Coldiretti piace a giornalisti e politici: e così la lobby porta avanti proposte assurde e mostra poca attenzione ai problemi reali sulla sicurezza alimentare
Coldiretti piace a giornalisti e politici: e così la lobby porta avanti proposte assurde e mostra poca attenzione ai problemi reali sulla sicurezza alimentare
Roberto La Pira 14 Aprile 2015In Italia Coldiretti ha il ruolo di agenzia stampa nazionale per tutte le problematiche correlate al cibo, all’agricoltura e ai temi del mondo agro-alimentare. I comunicati spediti dall’associazione sono martellanti, ogni giorno ne arrivano 2-3-4, e anche il sabato e la domenica non c’è tregua. Le informative raggiungono in modo capillare la quasi totalità dei giornali, dei siti internet e molti politici interessanti a questi argomenti, oltre agli uffici stampa dei ministeri. Spesso i comunicati stampa raccontano elementi folkloristici o di costume (il menu di Pasqua e quello di Natale), o sono pezzi di colore.
Qualche volta, invece, focalizzano l’attenzione su problemi veri. Su alcuni temi delicati Coldiretti utilizza frasi ambigue, ma verosimili. La maggior parte dei giornalisti apprezza e riporta negli articoli i dati e le cifre presenti sui comunicati come se fossero verità assoluta. I lanci di Coldiretti sono considerati alla stregua delle dichiarazioni ministeriali, delle notizie Ansa o delle prese di posizione UE. Questa situazione è così diffusa che negli articoli sui giornali i numeri e le statistiche non sono dell’Istat, dell’UE o di un centro di ricerca ma sono preceduti dalla frase «…come riferisce Coldiretti».
Il risultato di questa operazione è la costante presenza sui quotidiani, tv, radio e siti internet di rappresentati della lobby, nella maggior parte dei casi senza un contraddittorio. In queste condizioni il parere di Coldiretti diventa l’unico riferimento, così che si trasforma spesso nella posizione ufficiale di diversi ministri. A volte le iniziative suggerite da Coldiretti si trasformano in leggi approvate dal Parlamento.
Basta citare la norma sull’etichettatura obbligatoria dell’origine dell’olio extra vergine e più in generale di tutti i prodotti alimentari importati dagli altri paesi UE, entrambe bocciate dopo pochi mesi dalle autorità di Bruxelles. Tutto ciò avviene con l’avallo di alcune istituzioni che dimostrano poca conoscenza del diritto comunitario e una forte dipendenza dal pensiero della lobby.
Molti giornalisti utilizzano i comunicati, perché in quelle pagine trovano tutto quanto serve: dati, statistiche, spunti di attualità e anche qualche scoop. Basta rimaneggiare un po’ il testo e alla fine si va subito in pagina senza grande sforzo. Spesso il controllo di fatti e dati viene considerato superfluo perché si tratta di una fonte attendibile, mentre il contraddittorio è inutile perché pochi contrastano le tesi della lobby. L’esito è che in prima pagina su Repubblica si parla di pane surgelato rumeno importato dai supermercati italiani e preparato con il legno delle casse da morto. Per contro i giornali e i siti non trattano i temi sgraditi a Coldiretti perché se non arrivano comunicati dalla lobby vuol dire che il tema è poco interessante.
Seguendo questa logica la maggior parte dei media non ha preso in considerazione i circa 1800 cittadini italiani che in un anno hanno contratto l’epatite A a causa dei frutti di bosco surgelati. In compenso si sono sprecati fiumi di inchiostro sull’origine del latte a lunga conservazione importato dall’estero. Non si dice che la metà del latte italiano viene importato perché non ne abbiamo a sufficienza e che le confezioni di latte fresco recano sempre il bollino made in Italy, se non addirittura la regione o la provincia di provenienza della materia prima.
