Prosegue il dibattito sulla revisione della “direttiva quadro” 2009/39/CE sui prodotti alimentari destinati a un’alimentazione particolare. In vista della discussione che avrà luogo il 20 dicembre al Parlamento europeo, l’onorevole Patrizia Toia ha organizzato a Strasburgo una tavola rotonda per raccogliere le posizioni condivise dell’Associazione Italiana per la Celiachia (Aic) e di Aiipa (l’Associazione che rappresenta le industrie alimentari di settore). Perché tanta agitazione? 

La legislazione europea attualmente distingue i cibi comuni (o “di uso corrente”) dagli alimenti dietetici (o “dieto-terapici”), suddivisi a loro volta in sei categorie:

1) alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento,

2) alimenti per lo svezzamento di lattanti e bambini,

3) alimenti a fini medici speciali,

4) alimenti dietetici per le persone con intolleranza al glutine,

5) alimenti per il controllo del peso,

6) alimenti per sportivi.

La Commissione europea ha di recente proposto una drastica riforma delle regole che farebbe venire meno le tutele sinora riconosciute ai celiaci, agli sportivi e a coloro che debbano controllare il peso. Un approccio contestato dai rappresentanti delle categorie vulnerabili di consumatori, insieme a quelle dei produttori, perché le regole stabilite per i cibi comuni sono del tutto inidonee a offrire le garanzie necessarie sulle produzioni e i prodotti.

La riforma sarà decisa mediante accordo tra Commissione, Parlamento e Consiglio. E purtroppo al Consiglio gli unici Paesi che sostengono l’esigenza di adeguate tutele sono l’Italia, la Germania e in parte la Francia. Gli altri vorrebbero invece abbattere ogni specifico requisito e controllo, all’insegna della liberalizzazione.

Le Associazioni italiane dei consumatori e dei produttori si appellano perciò agli eurodeputati per combattere l’esclusione dei celiaci dalle categorie della popolazione che lo schema di regolamento definisce “vulnerabili” e l’esclusione dei prodotti senza glutine da quelli ritenuti “essenziali per gruppi vulnerabili della popolazione”.

Le due essenziali ragioni sono spiegate da Caterina Pilo, Direttore Generale di AIC: «La celiachia è una malattia, autoimmune, multifattoriale, a componente genetica ed irreversibile, cioè senza guarigione. La dieta senza glutine è l’unica terapia, rigorosa e perenne, oggi nota per il trattamento della celiachia, paragonabile quindi al farmaco salva vita».

A supporto dei propri argomenti, Aic presenta i pareri scientifici allegati (del professor Carlo Catassi, sulla dieta senza glutine, e del professor Umberto Volta, sulla celiachia CD).

Non ha senso derubricare la celiachia da malattia a banale stile di vita o abitudine alimentare volontaria. E non si devono sottovalutare i rischi in cui il celiaco incorre nel caso di inosservanza di una dieta rigorosamente senza glutine: rischi di malattie anche irreversibili di grave impatto anche sui costi della sanità pubblica, dal linfoma intestinale all’osteoporosi, diabete mellito, tiroidite autoimmune, epilessia con calcificazioni cerebrali.

Dario Dongo

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