Kilocal si aggiudica il primo posto nella classifica dei peggiori messaggi pubblicitari proposti negli ultimi mesi da tv, giornali e media. Il punteggio raggiunto (4,8 faccine su 5 corrispondenti al giudizio “da buttare”) non lascia spazio a dubbi sul parere dei nostri lettori che hanno giustamente penalizzato un prodotto con un curriculum disastroso (sei censure per pubblicità ingannevole collezionate negli ultimi anni).
In seconda posizione troviamo il programma condotto da Alessandro Di Pietro “Occhio alla spesa” censurato dall’Antitrust per avere fatto pubblicità occulta alla pasta Aliveris nel corso di tre puntate della trasmissione. Il punteggio (4,6 faccine su 5) è molto vicino a quello di Kilocal e denota un giudizio severo da parte dei lettori che hanno poco gradito questo comportamento.
Poco distanziati ci sono Uliveto e Rocchetta presentate nella pubblicità come “acque della salute”. Segue il cuoco Simone Rugiati che invita a pasteggiare con Coca-Cola e subito dopo Mulino Bianco con lo spot dei Flauti in cui una bambina dice «Non lo mangio perchè è buono, lo mangio perchè è sano», con un punteggio di 4,3 faccine su 5 (corrispondente al giudizio “pessimo” tendente al “da buttare”).
A ridosso troviamo la pubblicità con Tata Lucia che in veste di “esperta di educazione familiare” suggerisce di fare colazione con Nutella. Segue Red Bull con i suoi spot a cartoni animati che non potranno più essere utilizzati, con un punteggio di 4,1 faccine su 5 (giudizio: “pessimo”).
Il messaggio ingannevole considerato meno aggressivo dai nostri lettori (in tanti lo hanno anche scritto) interessa l’etichetta della marmellata Rigoni che è stata censurata dall’Antitrust per la dicitura “senza zucchero”. Il punteggio raggiunto è di 3 faccine su 5 (giudizio: “mediocre”).
Kilocal vince il gioco dello spot de Il Fatto Alimentare
I voti raccolti in 26 giorni sono stati oltre 5.200. Lo spot più votato è stato quello della Coca-Cola (931), mentre quello meno gettonato Rigoni con 522. Considerando che il sistema permette ai lettori di assegnare un solo voto per ciascuna pubblicità ci sembra che l’iniziativa abbia funzionato.
Siamo soddisfatti perché il gioco dello spot permette ai consumatori di esprimere il disappunto nei confronti di chi cerca di prenderli in giro. Purtroppo le censure e le sentenze in genere non riescono a fermare i signori della pubblicità che spesso riescono a trovare il sistema per vanificare l’esito della condanna. Uliveto e Rocchetta continuano a trasmettere spot con il loro slogan (la censura riguarda solo la carta stampata!). Red Bull continua ad usare cartoni animati, Coca-Cola ha cambiato uno spot, ma ha mantenuto la serie di messaggi con Rugiati modificando solo leggermente il messaggio.
Kilocal ha avviato una nuova campagna pubblicitaria con un nuovo prodotto che ricalca sostanzialmente i vecchi schemi. Tata Lucia ha cambiato solo una frase. Anche Barilla ha mantenuto la parola “sani” nello spot dei Flauti, togliendo però i bambini. Non sempre l’esito è così deludente: Rigoni ha cambiato etichetta ancora prima della sentenza, dimostrando di rispettare i consumatori. Alessandro Di Pietro nel frattempo ha querelato Il Fatto Alimentare per avere diffuso notizie che non sono piaciute.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Leggevo su Focus di questo mese un articolo che spiega quanto sia pervasa dal sesso la pubblicità. Spesso è riconducibile al tipo di packaging o alla forma del prodotto sempre più seducente.Siete d’accordo?