Dopo il pollo allevato all’aperto e le uova di galline che razzolano libere all’interno di capannoni o sui prati, adesso nei supermercati si trovano i conigli “allevati a terra”. La vaschetta con la scritta “Più Libero”, affiancata dalla frase sulla modalità di allevamento, è firmata dall’azienda leader di mercato Aia. La novità è stata accolta con soddisfazione dagli animalisti e da molti consumatori attenti al benessere animale. Anche il Ministero delle politiche agricole e forestali ha dato il nullaosta, ma c’è un particolare che rischia di scompaginare tutto.
Negli allevamenti italiani, ma anche in quelli europei, i conigli nascono e vivono in gabbie situate a circa un metro di altezza per cui gli animali nel corso della loro vita non toccano mai il terreno. Le gabbie sono collocate all’interno di capannoni, oppure all’aperto protette da tettoie e/o alberi con una folta chioma.
Conigli allevati a terra?
Ma allora qual è il significato della dicitura “Allevato a terra“? Il sito di Aia dice che gli animali sono allevati in ampi recinti dove i conigli possono muoversi saltare, sollevarsi sulle zampe posteriori e che hanno a disposizioni legnetti da rosicchiare, fieno e piattaforme su cui saltare. Queste gabbie “benessere”, chiamate anche recinti o park, sono utilizzate in allevamenti decisamente più “confortevoli” rispetto a quelli tradizionali, ma questo non giustifica l’uso di parole come “allevati a terra” che illudono i consumatori.
Nell’immaginario collettivo, tutti hanno in mente galline e polli che razzolano nell’aia di una fattoria in campagna. Pochi però hanno memoria di conigli felici che saltano da un cespuglio all’altro, perché questi animali, pur essendo allevati in campagna, sono sempre stati tenuti in gabbia. I motivi sono la scarsa socialità tra diverse famiglie, e la facilità di contrarre malattie in un ambiente non protetto come può essere un recinto a terra.
Far crescere insieme decine di nuclei familiari in uno spazio libero o in una grande capannone è complicato, perché l’affollamento favorisce l’aggressività e provoca conflitti, che si concludono con un indice di mortalità esagerato. Non ci sono al momento pubblicazioni ufficiali su questo argomento. Secondo rilevazioni condotte in campo, la mortalità può passare dal 2-5% per gli animali che vivono nelle gabbie più piccole, all’8-10% se il recinto è più grande e ospita più famiglie (in genere 4 nidiate), mentre può arrivare fino al 20-30% quando gli animali sono allevati in libertà.
Le tre tipologie di gabbie
In Italia i conigli sono allevati in 3 tipi di gabbie: quelle tradizionali sono le più diffuse e sono chiamate bicellulari perché ospitano solo due animali che hanno finito lo svezzamento. Secondo gli addetti ai lavori gli animali vivono in condizioni disagiate per il poco spazio a disposizione (25×44 cm pari a circa un foglio A3), per la pavimentazione costituita da una rete metallica e per l’assenza di legni e altri oggetti da rosicchiare.
Queste gabbie dovrebbero essere sostituite con quelle denominate “benessere” o WRSA (World Rabbit Science Association) che presentano differenze sostanziali. La superficie è maggiore (65-70×38 cm), e anche l’altezza per consentire agli animali di stare in posizione eretta. All’interno c’è un ripiano per permette ai conigli di appartarsi (soprattutto le fattrici), e una parte del pavimento è rivestita con un tappetino di plastica per il sollievo plantare. Il peso massimo previsto è di 40 kg per metro quadrato.
Gli allevamenti di conigli in recinto
In Svizzera esistono alcuni allevamenti di conigli tenuti in recinti all’aperto o collocati all’interno di capannoni, dove gli animali crescono a terra, ma si tratta di piccole realtà che non operano con i supermercati. I recinti ospitano poche decine di animali della stessa famiglia e la gestione è a livello familiare (vedi foto sopra). Un elemento che rende molto complicato (per non dire impossibile) l’allevamento industriale in libertà a terra è la gelosia delle madri, che dopo il parto entrano in competizione con le altre femmine.
Il benessere dei conigli
Il concetto viene ribadito anche nelle linee guida del Ministero della Salute sul benessere negli allevamenti di conigli, che sottolineano più volte l’opportunità di garantire una vita serena mantenendo le famiglie unite il più a lungo possibile. Per questo la madre deve stare insieme ai piccoli (il cui numero varia da 6 a 8) in una sola gabbia fino alla fine dello svezzamento, che dura 30 giorni circa. Dopo i conigli vengono trasferiti in gabbie più grandi per l’ingrasso (oppure viene spostata la madre), per un periodo variabile da 35 a 45 giorni. Anche in questo caso è importante tenere insieme l’intera nidiata.
