Tra gli argomenti più sfruttati dalle aziende contro la sugar tax e gli altri interventi per ridurre le vendite di bevande zuccherate, uno dei più gettonati è la presunta assenza di prove di un’associazione tra consumo e chili in più. Un’affermazione palesemente falsa, che sarà ora quasi impossibile continuare a ripetere, grazie alla più grande metanalisi mai effettuata, che dimostra, senza possibilità di smentita, come il legame ci sia, eccome. I ricercatori dell’Università di Toronto, in Canada, insieme ai colleghi di Harvard, negli Stati Uniti, hanno infatti identificato ben 85 tra studi controllati e studi di coorte, che hanno coinvolto circa mezzo milione di persone tra adulti, ragazzi e bambini, giunti tutti alla stessa conclusione: bere bibite zuccherate fa aumentare il peso a tutte le età e, con i chili, fa crescere diversi indici di rischio di malattie gravi e di mortalità.
Come riferito sull’American Journal of Clinical Nutrition, i numeri sono molto chiari: in base agli studi osservazionali, per ogni lattina da 33 cl in più al giorno, gli adulti accumulano 0,42 kg in un anno, mentre bambini e ragazzi acquisiscono 0,07 punti di indice di massa corporea (in questo caso, infatti, calcolare come varia il BMI è più affidabile rispetto al peso, che risente di altre variabili come l’altezza). Specularmente, ogni volta che si riduce l’assunzione, cala anche il peso. Nell’ambito degli studi controllati, nei quali viene chiesto ai partecipanti di consumare o meno una bevanda, l’effetto è ancora più evidente: per ogni bibita in più al giorno, è stato osservato un aumento di 0,83 kg in un anno per gli adulti (e -4,9 kg in caso il ‘trattamento’ fosse l’eliminazione delle bevande dalla dieta), mentre è stato registrato un calo di 0,21 punti di Imc per i bambini inclusi in studi nei quali sono state eliminate le bibite zuccherate. In generale, la prova più convincente è, comunque, il fatto che l’aumento e la perdita di peso siano strettamente associati, in modo lineare, alla dose, un rapporto che è fortemente suggestivo dell’esistenza di un nesso di causa ed effetto.
Ma la coordinatrice del lavoro, la nutrizionista Vasanti Malik, va anche oltre e spiega meglio alcuni aspetti. Innanzitutto, anche se la differenza di peso può sembrare piccola, si deve tenere presente che un adulto, solo per l’avanzare degli anni, acquisisce in media poco meno di mezzo chilo all’anno e via via che il peso cresce, diventa più difficile tornare indietro. Per quanto riguarda i bambini, poi, un’infanzia o un’adolescenza in sovrappeso o in stato di obesità, com’è noto, predispongono a un’esistenza caratterizzata dalla malattia. Inoltre, i dati provenienti da tutto il mondo sono allarmanti; nel 2016, quasi due miliardi di persone erano in sovrappeso e 650 milioni obese, con tendenza all’aumento, soprattutto tra i più giovani. Dagli anni Settanta a oggi, il tasso di obesità tra gli under 18 è quadruplicato.
Per quanto riguarda gli effetti specifici, poi, Malik ricorda che le bevande zuccherate sono, di fatto, soluzioni di zuccheri liquidi immediatamente assimilabili: ogni lattina da 33 cl ne contiene almeno otto cucchiaini e fornisce circa 140 calorie, cioè quasi tutte le calorie che, in un giorno, si possono ottenere da zuccheri aggiunti (pari al 10% del totale). Ma la rapidità di assorbimento causa picchi glicemici che predispongono alla resistenza all’insulina (anticamera del diabete). Oltre al saccarosio, lo zucchero che desta più preoccupazione è il fruttosio, che favorisce l’adipogenesi nel fegato (e ciò spiega l’esplosione dei casi di steatosi epatica non alcolica) e aumenta il livello di acido urico che, a sua volta, aumenta il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e tumori.
Infine, qualche segnale positivo si intravede: grazie all’introduzione delle sugar tax (presenti orami in 85 Paesi), delle etichette più chiare e dei limiti alla pubblicità per i ragazzi, la tendenza del consumo tra gli adulti è in declino e anche tra i più piccoli sta rallentando, nei Paesi occidentali e in quelli a reddito medio che stanno attivamente lottando contro le abitudini errate, come la Thailandia o il Messico. Infine, nei Paesi a reddito più basso, che sono il terreno di conquista delle grandi multinazionali, per vedere risultati tangibili occorre accompagnare le iniziative con provvedimenti che abbiano una finalità molto chiara: garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile a prezzi bassissimi o se possibile gratis, perché quando questa non è disponibile, come purtroppo si verifica in diversi Paesi (anche perché non di rado le concessioni dell’acqua vengono svendute proprio alle multinazionali delle bevande), le persone non hanno alternative.
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Giornalista scientifica