Se gli animali da compagnia, e nello specifico cani e gatti, fossero alimentati con diete vegetali, la riduzione del loro impatto sul clima del pianeta sarebbe rilevante, come rilevante è la produzione di carne associata al pet food, in crescita continua. Le persone amano i cani e i gatti: solo nelle case degli europei ce ne sono, rispettivamente, 67 e 78 milioni (negli Stati Uniti sono, rispettivamente, 86 e 61 milioni). Ma nella maggior parte dei casi li nutrono con mangimi a base di carne, con consumi complessivi che incidono non poco sulla produzione di proteine animali.
Per capire quanto, un ricercatore della Griffith University, in Australia, hanno voluto fare un po’ di conti, partendo dai dati contenuti negli studi più importanti effettuati negli ultimi anni e da quelli dei database pubblici, relativi in particolare agli Stati Uniti per il 2020 e a tutto il mondo per il 2018, per giungere a stimare la quantità dei diversi tipi di carne destinata agli animali domestici e l’impatto in termini di emissioni e consumo di acqua, suolo, farmaci e fitofarmaci.
Lo studio sull’impatto ambientale dell’alimentazione di cani e gatti
I risultati, riportati in un lungo articolo ricco di cifre pubblicato su PLoS One, sono abbastanza impressionanti, a cominciare dal fatto che negli Stati Uniti cani e gatti consumano un quinto della carne rispetto agli umani (nel mondo il valore scende a un decimo). Nel periodo 2018-2019, per esempio, i cani americani hanno mangiato quasi 700mila tonnellate di pollo e sottoprodotti, e oltre 360mila tonnellate di manzo, mentre per i gatti i valori sono stati pari a 377mila tonnellate di pollo nelle sue varie forme e 37mila di pesce (il manzo non è quasi usato), oltre a molti altri tipi di carne, grassi animali, ‘brodi’ e sottoprodotti vari.
Analizzando le proporzioni relative, il 43,9% di carni erano ‘da animali’, ma ben il 29,5% erano carni che si sarebbero potute destinare al consumo umano, il 9,1% oli e grassi, il 7% scarti, il 4,4% brodi e il 3,7% carni di pesce (uova e prodotti derivati dal latte solo l’1,2%). In altre parole, un terzo della carne destinata ai pet è pregiata, e anche quella non per consumo umano potrebbe trovare altre destinazioni ‘umane’. Il sistema è tutt’altro che efficiente, al contrario di ciò che si pensa.
Così, se ipoteticamente tutti i cani e i gatti degli Stati Uniti passassero a una dieta esclusivamente vegetale, ogni anno due miliardi di animali da allevamento non sarebbero macellati. Il numero salirebbe poi a sette miliardi se lo facessero tutti i cani e gatti del mondo. Inoltre, sarebbero risparmiati anche diversi miliardi di animali acquatici. E ovviamente questo si tradurrebbe in un contenimento proporzionale di tutto ciò che viene consumato ed emesso nell’allevamento.
Gli effetti sul consumo di suolo e acqua
Per esempio, far diventare tutti i cani vegani libererebbe un’area più grande della penisola arabica attualmente destinata alla produzione di cereali e soia per i mangimi per l’allevamento. Se lo diventassero i gatti si risparmierebbe una quantità di suolo grande quanto la Germania. In confronto, se lo facessero tutti gli esseri umani, l’area liberata sarebbe grande quanto la somma di Russia e India messe insieme. Per quanto riguarda l’acqua, la quantità non utilizzata sarebbe pari a quella consumata rispettivamente dalla Danimarca, dalla Giordania e da Cuba per quanto riguarda sempre cani, gatti e umani. Per le emissioni, poi, la rinuncia alla carne per i cani ne toglierebbe dall’atmosfera una quantità pari a quella prodotta da tutta il Regno Unito, e per i gatti quella emessa da Israele.
Servono studi più approfonditi
Si tratta, secondo gli autori, di stime conservative per vari motivi, anche se, essendo appunto stime, le reali dimensioni della produzione di carne per animali domestici andrebbero valutate in studi progettati ad hoc e condotti a livello internazionale, oltre che nazionale, anche perché esistono differenze rilevanti nel tipo di carne impiegata per i mangimi nei diversi Paesi. Per esempio, tra il 2018 e il 2020 la percentuale di carni destinate a cani e gatti è stata dell’8,9% nel mondo, ma del 20% nei soli Stati Uniti.
Poiché è stato ormai dimostrato che una dieta vegetale ben bilanciata, che si basi su alimenti di aziende la cui affidabilità sia riconosciuta, oppure su quanto stabilito da un veterinario, non comporta rischi per la salute di cani e gatti, la conclusione degli autori è che tutti i proprietari di cani e gatti che abbiano a cuore anche il clima e l’ambiente dovrebbero riflettere sull’impatto dell’alimentazione del loro animale e fare il possibile per ridurlo, o almeno contenerlo, anche introducendo pasti che non prevedano carne.
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Giornalista scientifica