Come era stato ampiamente previsto e annunciato, ieri la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che sancisce il divieto di produzione e commercializzazione di carne coltivata. E come se non bastasse, pone anche restrizioni sulle denominazioni delle alternative vegetali alla carne. La legge prevede sanzioni da 10mila a 60mila euro per ogni violazione.
Il presidente di Coldiretti attacca i sostenitori della carne coltivata
Poteva quindi essere un tranquillo pomeriggio di votazioni scontate, quello di ieri. Invece, al di fuori dell’Aula è arrivata l’aggressione, del tutto immotivata, di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, nei confronti dei deputati della Repubblica Francesco Magi e Benedetto Della Vedova. Questi ultimi stavano manifestando pacificamente contro l’approvazione, insistendo agli aspetti legati al diritto internazionale sull’accesso alla ricerca. Urla, insulti e spinte interrotti solo dall’intervento dalla Digos, che non avevano alcuna ragione. Per mesi, infatti, il ministro ha ripreso, senza neppure darsi la pena di farli riscrivere, i manifesti e le dichiarazioni di Coldiretti, e il via libera della Camera era più che scontato.
Tanto nervosismo proviene, probabilmente, dalla consapevolezza che si tratti di una battaglia puramente ideologica, motivata dagli interessi economici delle lobby di produttori di carne italiani ma, soprattutto, di qualcosa di antistorico. La decisione della Camera è infatti destinata a fallire e finire in un cassetto, come numerosi altri provvedimenti del governo, rivelatisi inapplicabili. L’aggravante è che in questo caso si prevedono costi economici rilevanti.
Una legge dalle conseguenze negative per il Paese e i consumatori
Gli effetti certi della legge, ammesso che il Presidente della Repubblica la firmi e la promulghi – più di un costituzionalista ha espresso molti dubbi in merito – sono chiari. Impedirà in Italia la ricerca e lo sviluppo sulla carne coltivata, causando la fuga all’estero di cervelli e capitali. Priverà i consumatori del diritto di scelta, costringendoli, quando l’Europa approverà la commercializzazione della carne coltivata, a consumare prodotti realizzati in altri Paesi. Un altro aspetto da considerare è che, secondo alcuni giuristi, il provvedimento votato esporrà l’Italia al rischio di procedura di infrazione e a pagare multe salatissime.
La senatrice a vita e scienziata competente nel settore delle cellule staminali Elena Cattaneo ha più volte spiegato che la norma è una sorta di obbrobrio, dal punto di vista scientifico, per le assurdità contenute. Conscio del rischio di derogare dai regolamenti europei, il Governo aveva avviato la procedura TRIS. Si tratta di un processo obbligatorio che prevede appunto la notifica all’UE, evidenziando il fatto che si sta per votare una legge in contrasto con quelle comunitarie, argomentando l’anomalia. Ma poi ci ha ripensato, ritirando la notifica, quasi certamente per mancanza di motivazioni valide (leggi il nostro articolo sul ritiro della notifica all’Unione Europea). E ciò espone l’Italia al rischio di multe e potrebbe rendere la legge, di fatto, nulla.
Ignorate le associazioni favorevoli alla carne coltivata
Nel frattempo, come ha denunciato il Good Food Institute Europe (GFI Europe), ente no profit da anni in prima linea nel sostenere la ricerca e la diffusione di informazioni corrette sulle fonti proteiche alternative alla carne di allevamento, lo stesso Governo ha escluso l’Alleanza Italiana per le Proteine Complementari dal dibattito. L’Alleanza riunisce imprese e associazioni che lavorano su proteine vegetali, carni coltivate e altre proteine tra le quali Agricoltura Cellulare Italia, Alternative Protein International, Bruno Cell, Essere Animali, Good Food Institute Europe e Mosa Meat. L’associazione, infatti, non ha potuto partecipare alle audizioni alla Camera, con una grave lesione del diritto.
“L’apertura del ciclo di audizioni – riferisce Francesca Gallelli, del GFI – è diventata pubblica quando il termine per chiedere di poter partecipare era scaduto. Informare il dibattito parlamentare è stato quindi impossibile, se non con il passivo invio di una memoria scritta.” Non è andata meglio a Bruno Cell, la start up di Trento più avanti negli studi (tra le ultime scoperte: la possibilità di partire anche dalle piume di gallina, e non dal muscolo, per arrivare alla carne), che ha ricordato: “Durante il recente dibattito al Senato, la nostra start up è stata dapprima inserita tra gli audibili, per poi essere completamente ignorata. Ora (alla Camera) è andata anche peggio, visto che non ci è stata data neanche la possibilità di candidarsi al dibattito”. Si tratta di un comportamento che affianca quello visto in piazza Montecitorio da parte di Prandini di Coldiretti.
Il divieto alla carne coltivata ostacola la ricerca
Poi c’è l’aspetto della ricerca, sottolineato in queste ore da +Europa e dall’Associazione Luca Coscioni. Come ha spiegato Marco Perduca in un articolo pubblicato su Huffington Post, esistono regolamenti internazionali, che l’Italia ha sottoscritto. Tra questi c’è il Patto internazionale sui diritti, economici, sociali e culturali che, tra le altre cose, prevedono il rispetto del diritto di beneficiare del progresso scientifico, indipendentemente dall’oggetto degli studi.
