Le accuse di Coldiretti al pomodoro cinese sono in “malafede”, simili a quelle poco affidabili lanciate da Le Iene. Storielle senza risconti che affossano il prodotto italiano
Le accuse di Coldiretti al pomodoro cinese sono in “malafede”, simili a quelle poco affidabili lanciate da Le Iene. Storielle senza risconti che affossano il prodotto italiano
Roberto La Pira 5 Ottobre 2015L’allarme lanciato da Coldiretti sull’incremento del 520% dell’import del concentrato di pomodoro cinese è “una leggenda metropolitana“. L’accusa molto pesante rivolta da Antonio Ferraioli (presidente della più grande Associazione delle industrie conserviere italiane – Anicav) alla lobby degli agricoltori non fa sconti. I numeri di Coldiretti creano danni alla filiera del pomodoro italiano e panico ingiustificato tra i consumatori. “Il concentrato di pomodoro made in China arriva come temporanea importazione con un regime doganale favorevole definito TPA (traffico di perfezionamento attivo) e rilavorato per poi essere esportato verso un paese terzo. Quindi il concentrato cinese (al pari di quello californiano o di altri paesi extra UE) viene rilavorato in Italia e riesportato interamente verso mercati extracomunitari, prevalentemente nord e ovest dell’Africa e Medio Oriente. La quantità di merce che entra in Italia è la stessa che esce (temporanea importazione per identità) e tutto il percorso viene documentato e sottoposto a controlli da parte della Guardia di Finanza, delle Dogane e delle autorità sanitarie. Questo vuol dire che in Italia non resta il concentrato. Passate, polpe e pelati rappresentano il 98,5% dei pomodori che arrivano sulle nostre tavole, ed è tutto prodotto italiano. Il consumo del concentrato è solo l’1,5% di tutti i derivati. Chi afferma il contrario è in malafede”.
Le apprensioni di Coldiretti sul rischio che il concentrato di pomodoro cinese venga spacciato come Made in Italy sui mercati nazionali ed esteri, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, è una criticità condivisa dai produttori. Tant’è vero che le aziende conserviere nella stragrande maggioranza dei casi indicano in etichetta la provenienza italiana del pomodoro, proprio per garantire massima trasparenza al consumatore. L’accostamento tra il poco affidabile messaggio lanciato da Le Iene su Italia 1 domenica 27 settembre sul prodotto contaminato senza fornire uno straccio di prova, e i numeri ballerini di Coldiretti che alimentano le favole metropolitane sulle importazioni sono iniziative che gettano discredito sul vero made in Italy.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Sarebbe ora che la Coldiretti al posto di “danneggiare” prodotti tipicamente nazionali come il pomodoro si dedicasse maggiormente a cose più serie per la sicurezza del consumatore, come la verifica della qualità dell’acqua irrigua utilizzata nelle colture agricole e alle porcherie di reflui di dubbia provenienza largamente impiegati nella concimazione dei suoli agricoli.
Ma allora io che vivo all’estero quando acquisto i pelati prodotti in Italia e non c’è scritto la provenienza del pomodoro (in genere è indicato solo made in Italy sul barattolo, ma non la provenineza), vuol dire che dentro ci sono pomodori Cinesi??
I pelati non vengono importati dalla Cina