Secondo un articolo apparso ieri sulla rivista The Lancet nella città di Wuhan (località da dove si è sviluppato il coronavirus 2019-nCoV e dove vivono 11 milioni di persone), i pazienti infettati sono quasi 76 mila. La stima è stata fatta elaborando i dati diffusi dalle autorità cinesi in un mese (dal 31 dicembre 2019 al 28 gennaio 2020). Il dato delinea i contorni di un’epidemia pericolosa con aspetti ancora poco conosciuti (solo 10 giorni fa si è scoperta la possibilità di contagio da uomo a uomo).
Nel rapporto si ipotizza che ogni persona infetta ne possa contagiare altri 2,5 in media, e che ogni 6,4 giorni il numero dei soggetti colpiti possa raddoppiare. Si spiegano così i ritmi esponenziali di diffusione che vengono aggiornati continuamente (11.955 casi di contagio e 259 morti al 1° febbraio, erano rispettivamente 7.000 e 170 due giorni prima). Anche l’European centre for disease prevention and control (Ecdc) ritiene che ci siano “notevoli incertezze nella valutazione del rischio dell’epidemia, a causa della mancanza di analisi epidemiologiche dettagliate”.
L’Ecdc prevede ulteriori casi tra i viaggiatori provenienti dalla Cina (soprattutto dalla provincia di Hubei) e fa una valutazione del rischio sulla possibilità di essere contagiati differenziando le categorie di cittadini. Per gli europei residenti o che sono stati di recente nella provincia di Hubei il potenziale impatto dell’epidemia è giudicato elevato, così come la probabilità di infezione. Per gli europei che risiedono nelle altre regioni cinesi la probabilità di infezione è ritenuta moderata anche se aumenterà. La possibilità di importare casi di coronavirus da persone che arrivano in Europa viene classificata da moderata a elevata.
La probabilità di trasmissione del virus da uomo a uomo all’interno dell’UE, è stimata da molto bassa a bassa, ma solo se i casi vengono rilevati tempestivamente e si adottano misure di prevenzione adeguate. In Europa il rilevamento tardivo di un caso importato comporta l’elevata probabilità di trasmissione da uomo a uomo, e il rischio di trasmissione secondaria viene ritenuto alto.
In Italia ieri, 31 gennaio, il Consiglio dei ministri, dopo la decisione assunta dall’Oms di innalzare il livello di pericolosità dell’epidemia a livello “internazionale”, ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria, come era già avvenuto nel 2003 in occasione dell’infezione Sars. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha confermato i due casi di turisti cinesi ricoverati presso il Lazzaro Spallanzani di Roma tenuti in regime di isolamento (in Germania i casi sono sette, sei in Francia e uno in Finlandia). Il ministro ha detto che l’Italia ha adottato il più alto livello di attenzione in Europa che sono stati interrotti i collegamenti con la Cina e ha ribadito l’operatività 24 ore su 24 del numero di telefono 1500 per fornire risposte alle domande dei cittadini.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Quando sento dire che “l’Italia ha adottato il più alto livello di attenzione in Europa ” mi spavento e mi sento pure preso in giro. Sparare il raggio del termometro in testa a chi arriva dall’estero, sarebbero i trattamenti ‘a piu’ alto livello’ presi in Europa? E chi ci assicura che la temperatura di una persona contagiata, sia gia’ alta al momento della rilevazione? Quali sono le altre misure? un numero verde? Il fatto che poi dai giornali non si levi una voce che dica che “il re e’ nudo” , lo ritengo ancora piu’ grave e mi da’ il livello della stampa italiana , rispetto al dovere d’informazione
Rispetto ad altri casi di emergenza (Sars, influenza aviaria…) per il coronavirus le informazioni diffuse dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità sono state frequenti e precise. Un salto di qualità positivo. Poi in concreto sull’aspetto operativo mi sembra che ci sia stato un certo impegno anche se ci vorrebbero altri elementi per stabilirlo
Lei si è fatto prendere dalla psicosi. I rischi che corre con il coronavirus sono infinitesimali rispetto a quelli che corre ogni volta che è alla guida di un auto (che dovrebbero preoccupare molto di più).
Io fin da piccola (anni ’50) sono stata educata al principio della precauzione, che consiste nel valutare i rischi per quel che sono nella realtà ad applicare i comportamenti e le norme igieniche opportune.
Per esempio non mettersi mai le dita in bocca, lavarsi per bene le mani ogni qualvolta si rientra a casa, rilavarsele prima di toccare gli alimenti, stare lontano dalle persone che hanno una malattia infettiva, se ce l’hai tu stai lontano dagli altri per non trasmetterla, poi da adulta guida con precauzione e con tutti i sensi all’erta, senza farsi distrarre, non far del male agli altri perchè altrimenti gli altri lo faranno a te, evita di correre rischi quando non è strettamente necessario, ecc….
Tutte cose che faccio regolarmente perchè ci sono abituata e le faccio automaticamente, senza neppure pensarle perchè ho allenato i miei sensi a stare sempre all’erta (che è vitale).
Detto così così può sembrare che io sia una fifona, invece non ho e non ho mai avuto paura di nulla ed ho vissuto una vita piena.
Oggi purtroppo la famiglia non educa più all’elementare principio di precauzione, che eviterebbe tante disgrazie.
Prima del diritto a fare quello che ti pare e poi pretendere dagli altri o lamentarti per quel che ti accade, viene il dovere di imparare a vivere in mezzo agli altri, a capire la natura (oggi la scienza ci aiuta molto) e ad accettare i rischi che non puoi evitare, senza farsi prendere dalle paure.
Mi viene in mente l’allarmismo dei media di qualche anno fa quando è scoppiata nel mondo l’ìnfluenza aviaria e il ruolo disastroso di ministri e autorità sanitarie che non hanno saputo gestire per niente la situazione.Il ministro della salute ha parlato di Pandemia. In Italia non è molto un solo pollo. La situazione del coronavirus cinese è gestita sicuramente meglio dalle autorità sanitarie e in questo caso la situazione direi che è più grave, anche se una lattazione el rischio va sempre atta. Noi abbiamo pubblicato un articolo dove parliamo proprio della valutazione del rischio fatta dall’Ecdc (https://ilfattoalimentare.it/coronavirus-rischio-cittadini-ecdc.html)