Dal 2020, spiega Perduca, “le Nazioni unite hanno adottato un “Commento generale” (n.25 sulla scienza) che chiarisce quali siano gli obblighi degli Stati. Tra questi, oltre a trasparenza e inclusione del processo legislativo, e alla necessità di basare nuove norme su evidenze scientifiche consolidate, vi è anche la cautela nell’applicazione del principio di precauzione. Per le Nazioni Unite tale principio non può essere applicato prima che le ricerche avvengano, e in alcun modo può esser previsto con durata irragionevole”. In altre parole, la legge vìola il principio secondo cui ci si deve basare sui fatti, e non sugli slogan (di Coldiretti). Si devono aspettare studi scientifici conclusivi prima di prendere provvedimenti contro la carne coltivata. Inoltre lede gravemente il diritto di ogni italiano, se lo desidera, di beneficiare dei frutti della ricerca scientifica.
I Governi europei sostengono il settore della carne coltivata
Il Governo inoltre non mostra alcun tipo di interesse o preoccupazione né per gli aspetti ambientali e di salute associati agli allevamenti intensivi italiani, né, tantomeno, per il benessere animale. Oltre a questo c’è poi il confronto impietoso con ciò che sta accadendo in Europa. Come ricorda il Good Food Institute, nel 2022 i Paesi Bassi hanno annunciato 60 milioni di euro di finanziamenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo della carne coltivata e della fermentazione di precisione. Nel Regno Unito, il governo ha stanziato 12 milioni di sterline per le proteine sostenibili, tra cui la carne coltivata. Il governo danese, invece, ha di recente presentato un piano nazionale per sostenere l’industria nazionale dei prodotti vegetali.
Il governo spagnolo, dal canto suo, ha investito 5,2 milioni di euro in un progetto che studia il potenziale della carne coltivata nel prevenire le malattie legate all’alimentazione. In Catalogna, il governo federale ha recentemente investito 7 milioni di euro in un centro di ricerca che aiuterà le aziende a scalare la produzione di carne a base vegetale e ottenuta tramite fermentazione. Quest’ultima utilizza organismi come il lievito per produrre proteine animali e altri ingredienti che riproducono il sapore e la consistenza di carne, latticini e uova senza allevare animali.
La crociata inutile dell’Italia contro la carne coltivata
Ecco spiegato il nervosismo di Prandini. Ed ecco perché fa sorridere la crociata, annunciata ieri dal ministro, che l’Italia dovrebbe lanciare in Europa, per convincere gli altri Paesi a seguire la sua strada. Purtroppo, come si è visto fino dai primi annunci di questa legge la scorsa estate, le uniche reazioni suscitate all’estero oscillano tra lo scherno e l’incredulità per un atteggiamento, che rischia di lasciare fuori l’Italia da un mercato potenzialmente molto ricco e da un settore di ricerca tra i più vivaci al mondo.
Ci sono comunque aspetti positivi. L’inutile bagarre scatenata dal Governo ha infatti acceso un faro sul tema e aumentato la consapevolezza degli italiani. Questi ultimi, peraltro, già nel 2019, secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Parma e della Tuscia, erano interessati alla carne coltivata nel 55% dei casi e consapevoli dell’urgenza di trovare fonti alternative agli allevamenti intensivi nel 75% dei casi. Non sarà certamente una legge inapplicabile a far cambiare idea a tutti coloro – milioni di persone – che da tempo hanno capito quanto sia necessario modificare le proprie abitudini, per cercare di scongiurare una catastrofe climatica, e soprattutto ottenere proteine in modo diverso dagli allevamenti intensivi.
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Giornalista scientifica
Ancora una volta l’avidità sconfigge l’evidenza scientifica. Gli allevamenti intensivi non si toccano, ancorché responsabili dell’emissione del 14,5 % di gas serra nell’atmosfera, di un’alimentazione troppo ricca di grassi, di un’agricoltura drogata da pesticidi. La Coldiretti difende il portafoglio, non la salute umana, e la politica si accoda per non perdere consensi e potere. Desolante…
Vedo che questa storia che gli allevamenti in genere (non solo quelli intensivi) producono il 14,5% di gas serra è destinata a perdurare nei secoli e nelle menti di coloro che i dati non li sanno leggere.
La questione – e basta informarsi perché alla stessa FAO i ricercatori hanno riconosciuto l’errore di fondo – è che i dati di emissione riportati per gli allevamenti non sono comparabili con quelli forniti per le emissioni dovute a trasporti e industria che consumano fonti fossili. E’ come confrontare le mele con le pere!
I dati di emissione per gli allevamenti sono stati calcolati considerando l’intero ciclo di vita (Analisi LCA) che considerano le masse in entrata e in uscita dell’intera filiera degli allevamenti (trasformazione compresa), cioè dalla culla alla tomba. Mentre per il dato dovuto alle fonti fossili si è utilizzato il dato di emissione diretta recuperato dall’IPCC (l’istituto per il controllo climatico dell’ONU), senza effettuare un’analisi LCA. Il dato fornito dall’IPCC per le emissioni dirette degli allevamenti è “solo” del 5%.
