Processo di analisi degli alimenti. Riso al microscopio, fagioli rossi allerta e grano in piastre di Petri su sfondo grigio, vista dall'alto.

semi cereali laboratorio analisi esamiIl Dipartimento di Food Science dell’Università di Copenaghen, in Danimarca, ha ottenuto due grandi finanziamenti dal Novo Nordisk Foundation Challenge Programme, di circa 7,5 milioni di euro (56 milioni di corone danesi) ciascuno. I cospicui fondi saranno spesi nei prossimi sei anni grazie a due programmi molto innovativi, accomunati da un’idea: porre le basi per ottenere alimenti completamente nuovi, a base vegetale e ricchi di proteine, ma senza dover ricorrere a lavorazioni che li rendano ultra-trasformati e, quando possibile, sfruttando fonti primarie finora non utilizzate.

Il primo dei due, chiamato Proferment, coinvolge anche l’Università olandese di Utrecht ed è incentrato su una parola d’ordine: fermentazione. Questo processo è noto e sfruttato da millenni, ma in realtà se ne sa piuttosto poco. Il progetto ha quindi lo scopo di ottimizzare al meglio ogni passaggio, specie batterica e lievito coinvolti, ogni proteina importante e tutte le reazioni alle lavorazioni e alla conservazione. In questo modo si arriverà a costituire una massa critica di informazioni da utilizzare poi negli anni a venire per realizzare con la fermentazione alimenti a elevato contenuto proteico, ottimi dal punto di vista nutrizionale, ma anche semplici nella loro costituzione, facili da conservare e, soprattutto, buoni.

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Il primo progetto è incentrato sulla fermentazione come processo per realizzare alimenti ad alto contenuto proteico e semplici nella loro costituzione

Inizialmente lo studio riguarderà due alimenti, in particolare: i piselli gialli e l’avena. Questo perché entrambi sono usati soprattutto nei mangimi animali, ma anche perché rappresentando, rispettivamente, i legumi e i cereali, le soluzioni trovate poterebbero essere estese ad altri alimenti delle stesse categorie, con opportune modifiche. L’idea è anche quella di produrre meno scarti possibili e di lavorare sui processi immaginandoli già sostenibili e il più possibile semplici. 

Il secondo progetto è invece tutto sulla colza, e si chiama Seedfood. In questo caso, lo scopo è sfruttare una pianta che oggi è molto coltivata, ma quasi solo per ottenerne l’olio o mangimi animali, nonostante abbia un contenuto di amminoacidi essenziali molto più elevato rispetto a quello delle specie più sfruttate e fini alimentari. 

Il secondo progetto è focalizzato sulla colza, con lo scopo di trovare nuovi impieghi per i semi ad elevato contenuto di amminoacidi essenziali

Tuttavia, il gusto sgradevole, la presenza di sostanze indesiderate (chiamate antinutrienti) e la difficoltà nel lavorarla l’hanno relegata, negli anni, alle produzioni meno nobili e ai mangimi. Ma ora, grazie allo stesso approccio di Proferment, e cioè all’idea di saperne molto di più per trovate soluzioni nuove, tutto questo potrebbe cambiare, e la colza, coltivata in molti paesi europei, potrebbe entrare a far parte della dieta. Inoltre sono previsti sottoprogetti specifici come quelli per studiare le due proteine principali, la cruciferina e la napina, che potrebbero trovare impieghi anche nella nutraceutica. 

Come primo obiettivo si pensa, in particolare, a sperimentare bevande proteiche, che rappresentano un mercato un forte crescita e che hanno un successo crescente anche tra gli anziani. Ma anche Seedfood, come il precedente, non è necessariamente finalizzato allo sviluppo di prodotti specifici: nasce per aumentare e riordinare le conoscenze e capire come superare i limiti attuali, per arrivare presto ad alimenti nuovi, ottimali dal punto di vista nutrizionale e sostenibili.

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Roberto Stanzani
Roberto Stanzani
10 Luglio 2021 15:15

Non capisco tutto questo entusiasmo per la produzione di cibi industriali, che hanno zero a che vedere con la qualità e la tradizione, totalmente inutili (la popolazione occidentale non seguiva una dieta iperproteica, fino a ieri? Adesso scopriamo che c’è un gran bisogno di proteine… Mah).
Invece di correre dietro ai trend del momento, mi piacerebbe che una testata come questa fosse un po’ più critica di fronte a palesi contraddizioni, nonché aberrazioni culinarie che farebbero rivoltare nella tomba Pellegrino Artusi.