I cereali sono alla base della nostra alimentazione, e forse proprio per questo qualunque notizia che riguarda possibili contaminazioni ci preoccupa tanto. Questo accade anche quando si tratta di allarmi non giustificati o di questioni troppo complesse per essere riassumibili in uno slogan. Se ne è parlato il 3 ottobre in occasione del seminario “Alimenti a base di cereali: pericolosi o benefici?” tenutosi all’Accademia dei Georgofili, in collaborazione con l’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia dei Cereali (Aistec) , che dal 1995 riunisce esperti e ricercatori che lavorano in questo settore. “Vogliamo promuovere la conoscenza corretta su questi temi, partendo da quanto emerge dalla ricerca e tenendo conto della complessità di una filiera come quella dei cereali, che comprende diversi passaggi, dalla produzione in campo allo stoccaggio e poi alla lavorazione”, spiega Marina Carcea, presidentessa Aistec.
La cattiva informazione dei media sui cereali
I temi trattati sono quelli più spesso affrontati dai media, le contaminazioni in campo – dal glifosato alle micotossine – e i problemi legati alla conservazione degli alimenti, come l’acrilammide e l’allarme legato alla furosina. “In passato abbiamo risposto anche direttamente alle trasmissioni che lanciavano allarmi non giustificati, poi abbiamo deciso di fare il punto sulle evidenze scientifiche partendo dalla letteratura e dalle ricerche in corso – prosegue Carcea – il nostro obiettivo è aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli. Tutti tendiamo a ritenerci competenti in materia di alimentazione, ma se vogliamo dare una valutazione ragionata occorre un vero esperto. I cereali rappresentano una delle basi dell’alimentazione e per fortuna le produzioni italiane, nella stragrande maggioranza, garantiscono qualità e sicurezza, anche se è sempre valido il consiglio di variare quanto possibile l’alimentazione per evitare carenze ma anche accumulo di sostanze nocive”.
Il caso dei grani antichi
Da ridimensionare anche la tendenza a promuovere i prodotti derivati da cereali “antichi” ritenendoli migliori e più sicuri: “Non è sempre così – prosegue Carcea – e ci sono vantaggi e svantaggi da considerare: per esempio, dal punto di vista fitosanitario i prodotti raffinati sono teoricamente più sicuri di quelli integrali. La tecnologia si è evoluta anche per soddisfare bisogni del consumatore, per garantire migliore qualità nutrizionale, salubrità e gusto”.
“In ogni caso – ricorda Carcea – quando si parla della presenza di sostanze nocive bisogna valutare la quantità e i livelli di assunzione. Nei prodotti alimentari per consentirne la commercializzazione, le sostanze nocive devono rientrare nei limiti di legge anche se per alcuni contaminanti di origine naturale non si possa garantirne la totale assenza. L’industria alimentare è in grado di gestire queste problematiche con l’applicazione di strategie di prevenzione che partono dal campo, le opportune operazioni di pulizia dei cereali che eliminano parte dei contaminanti e un autocontrollo in tutte le fasi della filiera produttiva”.
Quali sono le vere problematiche dei cereali?
Dei problemi, però esistono, ammette la presidente Aistec: “L’acrilammide per esempio è presente in diversi alimenti, anche se ci sono strategie per limitarne la formazione, già in parte messe in atto. Però è giusto tenerne conto, e sapere che se si mangia un alimento completamente carbonizzato non fa bene”. Mentre la preoccupazione per la presenza di furosina è priva di fondamento: “Diverse trasmissioni hanno denunciato la presenza di questa sostanza nella pasta, cosa non vera – precisa la presidente AISTEC – da parte nostra, abbiamo cercato di rispondere con dati validati a questi allarmi ingiustificati che possono mettere in crisi determinati settori produttivi”.
Non è detto che ci sia una corrispondenza tra rischi reali e rischi percepiti dai consumatori: “Sappiamo che le persone mettono al primo posto la preoccupazione per i contaminanti chimici e gli additivi, e all’ultimo quella per i microorganismi patogeni – spiega Massimo Blandino del dipartimento di scienze agrarie dell’Università di Torino, che nell’ambito del convegno ha trattato il tema dei contaminanti della filiera agricola – che invece per i ricercatori rappresentano il principale rischio per la salute, se si esclude la malnutrizione” .
Il glifosato e la situazione Europea
Oggi si parla molto di glifosato, un diserbante per il quale l’Unione europea sta discutendo proprio in queste settimane* la possibilità di rinnovare per altri dieci anni le autorizzazioni all’uso, nonostante l’allarme lanciato da molte organizzazioni ambientaliste e di consumatori. Lo Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) lo ha dichiarato probabile cancerogeno, “ma le agenzie scientifiche per la sicurezza alimentare europee e americane lo hanno valutato con un profilo di rischio basso”, sottolinea Blandino. “Soprattutto, nel nostro paese ci sono limiti per quanto riguarda l’uso in zone urbane ed extra agricole, e anche in campo può essere utilizzato solo prima della semina, mentre è vietato l’utilizzo per disseccare la coltura a maturazione, unica pratica che può determinare la presenza di residui di questo fitofarmaco nella granella, sebbene anche con queste applicazioni non necessariamente si superano i limiti di legge”.
