Campo agricolo all'alba

Young man and his son on organic strawberry farmNonostante le superfici agricole destinate al biologico crescano di anno in anno, il comparto del bio, che dovrebbe essere incentivato, continua a riceve solo briciole dai fondi pubblici per l’agricoltura ed è ostacolato da una maggiore burocrazia. A parlare di questa vera e propria beffa è un articolo pubblicato da Valori a firma di Corrado Fontana, che ripubblichiamo con piacere.

Il biologico cresce a due cifre ed è considerato un’arma utile anche contro i cambiamenti climatici. Ma le politiche di sostegno all’agricoltura – declinazioni nazionali delle politiche europee – investono direttamente sul bio italiano molto meno di quanto il settore meriterebbe. Questa la denuncia contenuta nell’ultimo rapporto di FederBio (Cambia la terra 2018): i fondi pubblici mirati al biologicosono inferiori al 3% del totale. Eppure, la Superficie agricola (Sau) coltivata dall’agricoltura biologica è di poco inferiore al 15%.

Una sperequazione nell’attribuzione degli aiuti sancita dai meccanismi di attuazione italiana della Pac (Politica agricola comunitaria) per il periodo 2014-2020. Tanto più criticabile se si pensa che il il biologico contribuisce a ridurre i costi ambientali e sanitari collettivi, favorendo la tutela del paesaggio e il calo dell’inquinamento da fitofarmaci (ovvero erbicidi e pesticidi). E che la scelta del biologico comporta, per chi la fa, maggiori incombenze burocratiche ed economiche, che colpiscono non solo le aziende che stanno “transitando” da coltivazioni non certificate ma anche la pratica quotidiana.

Secondo i dati del Servizio studi della Camera, i finanziamenti della Pac 2014-2020 all’agricoltura italiana sono pari a 62,5 miliardi:

  • 41,5 miliardi di euro dell’Unione europea
  • 21 miliardi che arrivano dallo Stato nazionale.
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Ettari di superficie agricola e operatori del biologico in Italia al nel 2017 (Fonte ‘Bio in Cifre 2018. I numeri del biologico in Italia’ di Francesco Giardina)

Il 75% dei finanziamenti è destinato al cosiddetto Primo Pilastro e all’Organizzazione comune di mercato, mentre mediamente il 25% è destinato al Secondo Pilastro, che sono i Programmi di sviluppo rurale delle Regioni.

Sul primo Pilastro della Pac, i finanziamenti destinati specificatamente al biologico praticamente non esistono. Il biologico beneficia del cosiddetto greening, che di fatto è solo una maggiorazione del 30% dell’aiuto di base.

«Ma il greening, in funzione delle esenzioni previste dalle norme, viene applicato nel nostro Paese solo al 12% delle aziende. E, oltre al biologico, ne beneficia anche chi fa avvicendamento colturale, i pascoli o le zone rifugio per la fauna. Così, alla fine, l’aiuto destinato specificatamente al bio è veramente irrilevante», spiega Maria Grazia Mammuccini di FederBio.

Un quadro che appare a tutto vantaggio dell’agricoltura convenzionale, che utilizza pesticidi, diserbanti e fertilizzanti di sintesi. Ovvero chi adempie al PAN (Piano Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) secondo lo standard minimo – e obbligatorio – che consente l’accesso ai pagamenti diretti del Primo Pilastro.

Al biologico, va meglio quando si analizza il finanziamento specifico che giunge dai Programmi di sviluppo rurale (Psr) del Secondo Pilastro della Pac. E in questo caso a decidere – in modo assolutamente disomogeneo – sono le regioni italiane.

Attraverso i bandi della cosiddetta Misura 11, dedicata proprio all’agricoltura biologica, al bio arrivano la maggior parte dei finanziamenti. Ma la misura rimane comunque minore rispetto a quanto, grazie alla Misura 10, ricevono altre pratiche. Innanzitutto il cosiddetto “integrato volontario”, modello di agricoltura che rispetta un disciplinare con pratiche agronomiche specifiche, e vieta l’uso di alcuni principi attivi tra i più dannosi. E poi l’agricoltura conservativa.

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Percentuali per regione della spesa complessiva nei progetti di sviluppo rurale per il biologico (Fonte rapporto Cambia la terra 2018)

A sostenere fortemente il biologico, con alte percentuali della spesa complessiva nei Psr, sono le regioni del Centro e Sud Italia(in Sicilia il 18,07%, in Calabria il 22,38%). Uniche eccezioni l’Umbria (3,88%) e la Campania (1,36%). Altre, come Valle d’Aosta (1,7%), Veneto (1,84%), Friuli Venezia Giulia 2,36% perseguono obbiettivi opposti.

