A livello mondiale si stima che la celiachia colpisca circa l’1% della popolazione. In Italia, sulla base dei dati al 31 dicembre 2016, la percentuale risulta essere lo 0,33%. Questo significa che in giro ci sono 407.467 celiaci non diagnosticati. È quanto emerge dalla Relazione annuale del Ministero della salute al parlamento.
Dalla mappatura epidemiologica, al 2016 risultano diagnosticati in Italia 198.427 celiaci, di cui 2/3 appartenenti alla popolazione femminile e 1/3 a quella maschile. La fascia di età più numerosa è quella che va dai 19 ai 40 anni con 69.038 celiaci (34.79 %), seguita dalla fascia di età 41-65 anni con 62.572 celiaci (31.53%). La Regione con più celiaci (37.907) è la Lombardia, seguita dal Lazio con 19.325 e dalla Campania con 18.720. Considerando le aree geografiche, il 46% è concentrato al Nord, il 21% al Centro, il 22% al Sud e l’11% nelle Isole.
Nel 2016, il numero totale delle nuove diagnosi è stato di 15.569. Le Regioni in cui si sono registrate maggiori nuove diagnosi sono la Lombardia con +5.499, seguita dal Lazio con +1.548 e dall’Emilia Romagna con +1.217. L’incremento è ancora più marcato se si confrontano i dati del 2016 con quelli del 2014, con oltre 26 mila nuove diagnosi a livello nazionale. Un aumento, secondo il Ministero della salute, “forse favorito dalla maggiore sensibilizzazione ma anche dai nuovi indirizzi scientifici”.
La celiachia è una condizione permanente in cui il soggetto che ne risulta affetto deve escludere rigorosamente il glutine dalla sua dieta. Questa patologia, ormai classificata come malattia cronica, si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti e colpisce circa l’1% della popolazione. Tuttavia, solo un individuo su sette è correttamente diagnosticato, mentre la maggior parte dei soggetti celiaci risultano non ancora diagnosticati o mis-diagnosticati. Questi pazienti quindi, pur essendo celiaci, continuano ad assumere glutine con la dieta, per cui da una parte lamentano i segni e sintomi legati alla malattia e dall’altra si espongono al maggiore rischio di sviluppare complicanze.
La dieta senza glutine è ancora l’unica terapia per le persone affette da celiachia. Il Ministero della salute sottolinea che “si tratta di una vera e propria terapia e non di un regime dietetico per perdere peso o stare in forma, come invece molte volte i media propongono”.
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Ma quindi voi attribuite al dato dell’1% un valore scientifico?
Se fosse così allora i ricercatori come si spiegano una malattia alimentare di così vasta portata? Considerando anche che l’uomo agricoltore di 10 mila anni fa ha prodotto l’estinzione di chi non si è adattato a mangiare cereali, come si spiega l’1% di intolleranti totali?
C’è qualche cosa che non va.
Purtroppo, oltre alla valutazione probabilistica sull’incidenza della celiachia nella popolazione italiana, c’è anche quella non ancora valutata ma sicuramente presente definita sensibilità al glutine (gluten sensitivity), come studi aggiornati sulle intolleranze al frumento hanno riconosciuto.
Per contribuire alla discussione riporto nel merito uno stralcio da “IL FRUMENTO, LA PRINCIPALE FONTE ALIMENTARE DELL’UMANITÀ” a cura della SOCIETÀ ITALIANA DI GENETICA AGRARIA insieme alla SOCIETÀ ITALIANA DI BIOLOGIA VEGETALE:
” Recentemente è stata codificata una tossicità al glutine diversa dalla malattia celiaca e definita come sensibilità al glutine non celiaca (gluten sensitivity), una patologia associata a problemi addominali aspecifici, ma senza alterazioni nei valori delle transglutaminasi e senza le lesioni intestinali proprie della celiachia.
