Foresta in Amazzonia brucia per lasciare posto a pascoli

brasile deforestazione disboscamento iStock_000007201386_SmallPiù di mille chilometri quadrati di foresta sono stati disboscati in Mato Grosso nell’ultimo decennio, nonostante una moratoria internazionale sulla deforestazione in Amazzonia. Le aziende brasiliane, infatti, hanno trovato il modo di aggirare gli accordi per continuare a vendere sul mercato internazionale la loro soia ‘deforestation-free’, pur contribuendo direttamente o indirettamente alla distruzione della foresta. Lo rivela un’inchiesta dell’organizzazione non profit brasiliana Instituto Centro de Vida diffusa da Unearthed, il braccio investigativo di Greenpeace.

Riconosciuta da più parti come uno strumento di successo nella prevenzione della deforestazione in Amazzonia, la moratoria impedisce la vendita sul mercato internazionale di soia coltivata su terre disboscate dopo il 2008. Gli accordi però non includono le altre colture e i pascoli per l’allevamento bovino: quindi è chiaro come, per estendere le proprie colture, ai produttori di soia basti comprare terreni da altre aziende che possono continuare a disboscare illegalmente per trasformare le terre in nuovi pascoli o campi. È così che la soia venduta anche in Europa resta ‘deforestation-free’ nonostante la sua produzione continui ad alimentare la deforestazione in Amazzonia, mentre il mais coltivato e la carne da animali allevati sui terreni disboscati possono essere venduti in giro per il mondo senza nessuna sanzione.

La moratoria sulla soia permette di continuare a disboscare per la creazione di campi per altre colture e la conversione in pascoli

Secondo l’indagine dei ricercatori, che hanno combinato dati satellitari, registri di proprietà e mappe, nello stato del Mato Grosso, il principale produttore di soia in Brasile, tra il 2009 e il 2019 sono andati persi 1.180 chilometri quadrati di foresta a causa di questa scappatoia negli accordi. Questo numero è probabilmente sottostimato, perché l’analisi dell’organizzazione si è basata su una mappa dell’Amazzonia del 2019, che ha riclassificato alcuni hotspot di deforestazione come savana, un ambiente non incluso nella moratoria. Basandosi su questa mappa, quindi, non è possibile calcolare l’estensione della foresta distrutta in passato nelle aree che ora sono state riclassificate.

La moratoria è stata introdotta nel 2006 in risposta alla deforestazione incontrollata dell’Amazzonia dei primi anni Duemila, spinta principalmente dalla coltivazione di soia. Ed è vero che ha contribuito a rallentare significativamente il disboscamento. Uno studio pubblicato su Nature nel 2020 ha stimato che la moratoria abbia evitato la distruzione di 18mila chilometri quadrati di foresta in un decennio. Negli ultimi anni però la deforestazione ha ripreso velocità, anche grazie alle politiche dell’attuale presidente Jair Bolsonaro, noto per le sue posizioni negazioniste della crisi climatica e favorevoli alla conversione della foresta amazzonica in terreni agricoli e pascoli. Non a caso nel 2021, la distruzione delle foreste ha raggiunto il picco più alto degli ultimi 15 anni. A questo punto, è evidente che la moratoria non basta per tutelare l’Amazzonia.

© Riproduzione riservata Foto: depositphotos.com, istock.com

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Alberto
Alberto
23 Marzo 2022 16:45

Buongiorno,

se la moratoria non basta per tutelare l’Amazzonia, bisogna piantarla di sedere intorno a un tavolo per cercare accordi che non tutte le parti avranno davvero intenzione di rispettare, ma bisogna colpire duramente con delle sanzioni.

Cosa si sta facendo con la Russia per cercare di costringerla a interrompere una guerra che causa morti e distruzione? Le si impongono delle sanzioni economiche molto severe per farle cambiare idea.

Anche i paesi che disboscano l’Amazzonia o che, altrove nel Pianeta, inquinano l’ambiente in modo irreparabile di fatto causeranno morti e distruzione dovuti alle catastrofi climatiche, paragonabili agli effetti di una guerra.

Si impongano al Brasile delle sanzioni durissime, bloccando ad esempio l’esportazione della sua carne, e vedrete che quello stato incomincerà a pensarci due volte prima di chiudere gli occhi sulle malefatte delle sue aziende agricole.

Cordiali saluti.

Maria
Maria
24 Marzo 2022 06:07

L’essere umano si dovrebbe vergognare profondamente di ciò che sta causando alla nostra terra, alla natura, alle foreste, agli esseri umani e agli animali..Senza la foresta amazzonica non sopravviveremo ai cambiamenti climatici in corso. Se poi a tutto ciò sommiamo la brutalità infame della guerra tra Russia e Ucraina che ha causato la morte ignobile di 121 bambini, quella di moltissimi i civili e militari, che ha causato orrore, distruzione e macerie, è che infine ha innalzato in modo allarmante i livelli di inquinamento atmosferico a causa dello scoppio delle bombe, be’ possiamo concludere che l’essere umano si può considerare il più stupido degli esseri viventi della terra. Ci stiamo autodistruggendo da soli senza riuscire a trovare accordi o compromessi per la pace nel mondo. Mi auguro che questo messaggio così diretto sia da monito per i potenti della terra.

gianni
gianni
26 Marzo 2022 15:22

Quanto prima capitemo che tutti questi trattati qualcosa-free sono delle prese in giro, nel campo della soia ma anche dell’olio di palma RSPO per fare un altro esempio, tanto prima ci renderemo conto che sono i nostri consumi in aumento a determinare leggi e regolamenti giusti in apparenza ma con già incorporata la/le scappatoie.
Poi è vero che alcuni governi sono più spregiudicati di altri ma sono tutti uniti da un comune denominatore, appunto.

gianni
gianni
31 Marzo 2022 14:11

Per capire i numeri di cui si parla, non solo soia o palma, da una fonte insospettabile
https://www.oliodipalmasostenibile.it/land-grabbing-olio-di-palma/
23/08/2021
LAND GRABBING E OLIO DI PALMA SOSTENIBILE: FACCIAMO CHIAREZZA
È stato presentato recentemente al Senato il quarto rapporto sul fenomeno del land grabbing, elaborato dalla Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (Focsiv). L’indagine denuncia un crescente aumento degli ettari (93 milioni stando ai rilevamenti) “strappati alle popolazioni locali e ai Paesi e consegnati a un sistema estrattivista che sta portando il nostro Pianeta a un punto di non ritorno”. I principali usi della terra riguardano infatti l’estrazione mineraria per oltre 25 milioni di ettari, lo sfruttamento delle foreste per 18 milioni di ettari, e le piantagioni per 8,5 milioni di ettari. Seguono poi distanziate le colture alimentari per 5,6 milioni di ettari.
Non è certo nostra intenzione mettere in discussione il risultato di un lavoro tanto lungo e dettagliato. Tuttavia, spiace osservare come nell’approccio si sia conservato un rigore ideologico che, a nostro avviso, rischia di essere frainteso e controproducente………………………….

Leggendo per esteso l’articolo si capisce che per chi produce e loro sostenitori il punto cruciale non è il land-grabbing sostanziale, non provano neanche a negare, ma il modo di comunicare le notizie, le cose devono apparire tranquillamente inevitabili e i contrari alla occupazione sistematica e progressiva solo dei rompiscatole da disarmare con qualche generico bonus alle popolazioni danneggiate.