Presto il caffè della varietà Arabica potrebbe diventare un ricordo o, nella più ottimistica delle previsioni, una merce preziosa e molto cara. Perché se le previsioni degli esperti del Royal Botanic Garden di Kew, in Gran Bretagna, e di alcuni loro colleghi etiopi saranno confermate, entro 70 anni la specie sarà estinta quasi ovunque a causa del cambiamento climatico.

Questa pianta non solo è particolarmente sensibile alle condizioni ambientali, ma è presente ormai in poche varianti genetiche che, per di più, si adattano con molta difficoltà ai mutamenti esterni e che non hanno grande resistenza ai parassiti.

Per giungere alle loro conclusioni, i ricercatori hanno applicato un modello già usato nelle previsioni sulle conseguenze del cambiamento climatico chiamato “Hadley Centre Coupled Model version 3” (HadCM3) e, in base anche ai dati raccolti in diverse piantagioni africane e a informazioni dedotte dagli erbari dei Royal Garden e altri dati di giardini botanici hanno prospettato diversi scenari su tre intervalli di tempo: 2020, 2050 e 2080. Ed è a questo punto, come riferito su PLoS One, che sono arrivate le amarissime sorprese su simulazioni che riguardano sia singole località che aree più estese ma climaticamente omogenee.

Negli scenari di località, infatti, entro il 2080 la scomparsa delle colture preesistenti potrebbe andare dal 65 a quasi il 100% (99,7%), mentre in quelli di area alla stessa data la sparizione delle piantagioni potrebbe oscillare dal 38 al 90%.

Secondo gli autori, le previsioni per località sono quelle più vicine alla realtà perché tengono conto di una serie di dati reali; si tratta, purtroppo, di stime conservative dal momento che, a causa del tipo di simulazione, i calcoli non comprendono dati altrettanto preoccupanti come la deforestazione che invece sta procedendo molto velocemente in Sud Sudan ed Etiopia, due tra i primi produttori di caffé al mondo.

Inoltre non includono altre minacce come quelle derivanti da erbe infestanti, parassiti, malattie, cambiamenti nelle fioriture e nelle popolazioni di uccelli che contribuiscono in maniera decisiva a spargere i semi.

Per verificare l’affidabilità del modello applicato e per alcune osservazioni sul campo, i ricercatori etiopi si sono spostati sull’altopiano di Boma, in Sud Sudan, nello scorso aprile, e hanno poi confrontato i dati con uno studio compiuto nella stessa zona nel 1941. Dal confronto è emerso che non tutti i danni possono essere attribuiti alla deforestazione avvenuta negli ultimi settanta anni: le colpe vanno imputate anche al riscaldamento globale. E quel che è peggio, il modello ha fornito una data vicinissima per la scomparsa totale di quelle piantagioni: il 2020.

Le piante di varietà Arabica sono particolarmente sensibili a fattori ambientali i quali, a loro volta, sono sempre più difficili da preservare. Il benessere della specie si basa, infatti, su un delicato equilibrio di umidità, temperatura, umidità, fioriture e altri fattori.

Il calo di produttività in paesi molto poveri come l’Etiopia potrebbe avere conseguenze devastanti: qui l’Arabica è l’unica specie coltivata e il paese non può contare su molte altre colture di punta; già oggi i raccolti di caffè non sono entusiasmanti e non riescono a rispondere alla domanda del mercato internazionale, come dimostra la costante crescita dei prezzi.

Come uscire da questa situazione? Gli autori dello studio suggeriscono di individuare alcune zone con condizioni climatiche e ambientali particolarmente favorevoli e di concentrare ogni sforzo affinché qui sopravvivano le coltivazioni di Arabica; in tal modo si potrebbe preservare il patrimonio genetico in attesa di nuove prospettive.

L’obiettivo degli autori di questa ricerca è duplice: da un lato convalidare il modello per applicarlo anche ad altre piante minacciate di estinzione, e dall’altro fornire dati e calcoli che possano aiutare a programmare opportune contromosse per salvaguardare una pianta amata in tutto il mondo ed essenziale per molte economie fragili.

Foto: Photos.com

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alberto
alberto
16 Novembre 2012 15:54

Sull’argomento c’e’ un articolo del Guardian, e la conclusione e’ radicalmente diversa (vedi: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/nov/13/coffee-not-dead-wild-ethiopia)..
La probabile estinzione riguarda soltanto le piante allo stato selvatico. Stando al Guardian, lo studio non dice molto a proposito delle piante coltivate.
Le conclusioni pessimistiche dell’articolo mi sembrano quindi da ridimensionare.
Le piante selvatiche sono portatrici di una enorme varieta’ di caffe’, e la loro estinzione sarebbe una grossa perdita.
Ma da qui a predire la fine del caffe’ di varieta’ arabica ce ne corre.

agnese
agnese
16 Novembre 2012 15:55

Il lavoro parla di specie autoctono e di caffè wild, però spiega anche molto bene che la perdita di queste varietà rappresenta una minaccia per il caffè di tutto il mondo. Le varietà genetiche si stanno impoverendo e quelle più minacciate sono anche quelle più utili per rinforzare quelle esistenti. Senza contare che per stati come lâ

giorgia
giorgia
20 Novembre 2012 14:35

Ma se questo è l’ultimo anno della Storia ( secondo le profezie ….) rinunceremo per l’eternità al dolce caffè Arabica….. Si spera che in quel paradiso osceno dove si beve caffè ci vadano solo B.&C. ; noi ascolteremo Bach senza bere caffè : ce ne faremo una ragione :-))

MARCO
MARCO
22 Novembre 2012 16:11

e perchè IL TITOLO COSI ALLARMISTICO addio alla tazzina di caffe’? MICA SCOMPARE TUTTO IL CAFFE IN COMMERCIO.