A differenza dell’allergia al grano e della celiachia, che sono malattie ben definite con criteri diagnostici universalmente accettati, la gluten sensitivity rappresenta una nuova entità. I suoi criteri diagnostici sono ancora in via di definizione e dunque al momento non si dispone di test diagnostici specifici.
Sul piano clinico, la sintomatologia che si manifesta in seguito all’assunzione di glutine è caratterizzata da disturbi gastrointestinali (es. meteorismo, dolori addominali, diarrea o stipsi o alvo alterno) ed extraintestinali. Tale quadro clinico va in remissione con l’eliminazione del glutine/frumento dalla dieta, resta tuttavia ancora da comprendere esattamente quali sono i composti che scatenano questa reazione. Recenti studi identificano negli inibitori dell’amilasi/tripsina (ATI) e nei cosiddetti FODMAP (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili) altre possibili cause o concause scatenanti la gluten sensitivity.
La risposta all’eliminazione del glutine/frumento è in genere rapida e porta ad un significativo miglioramento clinico nel giro di pochi giorni. La gluten sensitivity si manifesta tra l’adolescenza e l’età adulta, mentre è estremamente rara in età pediatrica.”
Cause ancora tutte da definire, ma che non significa che non sia una sofferenza reale ma solo immaginaria, come da qualche parte si vorrebbe far credere, catalogandola nel trend modaiolo per dimagrire.
Se ai numeri della celiachia patologica diagnosticata oppure presunta, aggiungiamo quelli della sensibilità al glutine/frumento, il totale potrebbe essere molto elevato e non si sa se in aumento reale oppure solo perché finalmente diagnosticata.
l’Homo sapiens ha smesso di correre dietro ai Mammut quando le migliori e più coraggiose, se non temerarie) menti del villaggio, complice il miglioramento climatico con la fine dell’ultima glaciazione, hanno individuato, assaggiato e selezionato (sicuramente con molti errori esiziali) piante commestibili, nutrienti, conservabili, riproducibili, coltivabili : nasce l’agricoltura, la più nobile delle attività umane e propedeutica a tutte le altre.
Il tuttora sopravvissuto farro monococco che racchiude in sé tutte quelle favorevoli caratteristiche, primo un vantaggioso equilibrio fra nutrienti e una buona percentuale di ottime proteine, in primis GLUTINE, è il cereale capostipite di quella che è stata la più grande rivoluzione-conquista dell’umanità che ha permesso lo sviluppo di società complesse passando dal Paleolitico al Neolitico e quindi al Bronzo e al Ferro alla civiltà greco-romana fino all’Illuminismo scientifico-sperimentale con un esponenziale crescita del benessere (malgrado 10 000 anni di glutine, SignoraMia!) e delle aspettative di vita che oggi tanto vengono messe in discussione da annoiati modaioli profeti di un’ epoca “nuova” : il CIALTRONEVO.
In questa logica perlomeno scorretta, nasce il sospetto che poi si trasforma in evidenza e quindi in fermo rifiuto della strumentalizzazione ideologica ripresa furbescamente da uno spregiudicato marketing che specula sull’esaltazione delle inevitabili presenze di minor accettabilità di alcune componenti presenti un po’ in tutti i cibi, non nati specificatamente per nutrire l’uomo.
La glutine-fobia è chiara sintesi di questo fenomeno inizialmente marginale, non a caso poi sdoganato ed esaltato non da rigorosi personalità scientifiche, ma da testimonial di Hollywood che grazie ad un web disinformato e permeabile è dilagato, degenerato meglio, infine in vero e proprio preoccupante fenomeno sociale di costume.
Intolleranze, allergie, difficoltà digestive per assenza/presenza di enzimi non sono esclusiva dei cereali e del glutine, ma riguardano tutti i cibi e in particolare i LEGUMI che tutti oggi invece esaltano con pericolosa faciloneria dimenticando o sottovalutando nell’ardore delle crociate ideologiche, o, peggio, del prezzolato marketing allarmista, i gravissimi rischi del favismo, del latirismo, dell’acido fitico, delle saponine ecc.