Complessivamente – secondo Cambia la terra – alla Misura 10 viene destinato il 13% dei fondi per lo sviluppo rurale nazionale, mentre alla Misura 11 il 9,5%. Evidenziando quello che appare come un paradosso. La Misura 10, infatti, è specificamente indirizzata al rispetto dell’ambiente. «Premia pratiche agronomiche migliori rispetto al convenzionale, ma che comunque fanno uso di fertilizzanti e pesticidi di sintesi chimica, compreso il glifosato» spiega Mammuccini. E così, una norma pensata per aiutare l’ambiente finisce per finanziare chi usa «il maggior inquinante delle nostre acque (dati ISPRA) e classificato come probabile cancerogeno». L’unica regione italiana che ha deciso di interrompere i finanziamenti risulta essere la Calabria mentre infuria la polemica sugli annunci della Toscana.

Detto ciò, siamo in attesa di vedere se con la Pac 2021-2027 l’Europa, sempre più colpita dal riscaldamento globale, punterà maggiormente sul bio. Ma riguardo la programmazione 2014-2020, alle lamentazioni di FederBio si unisce, su altri fronti, la bocciatura del presidente di Aiab(Associazione italiana per l’agricoltura biologica).

«Tranne qualche raro caso – afferma Vincenzo Vizioli – tutte le regioni italiane hanno investito sul bio una percentuale del budget inferiore alla Sau impegnata a biologico. Non hanno considerato che la domanda di cibo bio stava stimolando un’esplosione del settore. E quindi non hanno previsto un un aumento delle richieste di finanziamento. In questo modo, tutto il sistema è andato in difficoltà. Non solo: il ritardo dei pagamenti, dovuto al cronico e inaccettabile malfunzionamento di Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), e l’appesantimento burocratico per la gestione delle domande, la rendicontazione dei progetti e la lentezza delle istruttorie regionali hanno esaltato le difficoltà».

frutta verdura bio vegatali
La programmazione dei fondi per l’agricoltura non ha tenuto conto del trend positivo di sviluppo del biologico

Un errore di programmazione incomprensibile. Che, secondo Vizioli, sta in qualche modo “imballando il sistema”: benché la Misura 11 valga l’8,7% dei 20,9 miliardi di euro programmati per i Psr, a oggi ne ha ricevuto meno di uno. E di quanto disponibile è stato speso solo il 17,6%.

«Non solo è stata sbagliata la programmazione, ma le tante difficoltà di tipo burocratico stanno portando al problema di non riuscire a spendere tutti i fondi disponibili. Mancano meno di 2 anni alla fine e noi non abbiamo ancora speso neanche la metà dei fondi».

E così, oltre al danno, si aggiungerebbe anche la beffa. Senza contare che l’agricoltura integrata beneficiaria della Misura 10, sottolinea Vizioli, riceve denaro pubblico ma non è né certificata come il bio nè fatta oggetto di controlli adeguati. Poiché la verifica dei documenti d’acquisto e di uso dei fitofarmaci, ad esempio, non si accompagna con dei rilievi sul campo.

Corrado Fontana – Valori

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ezio
ezio
23 Ottobre 2018 11:41

Questi dati danno purtroppo la prova e la misura di quanto sia forte la lobby dell’agricoltura convenzionale, con tutto il sostegno dell’industria chimica, al fine di dirottare le sovvenzioni del mondo bio verso i propri operatori.
La cenerentola dell’agricoltura italiana riesce comunque a crescere nonostante queste malversazioni.
Queste notizie meriterebbero un più vasta diffusione mediatica, ma temo siano dati poco graditi dall’andazzo generale dell’informazione nazionale.
Poi ci lamentiamo che i prodotti bio costano troppo e non sono alla portata di tutti!

Cristina Campioli
Cristina Campioli
Reply to  ezio
26 Ottobre 2018 08:01

Eh sì, è proprio così. Correremo ai ripari quando sarà troppo tardi…

artgiapen
artgiapen
3 Novembre 2018 10:42

le armi del popolo sono: 1° il voto 2° il consumo critico

alberto andrioli
alberto andrioli
5 Novembre 2018 17:02

Sena entrare nel merito se sia meglio il bio o il convenzionale, a mio modo di vedere è uno studio che si basa non su dati falsi, ma che ignora dati essenziali. In estrema sintesi non prende in considerazione che, oltre ai contributi specifici per il bio (pochi), i produttori biologici accedono anche a tutte le altre misure dei Psr (investimenti, agriturismo, giovani, ecc.). Inoltre, a parità di requisiti, la domanda di un agricoltore bio è preferita a quella di un agricoltore convenzionale.
In sostanza un agricoltore bio accede agli stessi aiuti di un agricoltore convenzionale, più a quelli specifici per il bio.
Se questo è un modo corretto di fare analisi economiche….