Il “solo” 5% di emissioni dovute agli allevamenti non vuol dire che si deve sottostimare il problema: l’inquinamento c’è ma di altra natura. Gli allevamenti e in particolare i ruminanti emettono metano, che è un potente gas serra, ma il metano sta in circolo 10 anni e si recupera con un ciclo di vita naturale. L’anidride carbonica emessa dalle fonti fossili sta invece in circolo per centinaia di anni.
Ridurre le emissioni di gas metano dei ruminanti è possibile: ci sono studi avanzati a livello di alimentazione animale che hanno proprio questo obiettivo ed è plausibile che ciò si realizzi, perché nel 2050 la stessa FAO ha previsto un incremento delle produzioni animali per soddisfare le crescenti esigenze nutrizionali della popolazione mondiale.
Aggiungere un opzione alle scelte già disponibili non obbliga nessuno a considerarla.
Proibirla nega a tutti la possibilità di provarla.
Coldiretti è diventato l’ espressione di gangrena italiana e la decadenza che ci portiamo dietro da decenni di pessima organizzazione politica e mediatica.
È un gruppo di gente che propone prodotti di tipo “autarchico” convinti che l’economia giri se i prodotti vengono acquistati in Italia… insomma persone bocciate con lo 0 in economia.
E questa è l’ ennesima frustrazione resa pubblica!
Se poi ci si chiede il perché della “fuga di cervelli” è perché qui ci teniamo questi!
un altro bell’esempio di politica pedissequa, prona alle lobby, che ci fa passare per saltimbanchi agli occhi degli altri Paesi UE e oltre, certamente più equilibrati…
La carne coltivata per ora forse è ancora un discorso elitario visti i costi di produzione. La ricerca però non andrebbe ostacolata perché un giorno forse questi costi (anche ambientali: acqua ed energia non sono gratuiti) potranno essere sostenibili. L’aggressione da parte del Presidente di Coldiretti fa venire i brividi. Non so se possa aiutare a calmarlo, però se lo incontrassi lo rassicurerei dicendogli che da vegetariano mangio tanti legumi italici. Non ho ben capito invece cosa succederà ai prodotti elaborati come gli hamburger vegetali.
Sono stupito dal comportamento di certe persone le quali in alcuni casi (vedi OGM o Glifosato), sono per la proibizione ed invocano un principio di cautela a fronte comunque di studi che non ne dimostrano la reale pericolosità.
Le stesse persone per la carne sintetica, invece, prodotto nuovissimo e non assolutamente testato nelle potenziali pericolosità per la salute, hanno completa fiducia nell’innovazione ed entusiasmo acritico.
Sto cercando di informarmi, ci sono studi che dicono che la produzione di carne in vitro potrebbe avere un impatto addirittura più pesante nell’emissione dei gas serra rispetto alla produzione di carne tradizionale: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fsufs.2019.00005/full
La produzione inizia da cellule staminali di animali adulti o da embrioni animali, quindi una riserva di allevamento animale deve continuare, con buona pace dell’etica che afferma di far scomparite la sofferenza animale con questa nuova tecnologia.
Pare poi che anche nei bioreattori sia necessario usare antibiotici per evitare che le colture vengano attaccate e rovinate dai batteri.
In più, la carne sintetica non si crea dal nulla ma per fare riprodurre e proliferare le cellule muscolari, sono richiesti nutrienti e dunque campi da coltivare per estrarre proteine vegetali da inserire nei bioreattori.
Con questa tecnica principalmente si riproducono carni rosse (si parte da cellule di animali adulti o da embrioni animali, sempre di bovini), le quali carni rosse sono nell’occhio del ciclone per la potenzialità di causare tumori per la presenza di particolari geni.
Insomma, personalmente non ho le idee chiare per nulla, per cui non comprendo questo sostegno incondizionato per la carne coltivata e, se fosse comunque disponibile sul mercato, ORA non la comprerei.
Buongiorno, la sua risposta contiene diverse imprecisioni, alle quali mi pare opportuno rispondere.
La vicenda del glifosato non si può paragonare da nessun punto di vista alla carne coltivata, e non sintetica (non ha nulla di sintetico), perché mentre per l’erbicida ci sono centinaia di studi condotto negli ultimi decenni che suggeriscono (e in molti casi provano) diversi livelli di tossicità, la carne coltivata è carne, e basta, e non si capisce perché quella ottenuta dall’agricoltura cellulare dovrebbe essere diversa da quella che si forma in un muscolo di un animale. Sono le stesse cellule, e l’idea che faccia male è pura propaganda: sono i presupposti teorici che non reggono.
L’unico studio di impatto ambientale che non depone a favore è stato criticato da tutta la comunità scientifica internazionale perché parte da presupposti eterogenei, vecchi e sbagliati e non a caso non è stato sottomesso alla procedura peer review (sarebbe stato bocciato). Tutti gli altri studi mostrano benefici enormi sul consumo di acqua, terreno, farmaci, emissioni, liquami, e solo leggermente inferiori si quelli di energia (ma siamo comunque attorno al 60% in meno). Se la FAO e altri organismi internazionali e interi governi hanno deciso di puntare su di essa, qualche motivazione scientifica ce l’hanno. E questo vale anche per i nutrienti che servono a farla crescere: di certo non sono paragonabili alla quantità di mangime di cui necessita un animale che vive anni.
