Il problema ambientale non è rappresentato tanto dalla plastica in sé, quanto piuttosto dal fatto che questo materiale resistente, leggero, lavabile e riutilizzabile (quindi destinato a una lunga durata) è diventato la materia prima per eccellenza dei prodotti monouso. L’eliminazione o la drastica riduzione della plastica usa e getta è quindi oggi uno degli obiettivi principali del green deal europeo. È dedicata a tale aspetto la direttiva Sup (single use plastic), recentemente recepita anche in Italia per quanto riguarda piatti e bicchieri, tazze, cannucce e altri prodotti simili, ma la sua applicazione non è stata ancora definita per la parte relativa alle bottiglie in Pet per le bevande.
Su questo fronte, la direttiva Sup fissa al 2030 degli obiettivi di raccolta (90%) e di uso di materia prima da riciclo (30%) e definisce anche quelli intermedi (77% e 25%), da raggiungere entro il 2025. Una questione che, se è sentita in Europa, lo è a maggior ragione in Italia. Il nostro paese, infatti, con circa 10 miliardi di bottiglie utilizzate ogni anno, è il principale consumatore europeo, e tra i primi al mondo, di acqua minerale. Di queste bottiglie, una quota intorno al 60%, circa 280 mila tonnellate di plastica, non viene ancora riciclato.
Per affrontare meglio quest’emergenza ambientale, lo scorso luglio l’Italia ha inserito nel decreto semplificazioni un emendamento che prevede l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale. Le modalità di attuazione di questo sistema devono però essere ancora definite dai decreti attuativi. Il deposito cauzionale, già consolidato in dieci paesi europei, permetterebbe di raggiungere tassi di intercettazione superiori al 90% e sarà attivato in altri 13 paesi entro i prossimi quattro anni. Il suo funzionamento prevede l’incentivazione della raccolta selettiva degli imballaggi per bevande tramite il pagamento di una cauzione (solitamente tra i 10 e i 25 cent) che viene aggiunta al prezzo di vendita dei prodotti ed è poi restituita ai consumatori quando conferiscono il vuoto.
Occorre ora che le istituzioni definiscano come strutturare il sistema nel nostro paese e con quali tempistiche attivarlo. In questa fase sono intervenute, con un appello, 15 organizzazioni no profit nazionali impegnate nella tutela dell’ambiente. La loro richiesta è che i ministeri competenti si ispirino, per la definizione delle modalità di applicazione, alle esperienze europee di successo, dove la raccolta è su tutto il territorio nazionale, per tutti i produttori e per qualsiasi tipo di contenitore (Pet, alluminio e vetro). Questi sistemi, chiedono inoltre le associazioni, devono essere regolati e gestiti da un ente no profit, formato e finanziato dai produttori di bevande e che opera in modo da raggiungere gli obiettivi previsti dal governo organizzando un modello di raccolta accessibile e stabilendo un importo della cauzione adeguato.
Sebbene oggi in Italia non ci sia alcun sistema di deposito cauzionale, esistono già enti no profit finanziati dai produttori in base al principio ‘chi inquina paga’. Questi enti hanno ormai da tempo avviato dei progetti di recupero a circuito chiuso per gli imballi dei liquidi. I sistemi in funzione si avvalgono di apposite apparecchiature, gli eco compattatori, nelle quali i cittadini possono conferire i contenitori vuoti. I progetti, realizzati al momento solo per gli imballi in Pet, sono gestiti sia da Corepla, Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica che fa parte del Conai, sia da Coripet, consorzio autonomo volontario riconosciuto in via definitiva dal ministero della Transizione ecologica e operante in maniera specialistica sul fronte del recupero delle bottiglie in Pet. “Siamo partiti formalmente nel 2018 – dichiara Monica Pasquarelli, responsabile installazione degli eco compattatori del Coripet – il periodo del Covid ha però bloccato le attività e generato un inevitabile rallentamento. A oggi abbiamo quindi poco più di 400 macchine, ma la rete è destinata a un notevole incremento”.