Un altro aspetto importante è inserire nelle gabbie pezzi di legno o pellet da rosicchiare e masticare o catene metalliche per soddisfare le esigenze comportamentali proprie della specie. Gli studi sul benessere dei conigli negli allevamenti sono pochi. Al momento è in corso una ricerca portata avanti da un’università italiana per valutare aspetti di benessere animale e di impatto economico in allevamenti con diverse tipologie di gabbie
Le gabbie bicellulari
In Italia, attualmente, il 60% circa dei conigli dopo lo svezzamento con la madre viene trasferito in gabbie “bicellulari”, che lasciano pochissimo spazio di movimento agli animali. Si tratta di un sistema di allevamento che, secondo un’azienda agricola che alleva conigli in capannoni dove sono disposti diversi tipi di gabbie, determina una maggiore debolezza degli animali e una minore risposta immunitaria nei confronti delle malattie. Esiste un progetto condiviso dalle associazione di categoria Assoavi e Associazione Coniglio Italiano che, in accordo con quatto previsto dalle Linee guida volontarie del Ministero della salute, propone di sostituire le vecchie gabbie bicellulari con quelle benessere (WRSA). In questo modo i conigli alla fine dello svezzamento, quando la madre viene allontanata, possono continuare a vivere nella stessa gabbia con uno spazio adeguato, riducendo al minimo lo stress.
I recinti park
La miglior soluzione per quanto riguarda il benessere animale è quella del park (recinto). Si tratta di una grande gabbia ottenuta togliendo le pareti divisorie dalle gabbie benessere che, costruite con una struttura modulare, permettono l’ampliamento dello spazio a disposizione in funzione del numero di componenti la famiglia. Nelle gabbie benessere i conigli nascono e dopo lo svezzamento possono restare nello stesso posto avendo a disposizione un maggiore spazio grazie allo spostamento delle paratie che trasformano le gabbie in recinto. In questo modo i conigli hanno la possibilità di saltellare su un soppalco, muoversi meglio e, soprattutto, le famiglie restano unite.
L’aspetto importante è che in piccoli recinti con pochi nuclei l’aggressività si riduce tantissimo. È vero che le gabbie si possono ulteriormente estendere togliendo tutte le pareti divisorie formando così recinti o park lunghi 1,5/2 metri e larghi 1 che possono ospitare più nuclei familiari (3-4). In questo modo aumenta lo spazio a disposizione, ma anche la conflittualità tra gli animali costretti a vivere insieme.
Le gabbie “benessere” sono riconosciute dal Ministero della salute, e dovrebbero sostituire le vecchie gabbie “bicellulari” entro il 2020, in caso di ristrutturazione dei vecchi impianti e di nuovi insediamenti. La scelta delle gabbie “benessere” o del recinto park, comporta una lievitazione dei costi e, come avviene per i polli e per le uova di galline allevate a terra, i conigli sui banchi dei supermercati dovrebbero costare circa il 20-30% in più.
Allevare i conigli liberi è possibile?
In Italia, qualcuno ha provato ad allevare conigli liberi in grandi capannoni, dove gli animali possono saltare, correre, appartarsi e giocare come farebbero in natura. La spettacolarità di queste strutture è scontata (vedi foto sopra), e anche da un punto di vista etico si tratta di un salto di qualità importante, ma ci sono diverse criticità. In un ambiente aperto la competizione e l’aggressività aumentano moltissimo, provocando un elevato indice di mortalità. Anche il valore di conversione mangime/carne diminuisce, mentre si registra un forte incremento della diffusione di malattie, con difficoltà oggettive nella gestione degli interventi di vaccinazione.
L’ultimo aspetto da non trascurare è la facilità di contrarre infezioni per via dell’accumulo di feci sui pavimenti di plastica e la difficoltà di mantenere un buon livello di igiene per prevenire malattie. La proposta di eliminare subito e completamente le gabbie negli allevamenti di conigli è una storiella raccontata da chi conosce poco questi animali. Sarebbe invece auspicabile il passaggio rapido in tutti gli allevamenti dalle gabbie bicellulari a quelle benessere e la definizione di una normativa precisa al riguardo (andando oltre le Linee di indirizzo volontarie del Ministero della salute).
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Beh mi sembra abbastanza scontato che se mettiamo 100 conigli in uno spazio ampio, ma comunque circoscritto e chiuso questi si azzuffano o si ammalano più frequentemente.
Li avete visti i conigli liberi ??? 4 o 5 in un campo da calcio semmai
Da un punto di vista di benessere animale, certe cose dette non sono amate dai conigli: infatti, potendo scegliere, i conogli scelgono piccole gabbie, non hanno bisogno di piattaforme per “saltare” perché sono scomode e non scelgono gabbie alte per “alzarsi”. Pensando alla normale vita dei conigli, stanno in buchi, quindi le gabbie hanno fin troppo spazio. In spazio aperto l’aggressività è tale che ci solo -letteralmente- schizzi di sangue sulle pareti (infatti anche in casa nelle coppie dello stesso sesso almeno uno è castrato per evitare che gli animali si evirino a morsi a vicenda). Purtroppo abbiamo nell’immaginario Tippete di Bambi, ma è la cosa più lontana dalla realtà possibile.