Residui e limiti di legge
Se parliamo di residui di fitofarmaci nelle granelle dei cereali e nelle farine e alimenti derivati, bisogna tenere conto che per questi contaminanti sono fissati limiti di legge, differenziati per i diversi consumi: alimenti per bambini, alimenti destinati agli adulti e mangimi per il bestiame. “I dati dei controlli nazionali e quelli dell’autocontrollo dei molini mostrano che la percentuale di casi con concentrazioni di pesticidi superiore ai limiti di legge è estremamente bassa, meno dell’1% dei casi”, spiega Blandino.
È comunque possibile dare ulteriori garanzie ai consumatori: “sul mercato esistono filiere di pasta e riso a ‘residuo zero’, in grado di garantire la totale assenza di residui di pesticidi nella granella e negli alimenti, pur permettendone l’impiego”, prosegue il docente. In questo modo si ottiene lo stesso risultato di una coltivazione biologica, che però non ammette l’uso di questi mezzi tecnici. I rischi per la presenza di residui di pesticidi sono collegati al controllo degli insetti nella conservazione delle granelle, sempre più presenti a causa del cambiamento climatico, che possono richiederne l’uso: “Anche in questo caso – osserva Blandino, – esistono alternative già attuate dalle filiere, efficaci ma più costose”.
Uno sguardo al futuro dei cereali
La sfida oggi, prosegue il docente, “è quella di conciliare diverse esigenze, ovvero garantire la produzione e la sanità delle colture, ma al contempo limitare l’impiego di fitofarmaci in campo: per raggiungere questi obiettivi occorrerà utilizzare strumenti innovativi, dalle nuove tecnologie digitali, al miglioramento genetico. Abbiamo nuove conoscenze per gestire i sistemi colturali, anche se c’è necessità di imparare e migliorare continuamente”.
Anche più complessa è la situazione per quanto riguarda i contaminanti naturali, quali i metalli pesanti o le micotossine – composti tossici accumulati da funghi patogeni che possono svilupparsi in campo o durante lo stoccaggio. “Nel caso del mais, e in misura minore del frumento – spiega Blandino – il problema principale sono le micotossine, mentre per il riso l’attenzione è rivolta al possibile accumulo di metalli pesanti. In questo caso non si tratta di contaminazioni causate dall’uomo, e per limitare la presenza di queste sostanze tossiche, ma di origine naturale. Occorre minimizzarne il potenziale accumulo soprattutto durante la fase di coltivazione, con l’applicazione di strategie agronomiche integrate, dalla scelta varietale agli interventi di lotta diretta. Tuttavia, se gli andamenti metereologici favoriscono lo sviluppo fungino in campo esiste il rischio di superare i limiti di legge”.
La situazione in Italia
L’Italia è comunque uno dei paesi dove i controlli sulle micotossine sono più attenti: “Innovative tecniche di pulitura consentono di ridurne significativamente le concentrazioni, se tuttavia i limiti di legge non sono rispettati il prodotto passa a una filiera di minor valore economico, come il settore mangimistico per la zootecnia, o nei casi peggiori agli impieghi energetici”, ricorda il docente. Una gestione complessa, in cui spesso è difficile informare correttamente i consumatori delle conflittualità tra gli obiettivi, “per esempio – sottolinea Blandino – il principale rischio sanitario nei cereali è rappresentato dalle micotossine, e l’agricoltura biologica ha meno strumenti per garantirne il controllo nelle annate più critiche, e anche i sistemi di macinazione tradizionali a pietra sono più difficili da gestire in termini di sanità delle farine.
Mentre se venisse vietato l’uso del glifosato sarebbe difficilmente praticabile l’agricoltura conservativa, un sistema di produzione agraria sostenibile che prevede una lavorazione ridotta del suolo”. Per gestire la situazione si interviene con un’ottica integrata, ma si fa ricerca anche su biofunghicidi – conclude il docente – o sulla possibilità di utilizzare dei biocompetitori che prevengono l’inoculo delle micotossine nella spiga”.
* Il 24 ottobre 2023 la commissione Ambiente dell’Europarlamento ha respinto con 40 voti contro 38 (e 6 astensioni) la mozione di rigetto del rinnovo dell’autorizzazione del glifosato per ulteriori 10 anni.
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giornalista scientifica
Ottimo articolo, fondato su basi scientifiche e non emotive.
Sono un agricoltore, bravi, finalmente sento qualcuno parlare con indipendenza con calma e lasciando da parte quella caratteristica che hanno tanti oggi giorno che si chiama isteria. Condivido in pieno il vostro articolo pacato ragionato e senza estremismi.
