno una misurabile e dose-dipendente il numero di pasti con più di 1.000 calorie e di quelli con un apporto calorico compreso tra 500 e 1.000 calorie (maggiori sono, più elevato è il peso). Allo stesso modo, minore è il numero di pasti di modesta entità, inferiori alle 500 calorie, maggiore è la diminuzione di peso, perché di solito questi sono pasti che non modificano il numero e le dimensioni di quelli principali, e sono dunque in più.
Per una conclusione definitiva – spiegano gli autori – bisognerebbe condurre sperimentazioni con i due tipi di approccio (digiuno intermittente e riduzione dell’apporto calorico dei pasti) portati avanti per un tempo sufficiente. Nel frattempo, anche se neppure questo studio dimostra l’esistenza di un nesso di causa ed effetto, i dati per ora sono a favore della diminuzione del numero e del valore calorico dei pasti, che possono comunque aiutare a ridurre la percentuale che preoccupa i medici americani: secondo le statistiche dell’American Heart Association del 2022, il 40% dei loro concittadini si può definire obeso.
© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, AdobeStock
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica
https://www.sciencedaily.com/releases/2023/01/230103133742.htm#
Time-restricted eating reshapes gene expression throughout the body: Salk researchers find that timing calorie intake synchronizes circadian rhythms acrossmultiple systems in mice
Date: January 3, 2023
Source: Salk Institute
Summary:
Scientists show in mice how time-restricted eating influences gene expression across more than 22 regions of the body and brain. The findings have implications for a wide range of health conditions where time-restricted eating has shown potential benefits, including diabetes, heart disease, hypertension, and cancer.
È molto probabile che si debba considerare non una contesa ma piuttosto una probabile futura fusione e collaborazione tra i due sistemi entrambi validi.
I disturbi alimentari che si sviluppano da un eccesso di cibo , costituiscono la droga di questi ultimi decenni .Siamo 8 miliardi di persone sul pianeta e la terra ci deve sfamare .Se si imparasse a mangiare poco ma bene,con alimenti di alta qualità da inserire nel piatto ne gioverebbero un po’ tutti quanti ,in primis la salute di ogni essere umano,poi il pianeta terra x il minor impatto ambientale ,ed infine anche i nostri portafogli ,dettaglio non marginale ,visto l ‘incombente crisi economica sviluppatasi durante la pandemia e l attuale guerra tra Russia e Ucraina che hanno incentivato la povertà di molte famiglie europee e non solo ..E nn dimentichiamoci che sprecare il cibo è equivalente ad un danno enorme che si infligge non solo all ‘ambiente e nei confronti di molte popolazioni del mondo che soffrono la fame,ma il danno si riversa anche su molte famiglie che a differenza di altre non possono più disporre di un piatto da mettere a cena ..*Razionalizzare e non sprecare cibo inutilmente * è la parola d ‘ordine …!!!Se lo facessimo tutti magari qualcosa migliorerebbe ..
sinceramente per chiarirsi le idee basterebbe chiedere agli ultracentenari che dieta hanno fatto. la riposta ce l’abbiamo.
Cosa si mangia nelle zone dove si vive più a lungo? Ci sono molti punti in comune
Creatore Iris Paganessi
La fonte potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma le perle rimangono tali dovunque si trovano.
Interessante il commento del signor Mario P. e quindi suggerisco un articolo sulle Blue Zones che consiglierei anche ai consulenti dietetici moderni per far capire una delle diverse origini della mia propensione alla critica, ragionevole e desiderosa di confronti.
Buona lettura a tutti.
Buongiorno, scusate, non sono un fulmine di intelligenza, ma non credo di aver problemi di comprensione del testo; questa frase è davvero troppo articolata e contraddittoria al suo interno. Consiglio di riformularla, spezzandola in due:
“Allo stesso modo, minore è il numero di pasti di modesta entità, inferiori alle 500 calorie, maggiore è la diminuzione di peso, perché di solito questi sono pasti che non modificano il numero e le dimensioni di quelli principali, e sono dunque in più.”
IO l’ho dovuta leggere una ventina di volte, prima di comprenderla e non sono tuttora certo di averla capita appieno….
grazie
l’ovvietà – accompagnata paradossalmente alcune volte da banalità (in questo caso specifico il meccanicismo implicito nella soluzione) – è spesso negletta …