Coronavirus, durante la Fase 1 ci siamo lavati le mani 12 volte al giorno. E 9 italiani su 10 hanno usato la mascherina. I dati dell’Istat
Coronavirus, durante la Fase 1 ci siamo lavati le mani 12 volte al giorno. E 9 italiani su 10 hanno usato la mascherina. I dati dell’Istat
Giulia Crepaldi 8 Giugno 2020Ci siamo lavati le mani in media 12 volte al giorno. E per altre cinque volte abbiamo usato un gel disinfettante. Ma più di una persona su 10 lo ha fatto anche molto più spesso, fino a 20 volte al giorno. Sono questi alcuni dei risultati di un’indagine che l’Istat ha realizzato tra il 5 e 21 aprile, nel bel mezzo del lockdown dettato dalla pandemia di Covid-19, per indagare i comportamenti dei cittadini durante l’emergenza coronavirus e il rispetto delle misure di contenimento del contagio.
Lavare le mani è una delle principali misure raccomandate per la prevenzione dell’infezione e gli italiani sembrano averlo recepito in pieno. “In un giorno medio settimanale, – si legge nel rapporto Istat – le persone hanno dichiarato di aver lavato le mani in media 11,6 volte e di averle pulite con disinfettanti circa cinque volte.” Un comportamento che gli esperti interpretano non solo come grande attenzione nei confronti delle norme anti-contagio, ma anche come un segnale di ansia. Soprattutto in quella parte della popolazione, il 16,5%, che afferma di averle lavate almeno 20 volte nelle 24 ore precedenti l’indagine.
Circa un terzo degli intervistati, poi, afferma di aver utilizzato un gel disinfettante almeno cinque volte al giorno. Una quota che sale al 40%, tra i partecipanti all’indagine che sono usciti di casa nel giorno precedente all’intervista. Inoltre, in media, gli intervistati rivelano di aver disinfettato le superfici della cucina almeno due volte nelle 24 ore precedenti. Donne e persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni sembrano essere le categorie più attente all’igiene della casa, dato che costituiscono una buona fetta del 27% di partecipanti che afferma di disinfettare le superfici almeno tre volte al giorno.
Nove italiani su 10 hanno usato le mascherine durante la Fase 1. Secondo l’indagine dell’Istat ne ha fatto uso l’89,1% della popolazione, con un picco del 94,% tra gli intervistati con un’età compresa tra i 45 e i 54 anni. Più basso l’uso tra gli over 75, uno dei gruppi più a rischio, che si fermano al 73,5%: secondo l’Istat ciò è accaduto perché “molto probabilmente hanno avuto meno bisogno di uscire”. Secondo l’indagine, poi, le mascherine sono state indossate in tutta Italia a prescindere dal livello di rischio della zona in cui vivevano i partecipanti.
La maggior parte delle persone che non ha usato mai una mascherina (il 68,6%), invece, non l’ha fatto perché non ne ha avuto bisogno: per esempio, circa il 20% delle persone ha affermato di averne a disposizione, ma di non aver avuto necessità di utilizzarla (perché non sono usciti di casa o perché non si sono dovuti recare in luoghi in cui erano obbligatorie). Il restante 31,4% dei partecipanti che non ha usato mascherine afferma di non essere riuscito a procurarsele. Le difficoltà a reperire le mascherine sono state espresse soprattutto dagli intervistati residenti nelle Regioni del Centro e del Sud Italia, dove il contagio si è diffuso di meno e quindi c’era una minore disponibilità di dispositivi di protezione, dirottati verso le Regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) e le Marche in cui c’era maggiore necessità.
Circa la metà degli intervistati ha acquistato mascherine presso farmacie e negozi di articoli sanitari, che rappresentano quindi i principali canali di approvvigionamento di queste protezioni, mentre il 17,8% afferma di averle comprate presso negozi di altro genere e il 6,5% online. Infine, nel 22,3% dei casi, le mascherine sono state ricevute da parenti o amici, mentre il 12,4% degli intervistati rivela di averle fatte in casa da sé o di aver ricevuto mascherine artigianali confezionate da altri.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.