A parte il fatto che utilizzare (e quindi allevare) un animale per prelevare ogni tanto qualche cellula non si può paragonare agli allevamenti intensivi per la macellazione, per ovvi motivi, esistono già biobanche di cellule per la coltivazione, anche per avere omogeneità e sicurezza sulla provenienza. Nessuno pensa che non si alleveranno più animali.
Non vengono utilizzati antibiotici nei bioreattori, ma sterilizzazioni di altro tipo
Non è vero che le carni principali sono rosse: al contrario, quelle consumate a Singapore e altrove sono bianche (pollo) e si investe moltissimo sulle carni bianche (maiale, anatre, conigli e non solo). Comunque ci sono coltivazioni di qualunque fonte proteica, compresi i pesci, i molluschi, gli insetti e da ultimi perfino i vegetali (per evitare lo scarto dovuto alle bucce).
In ogni caso, nessuno sarà mai obbligato a mangiare questa carne, quando arriverà, così come nessuno deve mangiare sushi, o le lumache, se non vuole. Sarà un’opzione in più per cercare di avere proteine meno impattanti, per mangiare proteine che non provengano da animali allevati in condizioni che conosciamo, e poi macellati, e per limitare i rischi del tipo del coronavirus, delll’aviaria o della peste suina e per avere carne più controllata e sana. Solo carne.
Bisognerebbe evitare di credere a Coldiretti, che porta avanti da mesi una campagna di fake news più che evidenti per difendere gli interessi degli allevatori di carni industriali. Ricordiamo anche che in Italia, in teoria, le lobby non hanno una funzione riconosciuta e legale (a differenza per gli Stati Uniti), e un ministro non dovrebbe essere totalmente omologato e prono solo agli interessi di quella lobby, trascurando qualunque altro interesse (ambientale, dei ricercatori, degli imprenditori, dei consumatori, dell’ambiente, degli animali): già solo questo dovrebbe far diffidare chiunque rispetto a tutto ciò che afferma, quando non è occupato a usare un treno come un suo taxi personale
Gentile Agnese Codignola,
la ringrazio per i suoi chiarimenti ma mi permetto di nutrire ancora dei dubbi sulla faccenda.
Un’attività che ha solo effetti positivi e nessuna conseguenza negativa mi lascia inevitabilemente perplesso e sorpreso, sarebbe la prima volta nella storia dell’umanità!
Però felice di sbagliarmi.
P.S.: una piccola osservazione, quando mi contesta
“carne coltivata, e non sintetica (non ha nulla di sintetico)”
io utilizzo il termine carne sintetica non intendolo come accezione negativa; la carne è costituita da proteine ed in biochimica si parla di “sintesi delle proteine” ossia la formazione di un prodotto più complesso (proteine) attraverso una reazione che unisce composti più semplici (aminoacidi).
Del resto non mi può certo convincere che si tratti di carne “naturale”…
Nessuno pensa che abbia solo aspetti positivi. Piuttosto, non c’è motivo (scientifico) per pensare che faccia più male della carne normale, anzi, non contiene ormoni, antibiotici o residui di pesticidi. Per quanto riguarda il termine, in chimica sintetico indica qualcosa realizzato a partire da elementi chimici di base o, più recentemente, partendo la lieviti che sintetizzano proteine non loro. Ed è il termine che viene usato strumentalmente per dare un’aura negativa a questa carne: per questo tutti i ricercatori chiedono dei non usarlo. Non a caso, tutti i lavori scientifici e i documenti ufficiali (anche dei governi) usano il termine coltivata. Personalmente penso che sia naturale, cioè costituita da elementi presenti in natura, nel muscolo dell’animale, né più né meno della pelle che si coltiva per poterla trapiantare a una persona che si ustiona. E’ naturale, solo ottenuta in un modo diverso, che riproduce in un bireattore ciò che avviene durante la normale crescita cellulare. A rigor di logica, nessun alimento lavorato è naturale, lo è più lei, al confronto (il formaggio non esiste in natura)
Come non ha solo aspetti positivi?
Secondo una determinata narrazione questa pratica:
1) ha meno emissioni serra dell’allevamento standard
2) consuma meno energia dell’allevamento standard
3) consuma meno suolo dell’allevamento standard
4) consuma meno acqua dell’allevamento standard
5) produce meno rifiuti dell’allevamento standard
6) la carne prodotta non contiene ormoni, antibiotici o residui di pesticidi
Io di aspetti negativi non ne vedo…
Infatti, ma non bisogna mai essere drastici. Bisognerà vedere che tipo viene messo in vendita, come viene effettivamente realizzaio (per esempio: con quali mezzi di coltura, ne esistono diversi), quanto costa e tante altre cose. In linea di principio non c’è gara, ma è sempre opportuno ricordare che il rischio zero, o le conseguenze zero, non esistono, che la scienza procede per approssimazioni, per correzioni, e che qualunque cosa, naturale o meno, ha aspetti positivi e aspetti negativi. Proprio per questo l’opposizione di principio, sancita per legge, di qualcosa che ancora non c’è, e di cui non possiamo conoscere nel dettagli le caratteristiche, è semplicemente assurdo, e sbagliato per gli effetti sulla ricerca e sugli imprenditori.
