Secondo una ricerca pubblicata quest’anno da Global Market Insights, il mercato delle birre analcoliche a livello globale è destinato a crescere molto nei prossimi anni, fino a raggiungere nel 2026 il valore di 29 miliardi, con una crescita annua prevista del 7,5%. Tra le ragioni principali che incentiverebbero i consumatori a un maggiore acquisto di questa bevanda ci sono la maggiore disponibilità economica nei paesi in via di sviluppo, l’aumento della domanda di birre più leggere sia rispetto al contenuto alcolico sia a quello calorico, oltre che il desiderio di un’alternativa da consumare in contesti sociali da parte di chi evita l’alcool per motivi di salute o religiosi. Questa crescita, sempre secondo GMI, si accoderebbe inoltre al successo ottenuto in questi anni dai birrifici artigianali, oltre che alla maggior diffusione di birre “alternative” a quelle tradizionali, come per esempio quelle aromatizzate o quelle senza glutine.
L’interesse verso le birre analcoliche non è una novità, e anzi ha iniziato a farsi notare già negli scorsi anni; già nel 2019 infatti il valore del mercato delle birre analcoliche era stimato di 9,5 miliardi, di cui 4 provenienti solo dal mercato europeo. La produzione delle alternative analcoliche nei paesi occidentali sembra trainata da due tendenze in particolare: da una parte l’aumento di non bevitori (diversi studi mostrano che le nuove generazioni consumano meno alcool rispetto alle precedenti alla loro età) e dall’altra la maggior diffusione di stili di vita più sani. Si ipotizza che il consumo di questo prodotto possa anche arrivare a sostituire in parte quello delle bevande gasate e zuccherate, che risultano spesso più caloriche rispetto alla birra analcolica.
Molti birrifici sia artigianali che industriali si sono già messi all’opera per sfruttare questa occasione, sia aumentando gli investimenti in termini di marketing e pubblicità, sia sperimentando processi produttivi e nuove ricette che permettano di ottenere un gusto il più possibile somigliante alla birra tradizionale. Le strade produttive percorribili al momento sono infatti la de-alcolizzazione (tramite procedimenti come l’evaporazione sotto vuoto, l’osmosi inversa o la filtrazione tramite apposite membrane), l’interruzione della fermentazione oppure ancora l’utilizzo di lieviti specifici che permettono di sviluppare meno alcool nel prodotto.
Proprio rispetto al grado alcolico però è importante fare una distinzione: non tutte le birre indicate come analcoliche sono del tutto prive di alcool. In Italia, per esempio, questa definizione si applica alle birre che contengono meno del 1,2% di alcool, mentre quelle del tutto prive riportano l’indicazione 0,0%. Ecco perché per indicare questo settore in lingua inglese si usa l’espressione “no and low”, cioè birre senza (no) o con un basso (low) contenuto alcolico.
Secondo BBC, a trainare il recente successo delle birre analcoliche in Australia e nel Regno Unito sarebbero i più giovani, e in particolare la fascia 18-24, in cui aumentano le percentuali di non bevitori. In Australia, dove secondo una ricerca dell’università La Trobe i non bevitori in quella fascia d’età sarebbero raddoppiati negli ultimi vent’anni, due importanti catene di vendita di alcolici riportano che le vendite di birra analcolica siano più che raddoppiate negli ultimi 12 mesi. Anche nel Regno Unito, dove nel 2020 è stato aperto il primo pub che serve solo bevande analcoliche, e dove il mercato relativo è cresciuto del 30% dal 2016, sembra che il numero dei giovani che non beve sia passato dal 6% al 23% solo nell’ultimo anno.
Mentre all’estero le birre no and low hanno già un certo seguito (secondo Business Insider in Spagna queste rappresentano il 14% dell’intero settore, e in Svezia una birra su dieci vendute è analcolica), in altri si stanno ancora facendo strada: nel 2020 per esempio nonostante negli Stati Uniti le vendite delle birre analcoliche sia aumentata del 40% rispetto all’anno precedente, queste rappresentano ancora meno dello 0,5% delle vendite di alcolici nei negozi e supermercati. Anche Italia questo trend non si è ancora manifestato pienamente (nel 2019 rappresentavano meno del 2% del volume di mercato delle birre), ma sta iniziando a intravedersi soprattutto con la messa sul mercato e la maggior pubblicizzazione di alternative analcoliche da parte di alcuni grandi marchi del settore.
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Molto bene, altrimenti quando si deve guidare si è costretti a ripiegare sulle bibitacce gassate.
Sarebbe bene trovare anche le birre analcoliche alla spina.