Il cibo sostenibile del futuro? “Carne” di insetti coltivata in laboratorio e geneticamente modificata. La proposta degli scienziati americani
Il cibo sostenibile del futuro? “Carne” di insetti coltivata in laboratorio e geneticamente modificata. La proposta degli scienziati americani
Agnese Codignola 13 Giugno 2019Gli allevamenti intensivi sono all’origine di molti dei guai ambientali con i quali stiamo facendo i conti: l’esaurimento dei terreni, la contaminazione delle acque, la perdita di biodiversità, le piogge acide, la morte di intere aree marine e delle barriere coralline, la deforestazione e, soprattutto, il cambiamento climatico. Come se ne esce? Secondo i ricercatori della Tufts University di Medford (Massachusetts), che firmano un interessante articolo pubblicato su Frontiers in Sustainable Food System, combinando quanto di più tecnologicamente avanzato ci sia dal punto di vista delle fonti alternative di nutrienti: gli insetti, la coltivazione della carne in laboratorio e le modifiche genetiche.
Gli animali non possono più essere la fonte principale di proteine, perché, anche negli allevamenti più avanzati o biologici, il consumo di risorse (acqua, elettricità, mangimi), l’emissione di gas (il metano su tutti) e la produzione di liquami non sono più sostenibili. Dal canto loro, gli insetti hanno caratteristiche ottime, sia dal punto di vista nutrizionale, sia per il consumo di risorse rapportato al peso di nutrienti forniti, sia per la loro estrema versatilità, che li rende molto più sostenibili da allevare rispetto ad altri animali. Tuttavia resta il problema della loro accettazione da parte dei consumatori.
La carne coltivata in laboratorio – di manzo, di maiale, di pollo, di anatra e di diversi tipi di pesce e crostacei –, oltre a dover fare i conti con ostacoli normativi di non poco conto (non si è ancora deciso se farla rientrare sotto le norme farmaceutiche o sotto quelle agricole-veterinarie), deve ancora risolvere la questione più grande, ovvero il passaggio di scala dalle provette ai grandi incubatori, necessari per produrre enormi quantità di tessuto. Per ora, infatti, la sintesi consuma grandi quantità d’acqua ed elettricità e, se le fonti energetiche da cui deriva non sono rinnovabili, emette CO2. E non è detto che, da questo punto di vista, sia così conveniente rispetto alla carne tradizionale. Infine, alcune alternative vegetariane e vegane hanno dei limiti significativi per quanto riguarda la sostenibilità, soprattutto per l’impiego di acqua: alcune piante (mandorle, noci, riso), scrivono gli autori, sono assetate come i manzi.
Ma combinando tutte queste opzioni si potrebbe giungere a una soluzione che mette insieme tutte le esigenze e che risulta accettabile da parte dei consumatori. Si potrebbe infatti realizzare – e si sta lavorando a tal fine – una coltivazione di “carne” di insetto, perché in questo modo si otterrebbero polpa e tessuti, accettabili da un numero elevatissimo di consumatori, e perché è adattabile alla coltura senza l’uso di sieri e altri derivati animali. Si consumerebbero meno risorse non solo perché le cellule degli insetti hanno un tasso di proliferazione molto più rapido, ma anche perché sono versatili e la crescita si può ottenere variando le condizioni di temperatura, pH, luce, ossigeno e così via. Poi, nei Paesi dove questo è accettato e permesso, si potrebbero introdurre modifiche genetiche alle cellule di insetto per avere rese maggiori e caratteristiche particolari come, per esempio, un minore quantitativo di grassi.
Restano due ambiti principali nei quali è necessario ancora un po’ di tempo, perché gli studi vanno approfonditi: quello delle caratteristiche dei tessuti coltivati, per esempio per quanto riguarda la proporzione tra tessuto muscolare e adiposo, e quello delle strutture tridimensionali, perché si vuole giungere a tessuti simili alla carne a cui siamo abituati. Per quest’ultimo aspetto si guarda soprattutto al chitosano, proteina sostenibile che si ricava dai funghi e dai crostacei, oltre che dagli stessi insetti. E, infine, bisogna lavorare sul gusto, anche se nessuno sembra troppo preoccupato di questo, che appare un ostacolo superabile con opportuni accorgimenti come l’uso di insaporitori, sostenibili anch’essi.
Quando tutto ciò sarà risolto, la carne di insetto coltivata e geneticamente modificata potrebbe rappresentare una delle opzioni migliori, da tanti punti di vista: con ogni probabilità se ne sentirà parlare molto, nei prossimi anni.
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Giornalista scientifica