Per chi fosse interessato ecco il link a buon articolo aggiornato https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S030917401731598X
Da un punto di vista di benessere animale, certe cose dette non sono amate dai conigli: infatti, potendo scegliere, i conogli scelgono piccole gabbie, non hanno bisogno di piattaforme per “saltare” perché sono scomode e non scelgono gabbie alte per “alzarsi”. Pensando alla normale vita dei conigli, stanno in buchi, quindi le gabbie hanno fin troppo spazio. In spazio aperto l’aggressività è tale che ci solo -letteralmente- schizzi di sangue sulle pareti (infatti anche in casa nelle coppie dello stesso sesso almeno uno è castrato per evitare che gli animali si evirino a morsi a vicenda). Purtroppo abbiamo nell’immaginario Tippete di Bambi, ma è la cosa più lontana dalla realtà possibile.
Per ulteriori informazioni ecco un buon articolo aggiornato:
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S030917401731598X
Salve a tutti, mi chiamo Vincenzo Pennavaria ed anche se ormai ho cambiato mestiere, modestamente penso di saperne abbastanza di allevamenti alternativi del coniglio, dopo 20 anni fra ricerca e pratica presso l’Azienda Universitaria Sperimentale Animale della Tuscia di Viterbo, gestita fino a qualche anno fa dal Prof. Alessandro Finzi, che ha pubblicato diverse ricerche e recensioni sui possibili metodi alternativi di allevamento del coniglio all’aperto, pure a terra in appositi recinti(mettendo
insieme un maschio e tante femmine a seconda la grandezza del recinto)dimostrando che pur non parlando di allevamento a livello industriale, è possibile ottenere animali più sani resistenti e robusti senza l’uso alcuno di antibiotici, avendo l’accortezza di spostarli almeno ogni quattro mesi/anno in un altro recinto inerbito e sano, così da lasciare libero il precedente recinto per farlo riposare al sole(si rivolta il terreno ormai nudo d’erba ma concimato e pure ormai infestato da coccidi). Nella pratica, col proprio disciplinare di allevamento è nato da qualche anno un consorzio di allevatori locali(nel viterbese).Saluti
Buongiorno Vincenzo,
io ho avuto la possibilità di vedere le realtà studiate dal prof. Finzi, ma erano impraticabili su larga scala. A suo tempo (lo incontrai circa 10 anni fa) il costo di un coniglio era circa il triplo rispetto al prezzo di mercato di allora, ed i conigli erano allevati senza antibiotici a seguito di selezioni dei capi ammalati (abbattuti). Tuto si può fare, dipende poi dal costo che viene raggiunto e quanto il consumatore è disposto a pagare …
Mi preme inoltre ricordare a tutti (animalisti e non) che il benessere degli animali non passa dal concetto di benessere percepito dall’uomo, a mio avviso stiamo umanizzando troppo gli animali (da compagnia, da allevamento, ecc.).
Nell’isola di Ischia ci sono allevamenti tradizionali a carattere familiare di conigli allevati in “fossa”; si tratta di vere e proprie fosse non molto profonde ma a sufficienza per impedire ai conigli di saltar fuori, Qui i conigli sono allevati in piccoli gruppi che scavano tane, mangiano radici e quanto viene gettato loro dall’allevatore. Questi conigli sono destinati ad una famosa tradizionale ricetta di coniglio all’ischitana.
Sono fermamente convinto che dietro ad ogni confezione di carne di qualsiasi specie ci sia troppa sofferenza.
Condivido quanto espresso da Paolo. Noi umani dobbiamo fare lo sforzo di mangiare MENO carne, di qualunque animale. A vantaggio anche dell’ambiente. Troppe famiglie consumano carne ogni giorno, senza una reale necessità, forse per dimostrare di aver raggiunto un alto livello di benessere, e invece……
A parte il commento “animalista” – che se almeno sulla quantità di carne consumata posso anche condividere ricordo però che in natura pochissimi animali specie tra gli erbivori muoiono di vecchiaia! – mi chiedevo: i conigli scavano tane e quindi potrebbero trovare una via di uscita dai recinti; questo renderebbe difficoltosa la loro “messa a terra”. Seconda cosa, l’ex ricercatore propone una metodologia ma non ha specificato quanto possa essere affrontabile da un allevatore su un libero mercato. Mi piacerebbe avere un’idea del sovraccosto per attuare una politica di rotazione come quella accennata!