La povertà nel piatto: gli italiani hanno ridotto i consumi di carne, pesce, verdura e frutta in relazione al reddito. L’indagine del Censis sulle abitudini alimentari
La povertà nel piatto: gli italiani hanno ridotto i consumi di carne, pesce, verdura e frutta in relazione al reddito. L’indagine del Censis sulle abitudini alimentari
Beniamino Bonardi 31 Ottobre 2016Il Censis ha realizzato una ricerca sui cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani, da cui risulta che nell’ultimo anno 16,6 milioni di persone hanno ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce, 9,8 milioni la pasta, 3,6 milioni la frutta, 3,5 milioni la verdura. E meno si guadagna, più si risparmia nella scelta del cibo: negli ultimi 7 anni la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2%, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4 e tra i disoccupati del 28,4%. La disparità sociale, secondo la ricerca del Censis anticipata da Repubblica, si ritrova in ogni tipo di cibo: hanno tagliato il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% dei benestanti, quello di pesce il 35,8% dei meno abbienti contro il 12,6% dei più ricchi. Per la verdura, il consumo familiare è diminuito del 15,9% tra chi ha basso reddito rispetto al 4,4% . Per la frutta, la riduzione tocca il 16,3% dei meno abbienti e solo il 2,6% delle famiglie con un reddito elevato.
«Questo significa che molti non possono permettersi i cibi base della dieta mediterranea. La tavola diventa così luogo di iniquità sociale, che produrrà rilevanti costi sociali: sempre più gente malata o obesa», sottolinea Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis. La ricerca evidenzia come il tasso di obesità sia più alto nelle regioni dove i redditi sono più bassi e la spesa alimentare in forte diminuzione. Al Sud, per esempio, negli ultimi sette anni la spesa è scesa del 16,6 % e il reddito è di un quarto inferiore alla media nazionale: qui le persone obese e in sovrappeso sono il 49,3%, ossia quasi metà della popolazione.
Purtroppo i dati sono da più parti contrastanti: leggevo qualche giorno fa su Repubblica che sono aumentati i consumi di frutta verdura e pesce.
Comunque la si voglia guardare c’è sempre un dato da tenere presente: una grossa fetta del cibo ACQUISTATO finisce nella spazzatura. Ora come si fa ad avere un dato netto e preciso su cosa e quanto mangiamo?
Misurare la spesa non ha alcun significato, magari mangiamo uguale a prima spendiamo meno semplicemente perchè non buttiamo via nulla.
Secondo me anche una più evoluta coscienza etica ed ambientale ha influenzato la diminuzione del consumo di proteine animali. Se la minore ricchezza ha portato a minor spreco e maggior rispetto di tante creature non umane ben venga.
Dati sempre da interpretare.
Calati i consumi o la spesa relativa ?
In tempi di vacche magre si sta molto piu’ attenti. Si sfruttano le offerte e i tagli meno pregiati e/o meno costosi. In un qualunque supermercato trovate (magari non tutti i giorni, ma spesso) pollo e maiale (petti interi e braciole) a meno di 5 euro al kg. E “fettine” di manzo o vitello (bocconcini, arrostini) a meno (a volte molto meno) di 10 euro al kg. Magari non compri i gamberoni freschi (che arrivano a 60 euro al kg) ma prendi quelli argentini surgelati da 12 .
L’altra questione e’ relativa allo spreco del cibo. Se “prima” si buttava senza ritegno, soprattutto pane, verdura, frutta “avanzate”, magari adesso si calibrano gli acquisti per limitare gli sprechi.
Spendere meno non equivale necessariamente a mangiare meno (o peggio, anzi …)