Gli apparecchi per il conferimento di Coripet sono oggi per il 70% nei negozi della grande distribuzione, mentre per il 30% sono installati con i Comuni e si trovano, oltre che su superfici pubbliche, anche in luoghi significativi come le fermate dei mezzi di trasporto e le università. “I nostri eco compattatori si basano esclusivamente sulla premialità, a differenza della cauzione, che restituisce il sovrapprezzo pagato all’acquisto – sottolinea Pasquarelli –. Abbiamo voluto incentivare il conferimento con varie modalità: come consorzio abbiamo istituito una sorta di ‘raccolta punti’ che prevede un premio ogni 100 consegne effettuate. I premi consistono in sconti per beni e servizi forniti da realtà partner (tra cui per esempio la catena di librerie Il Libraccio, The Fork, Imask, Agriturismi.it ed Aon). Ai nostri ‘punti’ si sommano poi, per i conferimenti presso la grande distribuzione, i premi pensati e messi a disposizione dalle stesse catene commerciali (generalmente si riceve un buono acquisto di un determinato valore quando si raggiunge il conferimento di un certo numero di bottiglie, per esempio 10 centesimi per l’acquisto di acqua ogni 10 bottiglie consegnate o un euro ogni 100 bottiglie; ndr)”.
Si tratta ovviamente di un meccanismo differente rispetto a quello del deposito cauzionale. Il valore del premio è attualmente minimo, se paragonato a quello della cauzione. Nel secondo caso, però, non si tratta di un premio, ma di una restituzione. “Come consorzio Epr (responsabilità estesa del produttore) applicheremo la normativa che entrerà in vigore – prosegue Pasquarelli –. A oggi la nostra norma di riferimento è la direttiva Sup. Attualmente il circuito che abbiamo attivato, grazie alla lettura dei codici a barre, accoglie esclusivamente bottiglie Pet per uso alimentare, post consumo. Queste sono poi raccolte da noi e avviate a riciclo diretto. Il materiale raccolto contribuisce al raggiungimento del secondo obiettivo Sup: mettere le aziende nelle condizioni di realizzare le bottiglie con una quota crescente di Pet riciclato”. Tra i punti vendita della grande distribuzione che hanno già aderito al progetto spicca Esselunga, dove sono stati installati 31 apparecchi e altri sono in arrivo, ma sono presenti anche Carrefour, Decò, Pam, Il Gigante, Ekom e Leroy Merlin.
© Riproduzione riservata; Foto: Fotolia, AdobeStock, Greenpeace, Esselunga, Coripet
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Favorevolissimo. Spero in tempi rapidi e in capillarità dell’intervento.
non aspetto altro, pur di non vedere in giro grovigli di rifiuti sparsi dappertutto, anche se non credo che il problema della dispersione nell’ambiente troverà una soluzione definitiva. occorre fare di più: istruzione ambientale nelle scuole, responsabilizzazione, controlli con multe elevate e sostituzione delle plastiche da fossili con materiali ecosostenibili.
-istruzione ambientale nelle scuole: la si fa da trent’anni e i risultati sono deludentissimi
-responsabilizzazione: fa parte dell’educazione in famiglia, della scuola, della comunità. Tutte agenzie educative in crisi nei rispettivi ruoli
-concorderei se vi fossero i punti precedenti minimamente realizzati (la repressione non fa educazione)
-sostituzione delle plastiche da fossili con materiali ecosostenibili: concordo, a patto che le aziende produttrici utilizzino materiali approvati a livello ministeriale
purtroppo non sono dentro il mondo della scuola e non posso avere un’idea netta, ma devo supporre che non lo si faccia in maniera seria. il nostro problema principale è la mancanza di responsabilizzazione, in ogni ambito, ragion per cui nemmeno a livello di istituzioni si può sperare di ottenere un buon esempio. in questi casi io sono convinto che se ci fosse qualcuno (disgraziatamente raro) in grado di perseguire per legge, su tutto il territorio nazionale, chi abbandona rifiuti, vorrei vedere se vi sia un individuo cui non interessi il vedersi costretto a pagare multe salate o far fronte a provvedimenti peggiori (io credo fermamente nell’utilità della repressione in tali termini).
luigiR
Io vedo un difetto di fondo nell’istruzione ambientale scolastica: in classe si spiega ai bambini che i rifiuti vanno selezionati per tipologia e conferiti separatamente per evitare al massimo l’indifferenziato e lo spreco di risorse… e poi li fanno mangiare in mensa con piatti, bicchieri e posate monouso che vengono gettati a fine pasto.
Mi pare impossibile che non si rendano conto di quanto questo sia diseducativo, i bambini finiscono per convincersi che quello che i maestri dicono in classe è solo una teoria che poi non serve applicare nella realtà che vivono pochi minuti dopo a ogni pasto.
@Mauro
“Mi pare impossibile che non si rendano conto di quanto questo sia diseducativo”
Non avevo considerato questo aspetto, e mi pare che neppure i nostri politici l’abbiano mai preso in considerazione, è veramente diseducativo spiegare a lezione ai bambini che l’eccessivo uso della plastica è nocivo, e un’ora dopo servirgli i cibi in mensa nelle inquinanti stoviglie da buttare, li convince che la paura dell’inquinamento sia solo una delle tante fantasie incomprensibili degli adulti, e quando torneranno a casa troveranno normale che in tavola si usino i piatti da buttare!