Massima attenzione e rispetto ai veri affetti da patologie vere e studiate solo recentemente (meno di 50 anni) come la celiachia e, fortunatamente, in poderoso aumento non dei casi ma delle conoscenze, ma , ripeto nessuna strumentalizzazione marchettara per imporre subdolamente ad es. taumaturgici grani antichi-vintage. Del resto solo recentemente, e grazie alle proteste di pochi coraggiosi scienziati, finalmente dichiarati con ferma chiarezza altrettanto pericolosi e proibiti per il celiaco.
Sempre più forte comunque l’ipotesi “virus” scatenante celiachia
http://science.sciencemag.org/content/356/6333/44.abstract
Reovirus infection triggers inflammatory responses to dietary antigens and development of celiac disease
R Bouziat, R Hinterleitner, JJ Brown… – …, 2017 – science.sciencemag.org
http://www.ilfattoalimentare.it/celiachia-virus-glutine-vaccino.html
“… In entrambi i casi i topi hanno eliminato senza problemi il reovirus. Tuttavia dopo l’infezione i topi attaccati da una delle due varianti, se nutriti con cibo contenente glutine, sviluppavano una risposta infiammatoria del sistema immunitario
… bambini con un sistema immunitario ancora immaturo sono molto suscettibili alle infezioni virali. Quando il glutine viene introdotto per la prima volta nella dieta, proprio mentre è in atto un’infezione da reovirus, quest’ultimo in qualche modo potrebbe confondere il sistema immunitario…”
“…ulteriore indizio di essere sulla strada giusta viene dal fatto che gli studiosi hanno anche riscontrato come i celiaci abbiano mediamente livelli più alti di anticorpi contro i reovirus rispetto ai non celiaci…”
Ma il furore ideologico non si quieta certo così facilmente e allora ecco spuntare il tarlo della “Gluten Sensitivity,” certo un problema esiste, s’intravvede, ma è artificialmente GONFIATO, sovrastimato, assolutamente lontano da quanto desidererebbe il marketing che auspica il trasloco da pasta-pane a cibi più elaborati e soprattutto REMUNERATIVI
Nonceliac gluten sensitivity or wheat intolerance syndrome?
S Guandalini, I Polanco – The Journal of pediatrics, 2015 – jpeds.com
“…How common is NCGS?…As a result, various estimates ranging from 0.6 % based on rigorous national US surveys to around 6% to a WHOPPING 50% of the general population in some popular WEBSITES (ma guarda un pò….)
La tanto sbandierata “gluten sensitivity” o meglio ridefinita in ambito medico NCGS (sensibilità al glutine non celiaca) e più recentemente Wheat Intolerance Syndrome (“ more honest term” sempre secondo Guandalini 2015) è argomento assolutamente non definito in ambito scientifico internazionale…. (Gibson et al 2012, Biesiekierski et al. 2011). Da studi recenti inoltre emerge che ad incidere in maniera importante sullo sviluppo dei sintomi sembrano essere anche i conservanti e gli addittivi alimentari come glutammato, benzoato, solfiti, nitrati e i coloranti. Recente è anche l’ipotesi che trova sempre più riscontri che a scatenare i disturbi gastrointestinali non sia il glutine ma un gruppo di carboidrati, i cosiddetti FODMAPS ossia «Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili», presenti si nei cereali, ma anche in alimenti come il latte, le mele, le cipolle e molti altri. “Graditi” alla flora intestinale, con conseguente fermentazione, produzione di gas e di acidi grassi.
