Durante la pandemia le abitudini dei consumatori italiane sono cambiate: il tempo trascorso ai fornelli è aumentato, sono stati svaligiati gli scaffali di pasta, farina e lievito, e i carrelli si sono riempiti di prodotti a lunga conservazione. E le cose non sono andate in modo molto differente nel resto d’Europa, a giudicare dai risultati di uno studio sugli acquisti e i consumi alimentari durante la pandemia.
Il sondaggio, realizzato con l’obiettivo di misurare i cambiamenti nei comportamenti legati al cibo in seguito ai lockdown e alle varie misure restrittive adottate in giro per l’Europa, è stato condotto nel settembre 2020 da EIT Food in collaborazione con un consorzio di università e ha coinvolto 5 mila consumatori di 10 Paesi: Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Regno Unito, Romania, Spagna e Svezia.
Cambiamenti delle abitudini dei consumatori sono state osservate in tutti i Paesi, e riguardano il modo in cui si fa la spesa e la scelta dei prodotti da portare a tavola. Come aveva già mostrato il Rapporto Coop per l’Italia, in tutta Europa è aumentato molto il ricorso agli acquisti online, in crescita per il 45% dei partecipanti, sia con consegna a domicilio sia con ritiro presso il punto vendita (click and collect). Un vero e proprio boom è stato registrato in Grecia, dove il 60% dei consumatori afferma di aver aumentato le spese online.
Durante la pandemia per quasi la metà dei partecipanti (47%) è cresciuta anche la tendenza a fare spese abbondanti, in modo da avere scorte per affrontare improvvisi inasprimenti delle misure anti-contagio. Sono aumentati anche i consumatori che pianificano con attenzione gli acquisti (45%), probabilmente con l’obiettivo di passare meno tempo possibile all’interno del supermercato.
Anche le difficoltà economiche che hanno colpito molti consumatori europei – il 34% afferma di aver avuto una diminuzione nelle entrate – si sono riflesse nei comportamenti delle persone. In tutti i Paesi, e in particolare in Spagna, si osserva una certa tendenza verso l’acquisto di alimenti più economici, e il corrispondente calo dei prodotti più costosi (tranne in Francia, dove invece sono cresciuti).
In generale, sono aumentati i consumi di tutte le categorie di prodotti alimentari, frutta e verdura in testa. È cresciuto in Europa anche l’uso di farina in cucina, e non sorprende affatto scoprire che il Paese in cui è accaduto di più è proprio l’Italia, dove quasi una persona su due afferma di averne aumentato gli acquisti (49%). Salgono anche i consumi di latticini, pollame, dolci, cioccolato e snack, mentre calano solo due categorie, gli alcolici e la carne rossa.
Tra la pandemia e le proteste per il clima è aumentata anche l’attenzione per il packaging dei prodotti, che si ritrova al centro di tendenze contrastanti. Da una parte, un terzo (33%) dei consumatori confessa di preferire più di prima gli alimenti preconfezionati per questioni igieniche, dall’altra una percentuale simile (29%) di persone afferma di cercare di acquistare più prodotti sfusi o in imballaggi 100% riciclabili o biodegradabili.
In tutti i Paesi è cresciuto il tempo passato ai fornelli, soprattutto per la fascia di consumatori tra i 18 e i 35 anni, il 43% dei quali afferma di aver cucinato di più. Il 39% delle persone, inoltre, riporta di aver sperimentato di più con ricette nuove, soprattutto in Spagna, Italia e Grecia. Di conseguenza, a questa riscoperta della cucina corrisponde un calo negli acquisti di piatti pronti e dell’abitudine a fare spuntini tra i pasti per circa un terzo dei consumatori, ad eccezione della fascia 18-35 anni in cui un terzo delle persone riporta di aver aumentato gli snack fuori pasto.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
E se, all’interno della pandemia, qualcuno avesse pensato bene di pianificare la mazzata finale ai negozi fisici? Viste le percentuali di aumento degli acquisti online, pensar male è lecito. Considerato anche il potere attualmente raggiunto da Amazon e simili…
I negozi fisici sono sotto attacco ormai da tempo, a Torino ad esempio negli ultimi cinque anni sono stati aperti un numero incredibile di centri commerciali, danneggiando gravemente i piccoli commercianti che hanno chiuso moltissimi piccoli negozi molto prima della pandemia, la creazione dell’ultimo supercentro commerciale è stato stoppato dalla magistratura per irregolarità nelle autorizzazioni altrimenti sarebbe sorto addirittura nello stesso isolato di un altro preesistente, ma non credo ci sia premeditazione o interesse privato o chissacosa, solo totale incapacità di pianificazione e di scelte razionali.