Quanto al gusto: vedremo, dove si mangia già non si segnalano particolari diversità, anzi, nei panel in cieco spesso le persone non riescono a distinguere. Il punto però credo sia un altro: siamo disposti a rinunciare a qualcosa, a modificare un pochino le nostre abitudini, per contribuire, nel nostro piccolo, a salvare il pianeta, oppure, in nome del nostro palato, dobbiamo tenere in piedi un sistema devastante? La sindrome NIMBY (non nel mio cortile) fa danni enormi
Gentile Dr.ssa Codignola, scusi se mi permetto intervenire su questo suo commento (in dialogo con Roberto), ho apprezzato l’obiettività del suo articolo ma in questa risposta sono presenti alcune imprecisioni, frutto magari di una conoscenza non prettamente tecnica della questione o di una lettura sommaria di parte. Non la devo risolvere io, che l’argomento è alquanto complesso, ma sarebbe necessaria una maggiore obiettività approcciandosi al tema della carne coltivata, non perché io sia contrario anzi non lo sono affatto ma non la ritengo un cibo del futuro per tutti e soprattutto non in grado di sostituire la carne vera…
Premesso che io sono per la libera ricerca, affatto contrario alla sperimentazione e critico verso questo provvedimento che, prima di essere oscurantista è frutto di ignoranza, perché sulla carne coltivata parliamo ancora di un qualcosa molto di là da venire e che in EU nessuno ha ancora chiesto di autorizzare. Al momento si consuma sola a Singapore e in Israele (e per ora il mercato e fatto solo da carne coltivata di pollo). In America si dato un primo OK all’impiego della tecnologia cellulare per alimentazione umana (e per ora solo derivata dal pollo) ma la commercializzazione non è ancora effettiva, perché si sta ancora decidendo se chiamarla “carne” in modo simile a quella degli animali oppure in modo diverso. Oltretutto alcuni Stati americani stanno discutendo se introdurre divieti simili a quelli italiani (!). In Europa gli israeliani hanno avanzato una richiesta di autorizzazione in CH e GB ma non in EU.
1. La carne coltivata non sostituirà la carne prodotta dagli allevamenti, potrà diventare un complemento (come lo sono i prodotti plant based) soprattutto e per i prossimi decenni solo nei paesi ricchi e industrializzati come il nostro. E’ la stessa FAO ad affermare di prevedere un incremento di carne da allevamento entro il 2050 per soddisfare i fabbisogni nutrizionali di molte popolazioni, perché le proteine da carne sono più complete e alcuni elementi che la compongono più biodisponibili.
2. Chiamare carne in senso lato quella derivata da cellule staminali coltivate è ancora improprio. Quello che si ottiene è un ammasso di miofibrille, che devono essere raccolte, pressate e lavorate (il primo hamburger del 2013 del prof. Post – Mosa Meat – richiedeva circa 20’000 miofibrille), aggiungendoci matrici grasse, ingredienti e additivi per creare un prodotto alimentare. Si sta discutendo ancora su come chiamarla.
3. Quello che si ottiene è dunque un hamburger, un bocconcino e simili prodotti che non hanno nulla della struttura anatomica di un taglio di carne vera: non si ottiene cioè una bistecca, una lombata o un prosciutto, ma un ricomposto. E che potrà entrare pure nel novero di un alimento iperprocessato (senza problemi dal punto di vista commerciale, sia chiaro, ma al limite di essere considerato un prodotto completamente sano).
4. I costi di produzione rimarranno elevati, anche se si adotterà un processo industriale, vuoi per gli ingenti finanziamenti che sono stati riversati in questa tecnologia, vuoi perché la produzione necessità di un apporto particolare di nutrienti e di adeguati controlli che prevengano gli inquinamenti. Dovranno essere utilizzati amminoacidi, ormoni e antimicrobici (antibiotici forse no ma antimicrobici sì). E gli ormoni non sono ammessi nella legislazione europea.
5. Considerando i costi di produzione è difficile pensare che diventerà un alimento “sociale” facilmente accessibile alle fasce più povere. Sarà un alimento per chi se la potrà permettere.
6. E’ improprio affermare che la FAO sta già puntando a questa tecnologia per sostituire la carne di produzione da allevamento. La FAO ha pubblicato quest’anno un dossier in cui analizza gli aspetti di sicurezza, quelli etici, ambientali, di welfare animale, ecc. ma non ha preso una posizione ufficiale a favore, considerando che ci sono molte altre alternative sul mercato.