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0016508513007026
No effects of gluten in patients with self-reported non-celiac gluten sensitivity after dietary reduction of fermentable, poorly absorbed, short-chain carbohydrates
JR Biesiekierski, SL Peters, ED Newnham, O Rosella… – Gastroenterology, 2013 – Elsevier
Una dieta che escluda questi carboidrati, sviluppata per la prima volta nel 2008 (Shepherd, Susan J., et al., Dietary Triggers of Abdominal Symptoms in Patients With Irritable Bowel Syndrome: Randomized Placebo-Controlled Evidence, in «Clinical Gastroenterology and Hepatology», 6.7, 2008, pp. 765-771.) ,
riesce ad alleviare i sintomi di chi soffre di sindrome del colon irritabile, cosa che invece non può fare totalmente una dieta senza glutine perché non esclude altre possibili fonti che scatenano la reazione.
“Uno dei problemi è che se un paziente ha un miglioramento, anche parziale, a seguito di una dieta senza glutine, non è necessariamente detto che il problema sia proprio il glutine, dato che nel frumento sono presenti molte altre sostanze. Concentrarsi troppo sul glutine e accusarlo definitivamente in questa fase ancora esplorativa potrebbe essere controproducente, ma se la ricerca scientifica ha i suoi tempi, in questo regno di incertezza il marketing alimentare è invece entrato a gamba tesa, grazie agli enormi interessi economici in gioco”
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/08/vade-retro-glutine/?refresh_ce
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/apt.13372/full
Randomised clinical study: gluten challenge induces symptom recurrence in only a minority of patients who meet clinical criteria for non‐coeliac gluten …
B Zanini, R Baschè, A Ferraresi, C Ricci… – Alimentary …, 2015 – Wiley Online Library
Nell’esperimento in doppio cieco su pazienti autodiagnosticati NCGS,
il 17% non ha evidenziato nessun sintomo e il 67% non è stato capace di identificare esattamente quando veniva somministrato glutine.
Si confermano le conclusioni di altri lavori che evidenziano il probabile effetto scatenante dei FODMAPS (oligosaccaridi fermentabili) più che del glutine, contenuti oltre che nel grano anche in altri alimenti (NCSG rinominata WIS)
E sempre più evidente il ruolo dell’effetto NOCEBO (contrario di placebo) in cui lo stesso paziente fa scatenare la reazione perché percepisce in anticipo come nocive le caratteristiche del farmaco o alimento che sta assumendo
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1542356515001536
Small amounts of gluten in subjects with suspected nonceliac gluten sensitivity: a randomized, double-blind, placebo-controlled, cross-over trial
A Di Sabatino, U Volta, C Salvatore, P Biancheri… – Clinical …, 2015 – Elsevier (univ Pavia, Gastroenterologia)
…in altre parole, forse la sensibilità al glutine esiste, ma riguarda una piccola percentuale di persone, mentre il 95% dei soggetti che sostengono di essere sensibili sono probabilmente vittime dell’effetto nocebo.
La maggior parte dei pazienti, infatti, mostra gli stessi sintomi sia assumendo il glutine sia il placebo, che nel caso specifico era amido di riso…
Comunque sia c’è sempre un 99% o giù di lì che non è intollerante al glutine e che può mangiare pasta e pane. Tra l’altro a me il pane piace tantissimo e sarebbe una sofferenza doverne fare a meno.
Ciò non di meno tra questa gluten sensitivity e la celiachia c’è un totale di ammalati che non è spiegabile come una aberrazione cromosomica ma a me sembra una malattia da frumento e/o inquinanti. Non so dove stia l’inghippo ma da qualche parte c’è perché sono convinto che il frumento dell’uomo preistorico non dava nessun problema ai nostri progenitori e quelli che avevano la gluten sensitivity o la celiachia 10 mila anni fa sono tutti morti. Non c’è alcun DNA che si sia propagato fino ai giorni nostri con una intolleranza al glutine o almeno al glutine di 10 mila anni fa.
Facciamo indagare e rispondere alla Ricerca internazionale seria.
Intanto ridimensioniamo allarmismo prezzolato e discredito becero-populista della Scienza.
