manufacture date and expiry date printed on the bottom of aluminum cans on blue cement table background, Information of for consumer, top view

Il tipo di dicitura in etichetta, talvolta una singola parola o preposizione, fa una notevole differenza nella propensione a buttare il cibo in prossimità della scadenza e, quindi, nello spreco alimentare. La relazione tra tipo di frase utilizzata e probabilità che un prodotto ancora integro sia destinato a finire nei rifiuti era già nota, ma ora uno studio della Cornell University, appena pubblicato sulla European Review of Agricultural Economics illustra molto chiaramente quante sfumature ci possano essere. E lo fa in una realtà particolarmente significativa come quella statunitense, dove i regolamenti in materia, nonostante siano stati affrontati da un’apposita legge del 2021 non ancora approvata, sono ancora quantomai disomogenei, basati soprattutto sulla qualità, e pochissimo sulla sicurezza, e lasciano quindi spazio alle interpretazioni più fantasiose. Come hanno sottolineato gli autori, basta avvicinarsi al banco frigo dove sono esposti gli yogurt per vedere una grande varietà di diciture (tra le quali ‘use by’, ‘best by’, ‘best if used by’, ‘fresh by’ o ‘sell by’) delle quali, alla fine, non si distinguono le reali differenze.

Per questo gli autori hanno chiesto a un gruppo di volontari di esprimere una valutazione su una scala da uno a cinque in merito alla probabilità di buttare un certo prodotto giunto al giorno successivo alla data di scadenza; l’elenco comprendeva 15 tipologie di cibi e bevande, tra le quali pane, biscotti, pollo, insalate pronte e minestre in scatola. In una prima serie di test, ai partecipanti sono stati mostrati i prodotti scaduti con la sola indicazione della data di scadenza, senza alcuna parola di commento. In una seconda serie, gli stessi sono stati proposti con la data accompagnata da dieci diciture diverse. In quattro casi, si trattava di espressioni molto comuni nel mercato statunitense (‘Best if used by’, ‘Best by’, ‘Use by’ e ‘Sell by’), ma negli altri sei casi, oltre a una dicitura, era presente un biosensore che aiutava a valutare il livello di freschezza del prodotto con una scala cromatica, nella quale il verde era il massimo della freschezza, seguito dal blu e dal viola, per alimenti decisamente poco freschi. Da notare che i consumatori americani hanno una scarsa familiarità con i sensori, che stanno invece entrando già da diversi anni nel mercato europeo, soprattutto in alcuni paesi, ed era quindi interessante valutare le loro reazioni.

Is this still fine? Pretty, young woman in her kitchen donna controlla data di scadenza etichetta informazioni di conservazione
Le parole con cui si comunica in etichetta la data di scadenza possono favorire lo spreco alimentare

I risultati sono stati abbastanza chiari: le diciture più associate alla volontà di eliminare il cibo appena scaduto sono risultate essere ‘usare entro’ e ‘meglio usare entro’, mentre altre scritte meno categoriche come ‘meglio entro’, più associate agli aspetti qualitativi, sono state interpretate con minore rigidità e causa di sprechi inferiori. 

I sensori hanno avuto un grande successo e hanno convinto i consumatori a sprecare molto di meno. Sono poi emerse differenze notevoli tra un tipo di prodotto e l’altro, perché alcuni sono stati percepiti come più deperibili di altri, e quindi scartati con più facilità anche a parità di condizioni (per esempio il pane rispetto alle zuppe in scatola). E ciò spiega, probabilmente, perché ci sia stato anche un esito un po’ paradossale: secondo gli autori, uniformare il tipo di indicazione potrebbe portare a uno spreco maggiore. Se le parole scelte fossero quelle peggiori emerse dalla loro indagine, si potrebbe infatti avere uno spreco generalizzato superiore, con un aumento dei nuovi acquisti di alimenti, soprattutto se ricchi di proteine, grassi e colesterolo, spesso considerati più deperibili di altri. Così, per esempio, passare da ‘meglio entro’ a ‘meglio usare entro’ potrebbe avere questa conseguenza indesiderata.

La materia è in definitiva assai complicata, ed eventuali regolamenti o leggi volti a uniformare le etichette dovrebbero tenere conto delle differenze tra le tipologie di alimenti e della percezione del pubblico. Ciò che invece sembra essere stato interpretato correttamente e apprezzato è l’uso dei sensori, probabilmente perché esprimono in modo intuitivo e comprensibile a chiunque la realtà qualitativa e la sicurezza del singolo prodotto in uno specifico momento.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, AdobeStock

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