7. Il consumo energetico per far funzionare un bioreattore non è di poco conto, specie se associata a questa produzione si vorrà utilizzare energia green (quanto dovrà essere grande un parco eolico se si “pensa” di sostituire questa produzione agli allevamenti?). Lei cita una studio di impatto ambientale che non ha carattere scientifico (e fonti su internet citano allo steso modo quello che presumo sia la sua stessa fonte), ma non c’è un articolo solo! Non è vero che non ci siano studi, in letteratura scientifica (quella vera) se ne trovano di articoli e ricerche che stimano i consumi dei bioreattori per coltivazione di cellule animali, ma tutti ragionano in modo ipotetico perché nessuno finora ha prodotto su scala industriale. Finora si è prodotto a livello di laboratorio; ma chi preconizza bioreattori alti quattro piani, lo dovrà pure alimentare in qualche modo. Ed ecco perché non è pensabile ragionare come gli “estremisti” che dicono che basteranno 150 animali per produrre tutta la carne del mondo con quella coltivata…
8. Nell’articolo cita associazioni che si sono opposte al decreto governativa e afferma che GFI Europe è un’associazione no profit. Mi sembra un’affermazione forzata! GFI che è nata in USA è una lobby che si occupa di promuovere tutto ciò che è alternativo alla carne da allevamenti. Non lo fa certo in modo benefico, lo fa per interesse.
Non c’è bisogno di essere a favore di Coldiretti o di questo provvedimento del Governo Italiano, ma nemmeno giustificare la carne coltivata come cibo del futuro, che è sostenuta da lobby contrarie e da personaggi nel mondo (cito solo Bill Gates a Leonardo Di Caprio) che hanno dimostrato interesse per il business.
Che avrà successo come business per alcuni, io non lo metto in dubbio lo avrà, però la produzione da carne coltivata sarà una nicchia nel mercato globale. Gli stessi prodotti plant based meat che pensavano di stravolgere il mercato e di sorpassare le vendite dei prodotti di carne vera, hanno molto ridimensionato la loro forza. Quello dei prodotti veggie alternativi alla carne rimane sempre un business milionario ma già diverse società in America dichiarano fallimento e Beyond Meat e Impossible Foods non se la passano tanto bene.
Quindi prima di cantare il De profundis per la carne vera… io aspetterei di avere dati certi.
Saluti.
Gentile sig., grazie per le precisazioni. Nelle quali, tuttavia, ravvedo alcune forzature di quanto scritto, e alcune imprecisioni.
1. Che cosa diventerà la carne coltivata lo vedremo, per ora non è possibile saperlo. Mi limito a osservare che è in costruzione un grande stabilimento in Sudafrica, e che quella in vendita a Singapore costa poco di più rispetto al pollo allevato, quindi non è affatto detto che sarà un prodotto per paesi ricchi e anche l’Africa sta investendo in questo, così come la Cina e altri paesi non occidentali.
2. La questione della denominazione è in discussione da anni, per motivi commerciali. Che cosa sia da definire carne e che cosa no è un fatto culturale e semantico, credo non lo sappia nessuno, non esiste una definizione standard: dipende. La carne del pesce è carne? Inoltre, diverse start up e aziende, tra le quali la stessa Aleph, hanno già realizzato, da anni, filetti e simili (per esempio di pollo), quindi non è esatto pensare che la carne coltivata sia solo simile a un hamburger. Ma chiamarla, come hanno cercato di fare i produttori USA (ho scritto un libro, e ho dedicato una parte a questo, alle discussioni in seno alla FDA e non solo, perché era già accesa 4 anni fa), artificiale, è un evidente danno, e non corrisponde al vero. Continuo a pensare che sia carne a tutti gli effetti, e che il termine più corretto sia coltivata, perché è quello che è questa carne. Qualcuno propone a base cellulare, ma secondo me non è corretto, perché anche quella tradizionale è a base cellulare: una locuzione che non vuol dire nulla. Vedremo come andrà a finire, ma come si è visto sui derivati vegetali, quella sul nome è una guerra che ha lo scopo di screditare, come è accaduto per gli OGM.
3. Per ora i prodotti proposti non sono ultraprocessati. Anzi, hanno dalla loro il fatto che contengono pochissimi ingredienti. Probabilmente in futuro arriveranno anche ultraprocessati, per esempio miscele con basi vegetali, vedremo. Non penso sia utile discutere (così come legiferare) su qualcosa che non sappiamo come sarà.
6. La FAO ha inserito da anni la coltivazione cellulare come uno degli ambiti da sostenere, perché rappresenta una possibile fonte di proteine sostenibili e sane. Non si è limitata a elencare dati. Anche di questo parlavo nel libro, uscito nel 2020, citando documenti degli anni precedenti.
7. I costi energetici per ora sono elevati, anche se questo non sta impedendo di vendere a prezzi accessibili, a Singapore. Evidentemente, una quadra è possibile. Inoltre, tutti o quasi pensano di alimentare i bioreattori con fonti rinnovabili. Di nuovo, oggi non si può sapere come sarà la produzione su larga scala. Vedremo. Quanto agli studi, ho citato quello perché è stato adottato da tutti i contrari, pur essendo del tutto screditato, sicuramente ce ne sono altri, ma si tratta solo di stime, e comunque i bilanci di emissioni, terra, acqua, pesticidi eccetera sono tutti più che favorevoli. Solo quello energetico lo è meno, ma lo è. Vedremo i calcoli reali, quando ne avremo.
