L’80% del cibo che consumano gli statunitensi proviene da fonti industriali, e questa sarebbe già una notizia preoccupante. Ma come se non bastasse, in generale gli alimenti pronti e le bevande venduti negli Stati Uniti sono quasi sempre ultra-trasformati, una definizione ufficiale secondo il NOVA Food Classification System, che comporta spesso un eccesso di ingredienti come il sale, gli zuccheri e i grassi. E ciò spiega le conseguenze sul peso e sulla salute dei cittadini.
A tracciare un quadro così impietoso sono gli esperti della Northwestern University di Chicago che da anni osservano da diverse angolazioni come mangiano gli americani, e che ora hanno pubblicato quanto osservato sul cibo industriale in un dettagliato articolo pubblicato su Nutrients.
I ricercatori hanno analizzato oltre 230 mila prodotti in base alla classificazione NOVA, secondo le quali esistono quattro categorie; la peggiore di tutte è appunto quella del cibo ultra-trasformato, definito come “formulazioni industriali costituite interamente o principalmente da sostanze estratte dagli alimenti (oli, grassi, zucchero, amido e proteine)”. Ebbene, a tale categoria appartiene il 71% dei cibi analizzati. Tra i peggiori vi sono il pane e in generale i prodotti da forno, i cui ingredienti sono considerati sbilanciati in tutte e quattro le categorie principali (calorie, grassi saturi, zuccheri totali e sodio): per dare un’idea, il pane americano ha, in media, il 12% di sodio in più rispetto a quello britannico (in Gran Bretagna le politiche per la riduzione del sale sono molto attive, soprattutto sugli alimenti industriali). E poi le bevande, i dolci e gli snack. Risultato: tra i primi 25 articoli per volume di vendite, ben l’86% è ultra-trasformato.
Interessante, poi, l’iniziativa lanciata dai ricercatori in risposta a quanto osservato. Poiché è impossibile monitorare tutti gli alimenti venduti, perché evolvono e cambiano di continuo (mutamenti significativi riguardano ogni anno non meno del 20% degli alimenti industriali), invitano i cittadini a prendere parte a un programma di citizen science, scaricando un’apposita app chiamata FoodSwitch, inizialmente lanciata in Australia e ora adattata al mercato americano e presente anche in Cina, Sud Africa, Gran Bretagna e India. Grazie a essa è possibile inviare la foto delle etichette nutrizionali, i codici a barre o i QR code, e ricevere in cambio le indicazioni sulla salubrità o meno del cibo in esame, qualora siano già presenti nei database nazionali (quello americano ne contiene già oltre 268 mila).
Il Fatto Alimentare ha realizzato un dossier sul cibo ultra-trasformato, basato sul rapporto sull’alimentazione industriale realizzato da una commissione parlamentare francese, focalizzando l’attenzione sul cambiamento dei modelli alimentari e sulle possibili soluzioni, proponendo alcune delle raccomandazioni francesi che potrebbero essere tranquillamente adottate nel nostro Paese, se non all’Europa intera.
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Giornalista scientifica
Una notizia molto preoccupante, e purtroppo temo che anche in Italia le cose non siano così diverse. La direzione che stiamo intraprendendo è quella, anche per una questione di ritmi di vita, e c’è davvero da preoccuparsi.
Industriale può essere anche un prodotto da materia prima semplicemente pastorizzato. Industriale non è sinonimo di ultra-trasformazione o manipolazione !!
È ora di sfatare certe interpretazioni distorte che sul web diventano spesso fake news, dannose per i consumatori al pari delle frodi
Buongiorno,
in Italia esiste già da qualche anno un app che scansiona i codici a barre.
L’avete presentata in un articolo del 2015 http://ilfattoalimentare.it/edo-applicazione-smartphone.html
L’app si chiama EDO e secondo me è utliissima ad acquistare con giudizio soprattutto al supermercato
Grazie
Francesco De Stefano