Olio di colza (o olio di canola, con fiori e semi di colza su un tavolo di legno rustico

In un mondo sempre più alla ricerca di fonti di proteine diverse da quelle animali, si potrebbe affacciare una coltura usata da molto tempo, ma mai per l’alimentazione umana: la colza. Questa crucifera (appartenente, cioè, alla stessa famiglia di cavoli e broccoli), che rappresenta la metà delle proteine prodotte in Europa, è destinata alla produzione di mangimi per animali e di oli per l’industria alimentare e non, ma i semi non possono essere destinati direttamente all’alimentazione umana, perché contengono anche sostanze potenzialmente pericolose per le persone, che conferiscono un gusto molto amaro, assai poco gradevole. Questi composti, zuccheri complessi chiamati glucosinolati, e presenti anche in altre piante (ma con caratteristiche meno negative, anzi, talvolta positive, come nei broccoli), sono cruciali per la difesa della pianta, perché tengono lontani i parassiti e alcune delle malattie più pericolose. 

Finora non era chiara tutta la catena di eventi che porta alla loro concentrazione nei semi, ma uno studio dell’Università di Copenaghen, in Danimarca, frutto di un finanziamento durato dieci anni, ha finalmente individuato i passaggi e le molecole coinvolte. Secondo quanto riferito su Nature, infatti, la sintesi dei glucosinolati non avviene all’interno dei semi, ma nel loro ‘guscio’. Dall’involucro, i composti sono poi veicolati nei semi con delle proteine che funzionano da trasportatori. Secondo i test effettuati su una pianta tra le più utilizzate come modello, Arapidopsis thaliana, e assai simile alla colza, se si bloccano i geni che contengono le informazioni per questi trasportatori, il traffico scompare e i semi risultano quindi privi delle sostanze sgradite. Al tempo stesso, però, la pianta, nel suo complesso, non perde le sue sostanze difensive, che continuano a essere presenti nella buccia e in altre parti della pianta, e potrebbe quindi essere coltivata esattamente come avviene oggi, senza bisogno di grandi quantità di fitofarmaci, proprio perché dotata di robuste difese naturali.

Ora tutti i test saranno ripetuti direttamente sulla colza, ma se dovessero dare esito positivo, nel giro di qualche anno la colza, che nel pannello (quel che resta dei semi dopo l’estrazione degli oli) contiene fino al 30-40% di proteine in peso secco, potrebbe diventare protagonista anche dell’alimentazione umana. E anche se così non fosse, aver individuato questi trasportatori permetterà probabilmente di capire come eliminare i composti sgraditi. La sola Danimarca coltiva colza su 200mila ettari.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.

Dona ora

5 1 vota
Vota
2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
gianni
gianni
17 Maggio 2023 20:23

Per chi fosse interessato le giovani foglie di colza si mangiano in insalata mentre quando sono più mature si cuociono e usano come il cavolo nero.

Cecilia
Cecilia
8 Giugno 2023 09:46

I Paesi nordici usano da sempre l’olio di colza per produrre margarina e olio per la cucina. Ora si vantano olii pressati a freddo e costa più del olio EVO. Tanto male non farà! Ma forse fa male solo agli italiani?