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piantagioni cacao africa foreste mighty earthUn anno fa, in occasione della 23^ Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop23) svoltasi a Bonn, le industrie del cacao e del cioccolato avevano assunto dei precisi impegni per porre fine alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani nella filiera. Accanto alle industrie sedevano i rappresentanti di Ghana e Costa d’Avorio, i due principali paesi leader nella coltivazione di cacao, che coprono circa il 90% del fabbisogno mondiale.

Il cacao africano proviene in gran parte da piantagioni all’interno di parchi nazionali e aree protette, con l’utilizzo di molti pesticidi, ampio sfruttamento del lavoro minorile e un reddito medio dei lavoratori inferiore a un euro al giorno. A partire dalla sua indipendenza, ottenuta nel 1960, la Costa d’Avorio ha perso circa il 90% delle sue foreste, portando alcune specie, come l’elefante delle foreste e gli scimpanzé, sull’orlo dell’estinzione. In Ghana invece la deforestazione legata alla coltivazione del cacao è stata così ampia che il Paese potrebbe perdere tutte le sue foreste all’esterno delle aree protette.

A un anno di distanza dagli impegni assunti a Bonn, però, quelle promesse si sono rivelate soltanto come un tentativo di ripulire la propria immagine, da parte delle industrie del cacao e del cioccolato, e dei due governi. Infatti, un dossier dell’organizzazione Mighty Earth, con sede a Washington, documenta cosa è avvenuto nel 2018 in Ghana e Costa d’Avorio, grazie all’utilizzo di droni, immagini satellitari e indagini sul campo.

Nella sola Costa d’Avorio sud-occidentale, cuore della coltivazione del cacao, la deforestazione fino a settembre di quest’anno è stata pari a 13.748 ettari, equivalenti a 15 mila campi da calcio, non molto meno rispetto ai 21 mila campi di calcio registrati nel 2017 e un po’ di più dei 13 mila del 2016. E questo avviene anche all’interno di parchi nazionali, come quello del Monte Péko, senza alcun intervento dissuasivo da parte delle autorità locali. Lo stesso accade anche in Ghana. Governi e industrie non hanno ancora realizzato neppure una mappatura ufficiale della deforestazione, che costituisce l’elemento fondamentale di conoscenza per poter intraprendere qualsiasi azione.

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Secondo Mighty Earth gli impegni presi dalle aziende del cacao e dai governi di Ghana e Costa d’Avorio per fermare la deforestazione sono stati disattesi

Ma il consumatore ha la possibilità di acquistare cioccolato con la garanzia che non provenga da coltivazioni legate a pratiche di deforestazione? Lo abbiamo chiesto a Roberto Pinton, segretario di AssoBio, secondo il quale in genere sono da ritenersi affidabili la certificazione biologica e le produzioni certificate ai sensi di schemi privati, in genere di Organizzazioni non governative.

In base alla legge del 2007, le certificazioni biologiche garantiscono che i prodotti sono stati coltivati tenendo conto dell’equilibrio ecologico locale o regionale, rispettando i sistemi e i cicli naturali, mantenendo e migliorando la salute dei suoli, delle acque, delle piante e degli animali e l’equilibrio tra di essi, oltre che contribuendo a un alto livello di diversità biologica. Tra gli schemi privati che certificano la produzione di cacao senza deforestazione, vi è quello di UTZ, che ora lavora assieme a Rainforest Alliance, oltre agli standard del Fairtrade, che prevedono il rispetto delle risorse naturali.

Fonte immagini: Mighty Earth

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Costante
Costante
31 Dicembre 2018 16:13

Qualcuno finalmente si è accorto che la deforestazione e lavoro minorile non riguardava solo l’estremo oriente e l’olio di palma su cui si è fatto gran putiferio fino a proporne il bando, ma anche Africa e sud America per cacao e quant’altro. Si farà altrettanto fino a far demonizzare presso i consumatori caffè e cacao/cioccolato ??

ezio
ezio
Reply to  Costante
2 Gennaio 2019 11:47

Il grasso di palma è solo un grasso, tecnologicamente stabile ma anche sostituibile, il cacao ed il caffè sono alimenti molto caratteristici ed insostituibili.
Occorre vigilare sulle coltivazioni di ogni coltura estensiva per renderle sostenibili, limitandone i danni ambientali all’ecosistema, sia agli esseri umani coinvolti nell’intera filiera produttiva.