cola

D’ora in poi ci vorrà molto coraggio per sostenere che il consumo di bevande gassate e zuccherate non è legato all’aumento del peso.

 

Una delle riviste medico-scientifiche più autorevoli almondo, il New England Journal of Medicine, ha  pubblicato nello stesso numero i risultati di tre  studi che inchiodano le famigerate “soda” alle loro responsabilità, confermando i numerosi dati emersi nel corso degli anni, secondo cui bere bibite zuccherate tutti i giorni in quantità fa ingrassare.

La scelta di pubblicare i tre studi insieme costituisce una segnale forte, come a dire: ci provino, ora, i produttori a dire che il nesso tra soda e obesità non è dimostrato.

 

Nel primo studio i nutrizionisti dell’Università di Amsterdam hanno selezionato oltre 640 bambini e ragazzi di età compresa tra i 4 anni e 10 mesi e gli 11 anni e 11 mesi. Li hanno divisi in due gruppi: al primo è stata data una bevanda dolcificata con edulcoranti artificiali  (250 ml), mentre al secondo una bibita zuccherata di uguale volume, con un apporto calorico pari a 104 calorie; il tutto è avvenuto durante l’orario scolastico, in un arco di tempo di 18 mesi.

 

Come atteso, alla fine l’indice di massa corporea (o BMI, dato dal peso in chilogrammi diviso per il quadrato dell’altezza in centimetri) dei ragazzi che avevano assunto la bibita dolcificata era aumentato di 0,02 unità, mentre quello degli altri quasi dieci volte tanto, e cioè di 0,15 unità. Parallelamente, il peso era aumentato di 6,35 chili nel gruppo sugar-free e di 7,37 nell’altro.

 

Altre misure come lo spessore della pelle, il rapporto tra giro-vita e altezza e massa grassa hanno confermato che chi aveva bevuto bibite zuccherate era ingrassato sensibilmente di più. Il nesso sembra dunque provato, così come sembra dimostrata l’ipotesi che una riduzione di zucchero, anche se mascherata e attuata in un ambiente familiare come la scuola, possa essere efficace.

 

Nella stessa direzione va il secondo studio, realizzato dai ricercatori del Boston Children’s Hospital. Gli studiosi  hanno individuato 2240 ragazzi  in sovrappeso od obesi che bevevano in media 1,7 lattine al giorno di bevande gasate e zuccherate e li hanno suddivisi in due gruppi. Al primo hanno chiesto di aderire a un programma incentrato sulla diminuzione del consumo di soda per un anno, mentre al secondo hanno concesso di non modificare le abitudini.

 

Dopo un anno l’indice di massa corporeo era aumentato di meno (di 0,57 unità) nei primi rispetto ai secondi, e il peso anche (di 1,9 chilogrammi). Dopo due anni queste differenze erano pressoché scomparse, probabilmente perché i ragazzi che avevano smesso di bere le soda dopo l’esperimento, avevano ripreso più o meno velocemente le abitudini di sempre. Anche in questo caso, dunque, la relazione tra consumo di bibite zuccherate e aumento del peso tra i ragazzi sembra confermata.

 

Di segno diverso, ma non meno importante, è  il terzo studio, che punta tutto sulla genetica dell’obesità. In questo caso i genetisti della Harvard School of Public Health, sono andati a spulciare tra i dati di tre grandi gruppi di popolazione fatti negli anni precedenti.

Il primo gruppo era composto da 6.900 infermiere, poi c’erano 4400  medici, e un terzo gruppo  (quello sulla genetica delle donne), da cui è stato possibile ottenere le informazioni riguardanti ben 21.700 partecipanti.

 

Da tempo è noto che la predisposizione all’obesità è stata associata a una decina di geni, e verificando abitudini alimentari, BMI e corredo genetico gli autori hanno dimostrato che la presenza dei geni dell’obesità è molto più frequente in coloro che bevono bibite zuccherate. Probabilmente questo accade perché l’ambiente ricco di agenti infiammatori che si sviluppa in seguito all’assunzione eccessiva di zuccheri, innesca l’attivazione di geni altrimenti silenti.

 

Oltre agli studi controllati, anche questo dato conferma il contrario di quanto tentano di sostenere da anni le associazioni dei produttori, secondo cui  l’aumento di obesità ha poco a che vedere con l’assunzione di soda. Non solo: i dati dei tre studi potranno essere utilizzati da autorità sanitarie e da decisori politici come il sindaco di New York Michale Bloomberg per far capire ai cittadini che eventuali provvedimenti restrittivi, ancorché da verificare sul campo, hanno un fondamento teorico e scientifico.

 

Agnese Codignola

Foto: Photos.com

0 0 voti
Vota
3 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Andrea
Andrea
15 Ottobre 2012 16:22

Ma questi studi, di cui da decenni ormai si sanno i risultati, chi li paga???
Parliamoci chiaro: anche l’obeso è perfettamente conscio della quantità di zucchero nelle bevande gassate.
Queste ricerche sono solo una conferma per gli infervorati che vorrebbero eliminare le bevande zuccherate dalla faccia della terra (i gelati no?): agli estimatori delle bibite, di ‘sti studi non gliene può fregar di meno.

oriopant
oriopant
17 Ottobre 2012 06:44

Sono, ovviamente, d’accordo con tutte le considerazioni fatte. Ma nei supermercati non si trovano bibite senza zucchero! A me piace il chinotto e il rabarbaro, ma vallo a trovare non zuccherato… Ergo, se le ditte non si mettono a fare bibite non zuccherate (ma non con l’aspartame) noi come facciamo a berle? Ciao

Giuseppe
Giuseppe
18 Ottobre 2012 07:24

Se posso dare il mio punto di vista, credo che la notizia vada letta come un incentivo all’utilizzo di politiche di salvaguardia della salute dei giovani, perlomeno a scuola, dove da una parte si educa e dall’altra non si educa ad una sana alimentazione.
Ad esempio, l’innalzamento di barriere al consumo di bibite gassate (perlomeno a scuola) o il facilitare il consumo di succhi freschi come quelli dei distributori di spremuta fresca d’arancia (esistono, e le arance spesso restano sugli alberi!) possono fare solo bene ai nostri ragazzi.