
L’abitudine a consumare regolarmente una dose medio-bassa di caffè è amica di un invecchiamento in salute, almeno per quanto riguarda le donne. Una quantità di caffeina giornaliera pari a circa 80 milligrammi (mg), cioè un paio di tazzine, è associata a una riduzione del rischio di sviluppare le malattie croniche tipiche della vecchiaia. Per dosaggi medi superiori alle 2,5 tazze quotidiane, i possibili benefici o gli eventuali rischi (per esempio sul battito cardiaco o sul sonno) sono molto variabili, e dipendono soprattutto dal patrimonio genetico personale
L’effetto è specifico per il caffè, perché non si vede né con il caffè decaffeinato, né con il tè, mentre le bevande gassate che contengono cola ne hanno uno opposto, negativo.
I benefici del caffè, già emersi in numerosi altri studi, in questo caso sono emersi valutando i dati di decine di migliaia di donne, seguite per almeno una trentina d’anni, e sembrano quindi essere particolarmente convincenti dal punto di vista statistico.
Il caffè delle infermiere
Lo sostiene una ricerca condotta dagli esperti della Chan School of Public Health dell’Università di Harvard (Boston), che hanno presentato i risultati al convegno Nutrition 2025 svoltosi nei giorni scorsi a Orlando, in Florida. In essa sono stati analizzati i dati di oltre 47.000 infermiere che avevano preso parte all’omonimo studio a partire dal 1984-1986, e di cui erano noti anche i dati clinici, raccolti nel tempo.
Per capire l’eventuale influenza dell’abitudine a bere caffè, gli autori hanno considerato l’incidenza di 11 tra le principali patologie legate all’età tra le quali il diabete, le malattie cardio- e cerebrovascolari, i tumori, le patologie renali e così via dopo il compimento dei 70 anni, considerando anziane sane coloro che non ne avevano nessuna, e non presentavano limitazioni fisiche, né deficit mentali, nei questionari somministrati durante il biennio 2014-2016. Nello specifico, sono stati verificati il caffè normale e quello decaffeinato, il tè e le bevande con cola e, insieme, sono stati tenuti in considerazione i fattori che avrebbero potuto confondere i dati come il fumo, l’indice di massa corporeo, l’alcol, il livello di attività fisica e quello di scolarizzazione, nonché le proteine medie consumate.

I risultati
I risultati sono stati chiari. Infatti, nel 2016, circa 3.700 donne potevano essere definite “anziane sane”, e analizzando le loro abitudini si è visto che, quando avevano 45-60 anni, il loro consumo medio di caffeina era di 315 mg/die (pari a poco meno di quattro tazzine) e il caffè contribuiva per l’80% a esso. Per ogni tazza di caffè in più, inoltre, c’era un aumento del beneficio compreso tra il 2 e il 5%, fino a un valore massimo di 5 tazzine quotidiane. Al contrario, non è emerso alcun effetto positivo dall’abitudine a bere caffè decaffeinato, o tè, mentre quella a consumare bevande gassate e dolci è risultata associata a una diminuzione della probabilità di essere un’anziana sana compresa tra il 20 e il 26%.
Come hanno commentato gli autori, si può affermare che il quantitativo medio di 2-3 tazzine al giorno sia ottimale per tutti, mentre per quantità superiori molto dipende dal metabolismo e dai geni, come hanno dimostrato loro stessi in un altro studio. Allo stesso modo, come emerso in una ricerca pubblicata all’inizio dell’anno, condotta anch’essa sui dati di oltre 40.000 persone, è importante anche il momento della giornata in cui si beve caffè: il mattino è sempre il migliore.
Infine, probabilmente gli effetti sono così potenti e specifici perché, oltre alla caffeina, nel caffè sono presenti altre sostanze come gli antiossidanti che agiscono in sinergia con essa, potenziandone gli effetti protettivi.
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Giornalista scientifica
Lo studio è americano, lì non esistono tazzine ma mug, circa 300ml ciascuna. Definirle tazzine mi pare non corretto…