Tanto zucchero, troppo sale e poche fibre: in Europa gran parte dei prodotti confezionati per bambini non rispettano due standard nutrizionali
Tanto zucchero, troppo sale e poche fibre: in Europa gran parte dei prodotti confezionati per bambini non rispettano due standard nutrizionali
Agnese Codignola 18 Novembre 2019Moltissimi prodotti dedicati (e pubblicizzati) a bambini e ragazzi non rispettano due standard nutrizionali sviluppati per ridurre l’impatto del marketing alimentare verso i minor. Eppure stiamo parlando di regole indicate da Oms-Europe e di impegni firmati EU Pledge a cui hanno aderito spontaneamente molte aziende alimentari come: Coca-Cola, Kellogg’s, McDonald’s, Ferrero, Danone e Unilever. Lo rivela un’indagine condotta dal Joint research centre della Commissione europea e pubblicata su PLoS One, che ha preso in esame quasi 2.700 alimenti preconfezionati venduti in 20 paesi europei e appartenenti a cinque categorie: cereali da colazione, yogurt, pasti pronti, carni e pesci lavorati.
Il risultato è che il 48% dei cibi non è conforme alle indicazioni del Pledge e addirittura il 68% a quelle dell’Oms. Tra i fattori che più contribuiscono ad allontanare questi alimenti da una situazione ottimale vi sono, neanche a dirlo, gli elevati livelli di zuccheri in cereali e yogurt, e l’eccesso di sale nelle altre categorie, oltre alla scarsa quantità di fibre nei cereali per la prima colazione. Oltre a questo, numerosi yogurt non soddisfano i criteri riferiti ai grassi totali e saturi e molti pasti surgelati hanno troppe calorie. Come se non bastasse, si è constatato che una parte dei prodotti presi in esame sono tra i più venduti.
Anche se i dati non dicono nulla sul valore nutrizionale complessivo di ciò che mangiano i bambini e i ragazzi europei, visto che si limitano ad analizzare ciò che viene acquistato (in base a Euromonitor International), dallo studio emergono indizi utili per valutare ciò che viene offerto nei negozi e nei supermercati, e quello che trovano in casa. Purtroppo non si tratta di proposte che sembrano tenere in gran conto la salute, a prescindere da quanto chiede l’Oms e da quanto le aziende, in teoria, si impegnano a fare.
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Giornalista scientifica