Mani piene di fave di cacao prelevate da un sacco di fave di cacao

L’agroforestazione è la pratica di coltivare piante non in monocoltura, ma in un ambiente nel quale sono presenti anche altre specie vegetali, non strettamente produttive, e animali, per accrescere la biodiversità. E questo sistema conviene, non solo all’ambiente. Le rese possono infatti aumentare in misura significativa, assicurando ai piccoli coltivatori margini di guadagno maggiori, anche perché diminuiscono i costi relativi all’acquisto di fertilizzanti e pesticidi. Che sia così, almeno per il cacao, lo dimostra un esperimento condotto nell’ambito della Alliance for Biodiversity & CIAT dai ricercatori dell’Università tedesca di Gottinga, in una zona del Perù dove si produce una delle varietà di cacao più pregiate al mondo: quella chiamata Blanco de Piura.

Come illustrato in un articolo pubblicato su Ecological Applications, gli autori hanno selezionato, nella zona di La Quemazón, a Piura, 12 piccole aree di agroforesta dell’estensione compresa tra circa mezzo ettaro e due ettari, nelle quale le piante di cacao si trovavano in media a 3 metri le une dalle altre. Grazie a un sistema di reti e ad accorgimenti specifici, tutti a bassissimo impatto ambientale e a costi contenuti, è stato impedito l’accesso a specifiche ‘zone di esclusione’ create all’interno delle 12 aree agli uccelli tipici della zona, ai pipistrelli o a entrambi (vedi foto sotto). Il tutto è stato minuziosamente osservato, registrato e analizzato per un anno.

Ricercatori attorno a una zona di esclusione che recinta una porzione di una coltivazione di cacao; Università di Gottinga
Ricercatori dell’Università di Gottinga attorno a una zona di esclusione creata con reti che recintano una porzione di una coltivazione di cacao 

Il risultato è stato superiore alle aspettative, perché le zone a cui uccelli e pipistrelli avevano libero accesso hanno reso il 118% in più delle aree di esclusione completa, assicurando un guadagno di circa mille dollari in più per ettaro ai produttori. Secondo i calcoli, uccelli e pipistrelli, insieme, sarebbero responsabili del 54% del raccolto. Il segreto del successo, infatti, è nella biodiversità: gli uccelli di giorno e i pipistrelli di notte fanno piazza pulita della maggior parte degli insetti nocivi come gli afidi e le cocciniglie, rendendo non necessaria l’applicazione di fitofarmaci. I fiori, non attaccati dai parassiti, danno più frutti e l’insieme di alberi e altre piante tiene la zona, naturalmente arida, più umida e fertile. Anche le deiezioni di uccelli e pipistrelli contribuiscono sia alla diffusione dei semi che alla fertilizzazione del suolo. 

Il fatto che l’ambiente diventi molto più favorevole lo si vede poi anche dal comportamento delle formiche. Durante i 12 mesi di test, infatti, i ricercatori hanno studiato più di 4.700 ‘visite’ di formiche che, nel 40% dei casi, erano Nylanderia, uno dei generi più diffusi sulla Terra, note per nutrirsi di linfa secreta dagli afidi e per dare vita a una simbiosi devastante per le piante. In realtà, per motivi non ancora chiari, nell’agroforesta la presenza di queste formiche non è associata a danni visibili, che aumentano via via che ci si allontana dalla foresta nativa.

L’esperimento, cui collaborano attivamente i contadini della zona, continua per capire meglio le reciproche interazioni delle specie presenti, ma di certo, per il cacao, che normalmente è una pianta del sottobosco amante dell’ombra, la monocoltura in campi esposti al sole non è la situazione ideale. Al contrario, ricreare un ambiente ricco di vegetazione e di animali, dove le piante collaborino attivamente con le specie animali presenti, tiene il cacao in salute e le aiuta a produrre di più. E l’ambiente ringrazia, insieme ai piccoli produttori.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Università di Gottinga

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donprohel
donprohel
22 Giugno 2023 19:25

Vabbè, è un commento banale, ma ho voglia di dirlo.

Di notizie come questa ne leggo parecchie, e certo fanno bene al cuore e alla speranza, quindi intanto un apprezzamento al Fatto Alimentare e ad Agnese Codignola autrice dell’articolo.

Ma non posso fare a meno di chiedermi quanto ci metteremo ad applicare su larga scala questa e tutte le tecniche analoghe.

Abbiate pazienza…