Questa ostilità nei confronti dei prodotti alimentari stranieri è assurda visto che senza l’importazione di grano duro non si potrebbero produrre ed esportare la pasta italiana, così come alcuni dolci (panettone e colombe). Senza la carne argentina e brasiliana non si potrebbe produrre la bresaola della Valtellina, che sarebbe scomparsa da anni, e infine senza il caffè dei paesi tropicali non esisterebbe il nostro espresso. Ma sono solo alcuni esempi.
Tra le altre pecche di Coldiretti, sempre pronta a sbandierare la necessità di indicare l’origine dei prodotti in etichetta per valorizzare il made in Italy, ricordiamo la debole battaglia contro il Ministero dello sviluppo economico per il mantenimento della dicitura dello stabilimento di origine sull’etichetta dei prodotti alimentari italiani (indicazione obbligatoria sino al 13 dicembre 2014). Anche sulla questione del 10-15% dei bovini italiani trattati con ormoni e altre sostanze vietate, segnalata da una ricerca commissionata dal Ministero della salute all’Istituto Zooprofilattico del Piemonte e della Liguria, ha manifestato una certa freddezza.
Questi temi sono scomodi ed è più facile focalizzare l’attenzione sul pomodoro cinese che avrebbe invaso il mercato italiano, anche se non si trova nelle passate e nei barattoli in vendita nei supermercati, marchiati con il bollino “made in Italy”. Anche sul problema dell’ubiquitarietà dell’olio di palma nei prodotti alimentari italiani l’atteggiamento è stato molto timido. L’amarezza per questa situazione nasce non solo dall’abilità della lobby di manipolare le notizie attraverso una buona narrazione, ma anche dall’atteggiamento di molti giornalisti che, quando si parla di consumi e sicurezza alimentare, anziché verificare le notizie e risalire alla fonte preferiscono rimaneggiare i comunicati di Coldiretti.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Ed infatti ogni volta che leggo che la fonte è Coldiretti, prima di pubblicare sul Blog cerco informazioni aggiuntive, se non fosse che poi sulle maggiori testate online (ma anche Blog, purtroppo) trovi solo un generico Copia & Incolla della velicna di Coldiretti.
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E tanti saluti all’informazione attendibile…ed infatti quando parli di certe tematiche sei sommerso dai luoghi comuni, se non da bufale vere e proprie.
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D’altro canto se vai a braccetto con i politici, va afinire che fai politica anche tu, dimenticando il tuo vero ruolo.
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Non è una sviolinata, ma spesso è questo sito a darmi un’informazione degna di questo nome.
Anche oggi, una signora che si ritiene di livello culturale superiore, durante una conversazione sulle eccellenze alimentari italiane, ha inveito contro la Barilla che, secondo lei, usa grano di pessima qualità. è possibile che il web sia così micidiale nel divulgare bufale così madornali? Un plauso a chi si occupa di CORRETTA INFORMAZIONE, come ” il fatto alimentare “.
Purtroppo non è il web ad essere micidiale nel divulgare bufale, ma i navigatori a crederci, senza mai porsi una domanda; oggigiorno “l’ho letto su internet” ha sostituito il vecchio “l’ha detto la tv”.
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Tempo fa, in un post sulla bufala del Canone Rai illeggittimo, ho raccontato un episodio familiare. Ho chiesto a mio padre chi lo avesse detto e lui ha citato quale fonte un quotidiano (online); continuo a ripetergli che la maggior parte dei quotidiani, oltre che ad abboccare a bufale vere e proprie, spacciandole poi per notizie, soffrono pure di una notevole perdita di qualità ovvero di attendibilità e spesso si trasformano in organi di Disinformazione.
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I complici della Disinformazione però, che sia volontaria o per incapacità professionale, siamo noi, lettori, consumatori, cittadini.
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Paradossale poi che l’indignazione del popolo del web sia sempre pronta a scendere in campo, ma se mettessero tanto impegno nel cercare di capire le notizie ancor prima di diffonderle, saremmo a posto.