Registro che siamo praticamente d’accordo su quasi tutto ed in particolare sul fatto che per l’attuale superhomo sapiens, purtroppo non c’è ancora certezza di nulla (cause, sintomi, incidenza, ecc…).
Restiamo in attesa di ulteriori e seri studi condivisi; attesa pessimistica per come la penso io, ottimistica per come la vede lei, sull’incidenza della vera intolleranza più o meno grave, perché per l’allergia celiaca c’è solo da fare diagnosi precoce ed estesa a tutta la popolazione, almeno con un primo test indicativo eventualmente da approfondire se positivo.
Sono anche assolutamente d’accordo che il problema intolleranze individuali può riguardare praticamente tutti gli alimenti, nessuno escluso ed in particolare per la composizione proteica presente in ogni alimento, eccezion fatta naturalmente per l’incapacità digestiva dello zucchero del latte ed altri oligosaccaridi.
Il grano dei nostri giorni è un grano differente rispetto a quelli più antichi (Senatore Cappelli, Gentil Rosso, Verna). Il glutine ‘moderno’ si ‘frammenta’ per così dire in porzioni più piccole passando la barriera intestinale, sollecitando il sistema immunitario e dando il via alla così detta ‘sindrome dell’intestino permeabile o poroso’, secondo recenti studi. La causa non sarà del tutto nota ma esiste una distrazione immunologica causata vuoi dal glutine vuoi da altre molecole del frumento che oramai è una evidenza. Restiamo in attesa di ulteriori ricerche in merito e prendiamo comunque già atto che la tanto decantata dieta Mediterranea è forse oggi non più completamente riproducibile anche per queste differenze qualitative degli alimenti…
“ormai un’evidenza”? Secondo chi? Autosuggestione?
Il costitutore del pluriabusato panaceico demagogico grano duro Cappelli, selezione tunisina, il grande Strampelli lavorò soprattutto sul miglioramento genetico del grano tenero attraverso incroci (ebbene sì!) con materiale proveniente da ogni parte del mondo.
Uno dei primi suoi grandi successi fu il tenero Ardito, ottenuto incrociando Rieti Originario, resistente alla ruggine nera, con il Wilhelmina Tarwe, varietà olandese ad alta produttività (incrocio tra una varietà locale olandese e una inglese), e reincrociando il risultato con l’Akakomugi, frumento giapponese caratterizzato da taglia bassa (gene Rht8) e maturazione precoce (gene Pdp-D1, insensibilità al fotoperiodo). Con il risultato straordinario (che oggi sarebbe SCANDALO !) che maturava 15-20 giorni prima del Rieti; era alto 80-100 cm (HI più elevato); resisteva al freddo e alla ruggine; era molto produttivo
E i nostri NONNI il pane lo facevano con quei grani moderni, modernissimi…E VERNA (1953) è più “moderno” di Ardito.
“…I grani vecchi, fasullamente antichi, non sono “meglio” di quelli moderni da questo punto di vista, ma rischiano anche di essere più allergenici. È interessante che alcune delle varietà antiche studiate sono proprio quelle che ora vanno per la maggiore: Cappelli, Timilia, Russello, Saragolla. Queste di sicuro non sono meglio…..
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S116103011730045X
M De Santis, M. Giuliani, L Giuzio, P De Vita, A Lovegrove, P R. Shewry, Z Flagella,
European Journal of Agronomy
Volume 87, July 2017, Pages 19-29
Differences in gluten protein composition between old and modern durum wheat genotypes in relation to 20th century breeding in Italy
sia tra i grani vecchi, “fasullamente antichi”, che tra quelli più recenti si sono varietà più tossiche e varietà meno tossiche. SONO I SINGOLI peggiori o migliori, NON LE “CATEGORIE”…
“..è noto come le gliadine alpha e gamma contengano molti epitopi tossici per i celiaci. In questo studio non si è trovato un effetto significativo del miglioramento genetico sull’espressione di queste proteine […]In più la gliadina omega-5, che dà particolari problemi agli allergici, è particolarmente presente nei grani antichi.”
