Fave di cacao e cioccolato fondente su un tavolo di legno

Ilfattoalimentare.it aveva già richiamato l’attenzione sul golpe in Costa d’Avorio: per i trentamila esuli che ora sono diventati mezzo milione e per le migliaia di vittime di un colpo di Stato condannato da tutti, almeno a parole. Ma pochi se sono occupati, stampa compresa.

Il Financial Times rende noto che il prezzo del cacao ha toccato il record: mai così alto negli ultimi 32 anni. Non a caso, dato che la Costa d’Avorio è il primo produttore al mondo, con il 40 per cento delle forniture globali. Il paese non è neppure nuovo alle guerre civili. Ma questa volta – poiché il golpista Laurent Gbagbo taglieggiava i produttori e gli esportatori di cacao per comprare armi e mercenari – il presidente legittimamente eletto Alassane Ouattara ha imposto il divieto all’export. Un divieto che è stato rispettato da tutti, a partire da Cargill e Archer Daniels Midland (Usa), Barry Callebaut (Ch), Olam (Singapore), Armajaro (Gb).

Da parte sua, Laurent Gbagbo ha annunciato il 7 marzo, sulla Radiodiffusion Télévision Ivoirienne, la nazionalizzazione del cacao. Gli acquisti e le esportazioni di cacao e caffè dovrebbero venire gestiti “in via esclusiva dallo stato”. Ma da quale stato, visto che Gbagbo si arroga una presidenza negata dalle urne, dall’Onu e dall’Unione Africana? E che accadrà alle circa 500 mila tonnellate di cacao (per un valore di 1,7 miliardi di dollari) accumulate nelle trading house durante il blocco delle esportazioni decretato dal presidente eletto Ouattara?

Alle dichiarazioni del golpista seguono due quesiti: con quale denaro Gbagbo finanzierà gli acquisti del cacao e la logistica, posto che i raccolti annuali del Paese hanno un valore stimato in circa 4,5 miliardi di dollari? I suoi emissari hanno già rastrellato le banche locali, ma gli stipendi di servitori e mercenari già costano 150 milioni di dollari ogni mese, ed è improbabile che alcun investitore estero corra il rischio di finanziare un’operazione così marcatamente illegale, perciò priva di garanzie.

In secondo luogo, quali operatori internazionali saranno disposti a comprare cacao dal sedicente dittatore di un paese da lui trascinato nella guerra civile? Anche il mercato ha le sue regole e i principali acquirenti, in Usa e Ue, è probabile che non saranno disposti a sporcare i loro business. Il mercato asiatico, d’altra parte, non è capace di assorbire tanto ingenti risorse.

Nel frattempo, il paese è dilaniato da proteste soffocate nel sangue, black-out e blocchi delle forniture idriche. Restano inevase le richieste di aiuto militare esterno dal presidente che i cittadini hanno eletto. Quattro mesi di rumoroso silenzio. Un minuto non poteva bastare?

Per maggiori informazioni:

Le Monde

Articolo 1; Articolo 2.

Le Courrier International

Articolo

Trust.org

© Riproduzione riservata. Foto: AdobeStock

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