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Se le bufale girano da decenni, se continuano ad arrivare le mail esca con le vincite milionarie alle lotterie, è perchè c’è sempre gente che abbocca, così come ancor oggi c’è chi compra nel parcheggio dell’autogrill “la scatola che è rimasta sul camion”, salvo poi lamentrasi di essere stata truffata. Ma si sa, è sempre colpa di qualcun altro…
anche la spalata neve nelle città del nord, lo scorso inverno secondo alcuni servizi dei tg , ‘è stata opera’ dei Trattori della Coldiretti, in verià i trattori sono di proprietà degli agricoltori e delle loro aziende agricole, che sono associati anche ad altre organizzaione agricole Italiane
Purtroppo molti giornalisti non fanno il loro mestiere, ovvero verificare le fonti, fare inchieste e soprattutto fare domande scomode. E non accade solo sui temi alimentari….
D’accordo sulla critica a Coldiretti. Solo una precisazione. Se si parla di “forte dipendenza dal pensiero della lobby” contrapposto a Bruxelles, non parliamo di “bene” vs “lobby”: non dimentichiamoci che Bruxelles _è_ di per sé un concentrato di lobbies, per di più portatrici di interessi contrari a quelli italiani. Che i nostri governi spesso subiscano le reprimende di Bruxelles non è dovuto necessariamente al fatto che là lavorano bene e qui male, ma alla nostra cronica debolezza in politica estera.
Quindi, d’accordo sulla critica a Coldiretti per le sue incoerenze (personalmente trovo incredibile e insopportabile la loro promozione del “km zero” quando si tratta di prodotti italiani, mentre il concetto viene tranquillamente dimenticato quando si parla p.es. di vini italiani esportati in Cina); tuttavia, per quando riguarda la qualità dei cibi che trovo sul mercato, penso che Bruxelles faccia ben più danni di Coldiretti.
Anche qui si parla di Coldiretti:
https://www.linkedin.com/groups/Coldiretti-4687986.S.5976005232558112783?trk=groups_items_see_more-0-b-ttl
Analisi coraggiosa, che condivido appieno. I numeri che escono dai comunicati Coldiretti, per eempio, sono spesso quantomeno improbabili. La quantità di olio di palma importata in Italia nel 2014, secondo Coldiretti, è pari – fatte alcune elementari divisioni – a circa 78 grammi per persona e per giorno (dai neonati ai centenari, per intenderci, per 365 giorni l’anno). Se il dato fosse reale, introdurremmo 700 kcal/die dal solo palma. Anche tenendo conto delle esportazioni di prodotti italiani, e del “waste”, si fa fatica a non porsi qualche domanda.
Condivido la critica sugli effetti dell’efficientissima macchina di comunicazione Coldiretti. I dubbi sui dati sono – per quanto so – legittimi. Il successo della comunicazione è talmente grande che la necessità e possibilità di comunicare sembra trainare persino le priorità e strategie di Coldiretti stessa, e quindi, in qualche misura, del Paese, invece di seguirle. La frustrazione di chi vorrebbe lavorare e ragionare altrimenti – ovunque – è inevitabile.
Ma la critica di La Pira è rivolta anche ai colleghi. Verrà il giorno in cui dopo “secondo Coldiretti”….si leggerà “secondo gli esperti, quindi, i dati forniti da Coldiretti non sono credibili”?
Mi viene da dire solo una cosa: complimenti! Non solo per la lucidità dell’analisi, ma anche per il coraggio.
Ottimo articolo ma rimane confinato sul Fatto Alimentare e soprattutto non porta soluzioni. Sicuramente ardue e difficili ma che comunque si devono trovare.
ottimo articolo!
Sono assolutamente d’accordo e mi complimento con Roberto la pira
Se penso alla Coldiretti vedo il Ministro Martina: che tristezza.