Con tutto il rispetto per l’esperto che corregge la cattiva comunicazione nel reparto grani antichi ci sono perle molto discutibili ad esempio “non è sempre così?!” in quale percentuale ci sono vantaggi o svantaggi?
oppure ” i grani raffinati sono teoricamente più sicuri?!” perchè?
E nel reparto “pesticidi” livelli di assunzione ci passa una enorme differenza tra “quasi zero” e ” entro i limiti di legge”.
A un prossimo approfondimento.
Dagl’intenti (“Vogliamo promuovere la conoscenza corretta su questi temi…) ai fatti; ho qualche domanda per migliorare la mia/nostra conoscenza.
1) “dal punto di vista fitosanitario i prodotti raffinati sono teoricamente più sicuri di quelli integrali”: a meno che non siano coltivati e trattati secondo le regole dell’agricoltura biologica. È corretto?
2) “Nei prodotti alimentari per consentirne la commercializzazione, le sostanze nocive devono rientrare nei limiti di legge anche se per alcuni contaminanti di origine naturale non si possa garantirne la totale assenza”: a) è già stato più volte detto e ribadito che è possibile rientrare nei limiti, ma se le sostanze sono numerose (pur rientrando nei limiti di ciascuna) è l’effetto potenzialmente sinergico a creare il problema di salubrità. b) i contaminanti di origine naturale (ad es. l’arsenico nel riso) andrebbero segnalati in etichetta, in modo da permettere di non superare determinate soglie (v. malati, bambini e fragili in genere).
3) La presidente dell’associazione Aistec, a proposito dell”acrilammide, afferma che “è giusto tenerne conto, e sapere che se si mangia un alimento completamente carbonizzato non fa bene”: a me risulta che non sono solo gli alimenti carbonizzati a contenerne, ma ogni alimento amidaceo o zuccherino che con il calore subisce una trasformazione chimica. Perché mai l’EFSA avrebbe dettato delle linee guida per limitarne la produzione dato che non mi risultano in commercio degli alimenti carbonizzati?
4) “Sappiamo che le persone mettono al primo posto la preoccupazione per i contaminanti chimici e gli additivi, e all’ultimo quella per i microorganismi patogeni – spiega Massimo Blandino del dipartimento di scienze agrarie dell’Università di Torino, che nell’ambito del convegno ha trattato il tema dei contaminanti della filiera agricola – che invece per i ricercatori rappresentano il principale rischio per la salute, se si esclude la malnutrizione”: forse sarebbe opportuno orientare meglio la ricerca, considerato che sono sempre di più gli studi che correlano determinate patologie a sostanze chimiche che nulla hanno a che vedere con la biologia.
5) “… mentre per il riso l’attenzione è rivolta al possibile accumulo di metalli pesanti. In questo caso non si tratta di contaminazioni causate dall’uomo …”: per l’arsenico è così, ma gli altri metalli pesanti possono essere di origine antropica.
6) “… il principale rischio sanitario nei cereali è rappresentato dalle micotossine, e l’agricoltura biologica ha meno strumenti per garantirne il controllo nelle annate più critiche, e anche i sistemi di macinazione tradizionali a pietra sono più difficili da gestire in termini di sanità delle farine.”: cosa intende per difficoltà a gestire la sanità di farine macinate a pietra? si riferisce ad annate critiche o c’è un problema indipendente dalle annate?
7) “Mentre se venisse vietato l’uso del glifosato sarebbe difficilmente praticabile l’agricoltura conservativa, un sistema di produzione agraria sostenibile che prevede una lavorazione ridotta del suolo”: ne deduco che il glifosato fa bene al terreno, è corretto?
8) “Se parliamo di residui di fitofarmaci nelle granelle dei cereali e nelle farine e alimenti derivati, bisogna tenere conto che per questi contaminanti sono fissati limiti di legge, differenziati per i diversi consumi: alimenti per bambini, alimenti destinati agli adulti e mangimi per il bestiame”: normalmente in una famiglia i bambini – neonati e svezzati a parte – mangiano gli stessi prodotti degli adulti
9) Afferma il prof. Blandino che nei controlli le “concentrazioni di pesticidi superiore ai limiti di legge è estremamente bassa, meno dell’1% dei casi”: andrebbe sempre considerato la quantità delle sostanze usate (sinergia delle sostanze). Un conto è rilevare due sostanze entro i limiti, un altro è rilevarne 8 (v. ad es. le fregole)
a mio modesto parere, si parla di assunzioni tollerabili “entro i limiti di legge” di pesticidi presenti nell’alimentazione umana (ma perché no?, anche non umana) con troppa semplificazione, ben sapendo che ancora tanti studi sono necessari per conoscere la verità circa i loro effetti, singoli ed incrociati, sulla salute. il “primo, non allarmare” non può giustificare questa sorta di spaccio dei limiti scientifici per delle certezze che non possiamo tuttora avere.
Chiara nella complessita’ la spiegazione è cmq x forza allarmante e disarmante. GRAZIE