8. Il Good Food Institute da statuto è no profit, nasce da gruppi per la difesa degli animali, e dalla sua nascita sostiene ricerche e conoscenza, e cerca di diffondere una cultura corretta su questi tempi. Mi dispiace ma mi rifiuto di alimentare dietrologie e complottismi vari. Quanto a Bill Gates, milioni di persone devono la vita a lui, che da decenni finanzia con molti miliardi di dollari campagne vaccinali e altre iniziative di salute pubblica senza averne alcun beneficio se non quelli fiscali. Leonardo di Caprio da sempre finanzia iniziative per la tutela dell’ambiente che hanno portato a risultati importanti, anche dal punto di vista della sensibilizzazione. Rifiuto categoricamente l’attribuzione di chissà quale intento contro l’umanità e francamente questo argomento lo considero inaccettabile e rozzo, mi perdoni, ma dopo anni di no vax e assurdità varie non se ne può più. Molti grandi investitori guardano all’agricoltura cellulare perché sanno che sarà parte del futuro prossimo. Qualcuno lo fa per guadagnare, e non c’è niente di male. Altri perché lo ritengono un investimento per il futuro del pianeta. Se persone potenti, come le definisce lei, sono contrarie agli allevamenti, personalmente ne sono contenta, perché il sistema degli allevamenti intensivi – che, ricordiamolo ogni tanto, esiste solo da qualche decennio – è responsabile di buona parte del disastro che stiamo vivendo, e dobbiamo abbandonarlo. Che cosa ci sarebbe di sbagliato nel fatto che persone potenti impieghino tempo, energie e soprattutto tantissimo denaro personale in questo?
Mi scusi, lei dice “una lettura sommaria di parte”. Sto approfondendo l’argomento fino dal 2013, anno del primo burger di Mark Post, che ho intervistato più volte, e non l’ho mai abbandonato, quindi, per quanto non possa considerarmi un’esperta come potrebbe essere un ricercatore, ritengo anche che la mia conoscenza non sia “sommaria”. Inoltre, Io non sto da nessuna parte, non ho alcun tipo di interesse, mi limito a cercare di raccontare la realtà in base a ciò che sappiamo e a quello che dicono gli studi scientifici
Grazie per la sua risposta.
Io accetto il suo punto di vista, ci mancherebbe, però va un po’ oltre le righe quando emerge il suo punto di vista ambientalista. E mi permetto solo una piccola replica.
Lei crede forse che chi parla a difesa della carne e degli allevamenti come me, non sia ambientalista? O sia uno che esprime “assurdità varie” e complottiste? Io non ho parlato di danno contro l’umanità e non ho un atteggiamento rozzo verso la scienza, anzi siccome sono un ricercatore e un professionista, sono pienamente favorevole allo sviluppo scientifico e alle nuove tecnologie, che mi sono servite anche nel mio lavoro. Ma qui non mi spendo a favore di qualcosa per partito preso, ma in difesa della carne osservo che quando si parla di proteine alternative si parla spesso “contro” la carne presentata come negativa e male del pianeta: tutti (e specialmente talune associazioni) parlano di “sostituire”, non di integrare come sarebbe più corretto intendere.
Lei mi trovi un agricoltore o un allevatore che non abbia a cuore lui per primo la terra e gli animali che gli danno sostentamento. Anche quando si tratta di imprese di una certa dimensione (le imprese grandi sono più facili in America che da noi), il profitto è sicuramente un elemento importante ma se uno alleva animali di scarsa qualità e malaticci, il profitto non lo fa di certo: perché è dalla qualità che si ottiene la qualità. E ci sono leggi tanto in Europa, che in America e Oceania, che regolamentano il benessere degli animali come essere senzienti e che vengono osservate perché ci sono i controlli (poi qualche criminale c’è ed è giusto che sia sanzionato!).
Si vuole demonizzare gli allevamenti intensivi (mai parola più contraddittoria e usata solo in senso negativo) ma sono un modello: perché “intensivo” non vuol dire “gabbia”, perché emettono meno emissioni dirette (in Italia ISPRA certifica che le emissioni da allevamenti sono del 4-5% e anche l’IPCC riporta dati simili), perché sono stati fatti passi da gigante anche nella scienza alimentare per ridurre le emissioni di metano che è uno degli obiettivi prossimi ad essere realizzati (e perché gli animali sono molto diversi da quelli di 50 anni fa).
Io non ho nulla contro la carne coltivata, ho seguito come lei tutto dalla presentazione del primo hamburger fino ad oggi, mi sono documentato, ho dibattuto, e sono pure iscritto alle newsletter di GFI. Di GFI dico quello che vedo: sono un associazione per statuto no profit? Ok ma in America si presentano come lobby! Operazione del tutto legittima, ma ogni loro azione è di affermare le proteine alternative contro gli allevamenti. Bill Gates e Leonardo di Caprio, sono lobbisti e attenti ai nuovi business? Sì lo sono e lo fanno in modo legittimo, ma operano o no contro la carne e gli allevamenti? Io mi permetto di dire che non devono venirci a fare la morale, anche se hanno avuto altre benemerenze come lei giustamente ha menzionato (giusto per farle un esempio: oggi è arrivata la notizia della morte di Henry Kissinger. Ci ricordiamo di lui oggi perché è stato un grande statista. Ha contribuito al disgelo con URSS e Cina. Gli è stato attribuito un Nobel per la Pace nel 1973. Però è stato anche un antidemocratico e ha sostenuto il golpe che ha portato alla dittatura cilena!).
