Chi soffre di diabete di tipo 2 (e nel mondo sono più di 500 milioni di persone, in aumento) dovrebbe fare attenzione a ciò che beve, non solo a quello che mangia. Questo perché ciò che consuma per rimanere ben idratato – esigenza fondamentale per i diabetici – può assicurare anni di vita in più e mettere al riparo da molte patologie, soprattutto cardiovascolari. Questo, almeno, è quanto suggerisce uno dei più grandi studi mai realizzati sul tema che, pur senza dimostrare necessariamente un nesso di causa ed effetto, stabilisce forti correlazioni tra le abitudini di consumo delle bevande e lo stato di salute.
Nella ricerca, infatti, i ricercatori della Scuola di Salute pubblica T. H. Chan di Harvard hanno analizzato, insieme, i dati di uomini e donne che avevano preso parte a due grandi studi di popolazione, quello del personale sanitario e quello delle infermiere, svoltisi negli Stati Uniti tra gli anni ’80 e il 2018, con un follow up medio di 18,5 anni. In particolare, hanno verificato le abitudini di poco meno di 15.500 persone che, durante il periodo in esame, avevano sviluppato il diabete di tipo 2 e avevano compilato un questionario dettagliato ogni 2 o 4 anni su ciò che bevevano: tra di essi ci sono stati circa 3.500 casi di malattie cardiovascolari e oltre 7.600 decessi.
Confrontando chi beveva più bibite gassate, limonate e altre bibite zuccherate (almeno una porzione al giorno) con chi preferiva bere acqua, tè, caffè, bevande con dolcificanti e consumava meno di una bibita al mese, la differenza è stata molto evidente: i primi avevano avuto un rischio cardiovascolare superiore del 25% rispetto ai secondi. Lo stesso andamento, secondo quanto riportato sul British Medical Journal, si è visto con gli indici di mortalità, aumentati tra chi beveva più bibite del 20% in generale e del 29% per quanto riguarda i decessi associati alle malattie cardiovascolari. Dall’altra parte si è vista una diminuzione del 26% per la mortalità generale e del 17% per quella cardiovascolare tra chi beveva fino a quattro tazze di caffè al giorno. Lo stesso si è visto per chi consumava due tazze di tè al giorno (21% e 11%), per chi beveva cinque bicchieri d’acqua (23% per entrambe le tipologie di mortalità) e per chi beveva due tazze di latte parzialmente scremato al giorno (12% e 16%). Le bevande dolcificate artificialmente, poi, si sono rivelate migliori di quelle zuccherate, ma non di molto: chi le ha preferite ha avuto una diminuzione dell’8% del rischio generale di morte e del 15% del rischio di morte per malattie cardiovascolari.
Un altro dato interessante ha riguardato poi il cambiamento di abitudini: rispetto a chi, durante gli oltre 18 anni di osservazione, non le aveva modificate, coloro che avevano iniziato a bere più caffè avevano avuto, nel tempo, un calo del rischio di morte generale del 18% e cardiovascolare del 20%. Anche in questo caso, specularmente, a ogni porzione quotidiana in più di bevande zuccherate corrispondeva un 8% di aumento di rischio di morte, a conferma che modificare lo stile di vita è sempre una scelta vincente.
Resta da capire se per le bevande considerate positive (tra le quali sono stati inseriti anche i succhi di frutta), la presenza di zucchero abbia effetti misurabili e che ruolo abbiano invece altre bibite molto popolari (soprattutto negli Stati Uniti) come i milkshake, gli smoothies e il latte aromatizzato (soprattutto al cioccolato). Tuttavia, il messaggio principale è che i diabetici, solitamente attenti a quello che mangiano, devono esserlo anche a ciò che bevono, cercando di preferire sempre bevande con pochissimo zucchero o senza. Un consiglio, questo, valido per tutti, e non solo per i diabetici.
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Giornalista scientifica