I bambini piccoli che nell’ambito di una dieta equilibrata mangiano cereali e i loro derivati (*) crescono con un profilo nutrizionale migliore rispetto a quelli che, per vari motivi, ne consumano quantità molto limitate. Il messaggio, forte e chiaro, è il risultato di uno studio sponsorizzato dalla Grain Foods Foundation, fondazione americana che riunisce decine di produttori e associazioni di categoria, pubblicato su Nutrients una rivista peer reviewed, e quindi sottoposto al vaglio di esperti indipendenti del settore.
Lo studio forse vuole rispondere alla decisione del presidente Donald Trump di reintrodurre junk food nelle diete delle mense scolastiche in opposizione ai programmi nutrizionali di Michelle Obama. I ricercatori hanno analizzato i dati della grande indagine sulle abitudini alimentari National health and nutrition examination Survey (Nhanes) per gli anni 2001-2016. Sulla base delle evidenze hanno tratto alcune conclusioni che dovrebbero costituire la base per il primo piano nazionale per l’alimentazione (le Dietary guidelines for Americans 2020-2025) con raccomandazioni specifiche per neonati e bambini piccoli. Ecco, in sintesi, i risultati:
- tra i 6 e i 12 mesi i bambini che mangiano cereali e derivati assumono più fibre, più calcio, acido folico, potassio, magnesio, zinco, fosforo, colina, tiamina, riboflavina e vitamina B6 rispetto agli altri;
- tra i 13 e i 23 mesi assumono anche più fibre, zinco, fosforo, acido folico, riboflavina, vitamina B6, ferro, zinco, magnesio, niacina e vitamina B12 e vitamina A rispetto a chi non ne consuma.
In altre parole, chi mangia cereali ( integrali o raffinati) ha un profilo nutrizionale più vicino alle indicazioni dei pediatri americani per un’alimentazione il più possibile completa. Tra l’altro, in entrambe le fasce di età, chi è abituato a consumare cereali mangia anche più spesso frutta fresca, legumi, latte e latticini, pesce, alimenti proteici e grassi saturi.
Ci sono altri aspetti cui prestare attenzione, soprattutto nei cereali per la prima colazione. Se è ammessa l’aggiunta di piccole quantità di zucchero, sale o grassi per renderli più appetitosi, bisogna però controllare che le calorie assunte non siano eccessive, per combattere e prevenire il sovrappeso già nella prima infanzia e non abituare i piccoli a un gusto eccessivamente dolce, salato o grasso.
Può essere invece valida la supplementazione con oligoelementi (cui gli americani, a differenza degli europei, sono particolarmente affezionati), purché non si ecceda.
In definitiva, tranne che in casi accertati dal medico, i cereali e i loro derivati – integrali e raffinati – andrebbero dati ai bambini a cominciare dai sei mesi di età, tenendo presente che le carenze associate alla loro esclusione dalla dieta possono avere conseguenze sulla crescita e lo sviluppo.
(*) Il gruppo alimentare dei cereali definito dalla Usda a cui fa riferimento lo studio comprende:
- Cereali integrali: amaranto, orzo, riso integrale, grano saraceno, bulgur, miglio, avena, popcorn, quinoa, segale integrale, triticale, polenta integrale, farina di frumento integrale, grano integrale spezzato, riso selvatico e derivati prodotti con cereali 100% integrali o le loro farine.
- Cereali raffinati: cereali senza il germe o decorticati e le loro farine, polenta, masa, graniglie di mais, crusca di ogni cereale, crema di riso, crema di grano, grano spezzato, orzo maltato o farine maltate, orzo perlato, segale raffinata, glutine di frumento e riso bianco.
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Giornalista scientifica