Lei afferma che gli allevamenti intensivi sono un danno per il pianeta, ma è il suo punto di vista.
Forse fanno più danni per le emissioni gli oltre 200 milioni di vacche sacre dell’India che gli allevamenti (più che intensivi, direi controllati e gestiti con molta attenzione al welfare).
A difesa della carne si sono espressi più di 1200 scienziati (SCIENZIATI, non lobbisti come paradossalmente li descrive Greenpeace) che hanno firmato il Trattato di Dublino, un manifesto che esprime i valori e i benefici della carne (2.0 – aggiungo io).
E quando si assiste a questo dibattito, non troverà mai nessuno che parlando scientificamente a difesa della carne (Coldiretti è un’eccezione, perché non parla scientificamente), neghi la legittimità delle altre alternative. A differenza di chi esprime sentimenti a favore del vegetarianismo o idee vegane, che nega la legittimità degli allevamenti.
Un ultimo appunto a mo’ di esempio. Qualche settimana fa sul Fatto Alimentare avete dato notizia di un articolo di Harvard che afferma che il consumo carne rossa è fortemente associato a un rischio maggiore del 62% di sviluppare il diabete di tipo 2. In America quell’articolo è stato smontato, come inattendibile per una serie di errori (non avrà difficoltà a reperire le fonti) soprattutto per mancanza di obiettività. E Il suo principale autore, il Dr. Walter Willett (presidente della Harvard TH Chan School of Public Health 1991-2017), è un potente sostenitore della lotta contro la carne, strenuo difensore del vegetarianismo (e con evidenti e documentati conflitti di interesse).
Gentile sig. Pinuccio, lei ritiene che il fatto che gli allevamenti intensivi siano dannosi per il pianeta sia un mio punto di vista. Non credo sia necessario aggiungere altro.
Gentile Roberto, il suo è l’unico commento sensato che leggo sotto questo articolo che, per restare in tema alimentare, ha un sapore un tantino propagandistico. Aggiungo che la carne sintetica non avrà mai il sapore della carne di un bovino allevato grass fed e nel rispetto dell’animale, così come l’aroma artificiale di vaniglia non avrà mai il sapore e la complessità della vaniglia naturale. Saluti
Vi consiglio di leggere questa revisione, da personaggi stranieri:
https://academic.oup.com/af/article/12/1/35/6550185?login=false#.YoJSImc05sI.twitter
La “carne coltivata” è una valida alternativa alla macellazione degli animali e una buona coltura tra il benessere degli animali e le aspettative umane?
Animal Frontiers, Volume 12, Numero 1, febbraio 2022, Pagine 35–42, https://doi.org/10.1093/af/vfac002
Pubblicato il: 17 marzo 2022
Le conclusioni sono attualmente molto più dubitative, ma niente da fare, ad ogni articolo si ricomincia da zero con i luoghi comuni e inossidabili certezze preventive.
Su dodicimila aticoli sulla carne “sintetica” ,come dice Pulina, nel 2022 solo poco più di un paio di centinaia sono di taglio scientifico (spesso dubitativo ), la stragrande maggioranza è pubblicitaria sponsorizzata nel vero senso della parola e anche i vostri articoli in assenza di contraddittorio qualificato rischiano qualcosa.
Argomento a parte i gruppi di influenza, le lobbyes,………siete sicuri quali sono i buoni e quali i cattivi di questa storia?
Non farò altri commenti quindi dico tutto in questa occasione, a me sembra che gli stessi gruppi che hanno inquinato finanza e allevamenti creando l’intensivismo hanno capito che non c’è futuro e si sono lanciati in nuove tecniche, con le solite strategie comunicative.
Così chi cerca veramente di fare cibo buono con metodi bionaturali continuerà ad essere stroncato da furboni come ieri e oggi.
A proposito di fatti certi, a Singapore sono permessi gli ormoni nella carne di qualsiasi genere? Cosa vi ha appena detto T. Mahiri?
Ho letto con interesse i commenti, e (a parte le asinate plateali come continuare a chiamarla “carne sintetica”), vedo che a tutti è sfuggito che una legge italiana che vieta la ricerca sulla carne coltivata in Italia è l’ennesimo autogol della politica, che avrà come unico risultato di danneggiare ulteriormente la ricerca.
Questo era già avvenuto a suo tempo con la demenziale legge analoga sugli OGM, che ha portato al bel risultato di distruggere anni di lavoro dei nostri ricercatori ***E*** di non impedire affatto che si importino e consumino in Italia centinaia di tonnellate di OGM prodotti altrove.
E allora non stracciamoci le vesti quando i nostri migliori cervelli, formati a caro prezzo nei nostri atenei, se ne vanno all’estero per poter svolgere il lavoro per il quale hanno studiato e la politica ha reso impossibile in Italia.