L’innalzamento delle temperature ha già effetti visibili su colture fondamentali e ne avrà sempre di più negli anni a venire. Per questo si compiono studi al fine di prefigurare i possibili scenari, e aiutare i coltivatori e i decisori politici a prepararsi per tempo, con le opportune contromisure. Emblematico, da questo punto di vista, è il caso del caffè, la cui coltivazione sta rapidamente cambiando via via che le zone più basse diventano più calde e meno adatte alla coltivazione di questa pianta. Lo confermano due studi pubblicati nei giorni scorsi che, pur essendo relativi a Paesi tanto diversi quanto importanti, la Colombia e l’Etiopia, giungono a conclusioni molto simili.
Nel primo caso i ricercatori dell’Università dell’Illinois si sono concentrati sul Paese sudamericano che è tra i principali produttori di varietà pregiate come l’Arabica. Gli autori hanno controllato l’andamento del clima tra il 2007 e il 2013, analizzando separatamente le temperature e le precipitazioni di ognuno dei 521 comuni dove si coltiva caffè, visto che il Paese presenta grandi differenze orografiche. Quindi, hanno elaborato una stima per il periodo dal 2042 al 2061, e visto che la produttività generale dovrebbe aumentare del 7,1%. Tuttavia, come riferiscono su Agricultural Systems, questo dato cela grandi differenze regionali, perché se nelle zone più montagnose si potrebbe avere un aumento della produzione del 16%, in quelle più a valle potrebbe crollare dell’8,1%.
Ciò implica grandi problemi per molti del 550 mila piccoli coltivatori, perché non tutti possono mettere in atto pratiche protettive per difendere il loro terreno dal caldo e dalla siccità, oppure acquistarne di nuovi, più in alto, per spostare le produzioni. Per questo è necessario che il governo inizi subito ad aiutarli nella transizione, per esempio finanziando l’acquisto di macchinari che permettano di sfruttare meglio l’acqua, o la riforestazione di alcune aree che possano dare ombra alle piante di caffè. Inoltre dovrebbe programmare e finanziare la realizzazione di tutte quelle opere di supporto strutturale che possono facilitare le coltivazioni in quota, a cominciare dalla rete elettrica e da quella idrica, dalle telecomunicazioni e dalle strade.
Qualcosa di molto simile è stato ottenuto dai ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research tedesco, che hanno pubblicato su Science Advances i risultati delle loro stime sull’Etiopia, primo produttore africano di caffè, soprattutto di varietà molto pregiate. In questo caso le previsioni riguardano gli anni ’30, ’50, ’70 e ’90 di questo secolo, e sono state elaborate tenendo conto di 19 variabili climatiche, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. In generale, il 27% del Paese sarà adatto alla coltivazione di caffè, con un aumento rispetto a oggi. Tuttavia, delle zone coltivate, solo il 30% sarà ideale per le varietà più pregiate che oggi conferiscono un valore aggiunto al caffè etiope. Questo porterà a perdite in cinque aree dedicate alla coltivazione di varietà di elevata qualità su sei, e all’incremento esponenziale del caffè di qualità medio-bassa.
Secondo lo studio nello scenario peggiore, una delle varietà più apprezzate, la Yirgacheffe, perderà il 40% del territorio adatto alla coltivazione entro metà del secolo e lo stesso potrebbe avvenire ad altre varietà. Ma i piccoli coltivatori etiopi, che oggi restano sul mercato proprio perché possono offrire caffè pregiato, probabilmente non reggerebbero, se la loro produzione fosse di qualità medio-bassa, perché non potrebbero mai competere con produzioni analoghe in mano alle grandi multinazionali. Per questo, concludono gli autori, anche in Etiopia, come in Colombia, bisogna agire subito, e prepararsi ai prossimi anni predisponendo tutto il necessario per adattare le colture al cambiamento climatico.
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Giornalista scientifica