Invece di continuare a incentivare l’usa-e-getta “Sup (single use plastic)” e di macerarsi per decidere quale usa-e-getta sia buono e quale no… sarebbe molto più efficace e semplice vietare le stoviglie usa-e-getta, di qualunque materiale, e basta.
Soluzione semplice, perché le stoviglie usa-e-getta oltre a essere di una tristezza infinita rappresentano una falsa comodità di cui si è fatto a meno PER SECOLI, e sono facilmente sostituibili con stoviglie riutilizzabili.
Questo a casa è facilmente realizzabile, a lavare i piatti invece di buttarli si impiegano pochi minuti, e anche nelle polentate, sagre della salamella, grigliate o analoghi chi organizza non ha che da fornire stoviglie riutilizzabili, dietro una cauzione pari al loro costo, che renderà alla restituzione, occorre solo un minimo di organizzazione e di buona volontà, che però nessuno metterà se non obbligato.
E lo stesso nelle mense aziendali e scolastiche, vietare tuuto ciò che non si può riutilizzare con un normale lavaggio con macchine automatiche, che avrebbe anche un effetto educativo massiccio non abituando i bambini a buttare i piatti invece di riutilizzarli.
E allo stesso modo vietare confezioni da buttare per prodotti per i pigri. È realmente etico ed ecologico vendere sei spicchi di mandarino sbucciato in un blister di plastica? Due uova sode sgusciate? Un bicchiere di bibita in una bottiglietta minuscola con tanto di tappo aprichiudi? Mezzo chilo di pasta in un imballo da chilogrammo?
Quanto alla cauzione, una volta pagata la si dimentica tranne che sia elevatissima, molto più efficace incentivare il riciclo tramite le macchinette che “premiano” con un piccolo sconto sulla spesa accreditato direttamente sualla carta fedeltà, tutti la usano specialmente se c’è una raccolta punti, ma le macchinette devono essere in ogni super e facili da usare (devono accettare anche bottiglie già schiacciate, nessuno porterebbe con sé un saccone di bottiglie vuote e integre perché accettano solo quelle, ingombrano in casa e in auto e figuriamoci sul bus, semplice psicologia).
concordo su tutti i punti
Sono d’accordo su tutti i punti tranne che sull’ultimo.
Nell’ottica di un consumo consapevole e di un’economia basata sul riciclo, le macchinette dei supermercati propongono un sistema che obbliga chi conferisce i rifiuti ad acquistare beni se si vuole usufruire del premio per aver consegnato delle bottiglie. La cauzione invece, genera quel senso di civiltà che a molti attualmente sfugge, e se proprio siamo pigri e non vogliamo riportare indietro il vuoto, aiuterebbe i tanti poveri e senzatetto a racimolare qualche soldino (come succede ad esempio, in Germania)
@barbara
“le macchinette dei supermercati propongono un sistema che obbliga chi conferisce i rifiuti ad acquistare beni se si vuole usufruire del premio per aver consegnato delle bottiglie.”
E questo sistema è efficacissimo, basta vedere il mare di tessere fedeltà che i consumatori adottano per raccogliere i “bollini” che danno diritto a un piccolo asciugamano o a un piatto a fronte di circa 300 Euro di spesa, poter raccogliere “bollini” consegnando bottiglie vuote incentiverebbe enormemente il ricicolo.
Servirebbe però con non si debbano rendere solo le bottiglie intere, perché quelle di un normale consumo settimanale di una famiglia formerebbero un saccone ingombrante, scomodo in auto e ingestibile sui mezzi pubblici, le macchinette dovrebbero accettare le bottiglie già schiacciate a mano come si fa per la differenziata riducendone il volume di oltre il 90%.
“La cauzione invece, genera quel senso di civiltà che a molti attualmente sfugge, e se proprio siamo pigri e non vogliamo riportare indietro il vuoto, aiuterebbe i tanti poveri e senzatetto a racimolare qualche soldino (come succede ad esempio, in Germania)”
Mi pare che per i pigri sarebbe un bell’incentivo a buttare le bottiglie dovunque, “tanto le raccoglieranno i poveri”, per di più sentendosi la coscienza civicamente a posto perché lasciandole dove capita “stanno aiutando i senzatetto”…
sarei più propenso per la cauzione, proprio perchè il vedere il denaro in mano fa realizzare il valore di quel “bene” (un rifiuto in realtà) ma trovo che la macchina potrebbe benissimo erogare in due versioni: monetine o sconto sulla tessera