Concludono dicendo che
“non sono state trovate differenze significative tra varietà vecchie e nuove per quel che riguarda le alpha e gamma gliadine, considerate le maggiori responsabili della tossicità per i celiaci. In più nei grani moderni si è assistito a una riduzione della gliadina omega-5, un allergene importante.”
Quindi, non solo i grani vecchi, fasullamente antichi, non sono “meglio” di quelli moderni da questo punto di vista, ma rischiano anche di essere più allergenici. È interessante che alcune delle varietà antiche studiate sono proprio quelle che ora vanno per la maggiore: Cappelli, Timilia, Russello, Saragolla. Queste di sicuro non sono meglio…..
Analoghe conclusioni in
[Ribeiro, M., Rodriguez-Quijano, M., Nunes, F. M., Carrillo, J. M., Branlard, G., & Igrejas, G. (2016). New insights into wheat toxicity: breeding did not seem to contribute to a prevalence of potential celiac disease’s immunostimulatory epitopes. Food Chemistry, 213, 8-18.]
su 53 varietà moderne di frumento, 19 popolazioni antiche non selezionate (chiamate “landraces”), 20 farri spelta, 15 duri moderni e 19 popolazioni antiche non selezionate di grano duro. Ci sono 126 varietà e specie provenienti un po’ da tutto il mondo.
“le vecchie popolazioni di frumento tenero, non soggette a miglioramento genetico, mostrano un contenuto di epitopi tossici più elevato delle varietà moderne. Possiamo quindi concludere che il miglioramento genetico non ha contribuito alla prevalenza degli epitopi immunostimolanti per la celiachia”.
Basta leggende e conclusioni fantasiose prive di qualsivoglia riscontro scientifico che trovano virale condivisa veemenza sfogandosi nel distruggere rabbiosamente il benessere alimentare raggiunto nell’ultimo secolo
Ringrazio Fabrizio per la segnalazione dell’interessante studio sulle caratteristiche qualitative delle componenti proteiche in varie tipologie di grani duri, dal titolo:
“Differenze nella composizione delle proteine del glutine tra genotipi di grano duro vecchi e moderni, in relazione alle colture del 20 ° secolo in Italia”
Di cui riporto la sintesi delle conclusioni dello studio, utili per la discussione:
“In conclusione, la coltivazione del grano duro condotto in Italia nel XX secolo sembra aver migliorato la qualità del glutine di grano in relazione sia alle prestazioni tecnologiche sia al potenziale allergenico.
In particolare, l’introduzione di alleli di alta qualità e l’espressione più elevata di LMW-GS di tipo B sono responsabili della migliore resistenza del glutine e la marcata diminuzione del tipo ω e in particolare l’espressione di gliadina ω-5 può indicare una potenziale allergenicità inferiore delle moderne varietà.
Sono necessari ulteriori studi per esplorare questo argomento e per supportare questi risultati, anche in relazione all’influenza ambientale e gestionale, applicando le nuove tecnologie -omics.”
Segnalo che anche per chi ha condotto questi studi servono ulteriori ed approfondite ricerche per la conferma delle loro evidenze, vorrei segnalare che un conto è studiare la sensibilità immunitaria dei predisposti alla patologia celiaca ed altro conto è il capitolo metabolico con tutte le sue caratteristiche e conseguenze sulla digeribilità ed assimilazione di un alimento.
Due problematiche non confondibili ne sovrapponibili, che vanno analizzate ed approfondite separatamente.
La prima dal punto di vista immunologico come studiato e relazionato nell’interessante studio, la seconda metabolica ancora tutta da affrontare dal punto di vista nutrizionale, con studi specialistici di biologia e fisiologia umana.