Gli americani stanno lentamente imparando a bere un po’ meno bevande zuccherate, dopo molti anni nei quali sembravano essere quasi l’unica scelta. Ancora oggi le percentuali di chi ne consuma tutti i giorni sono alte, ma la tendenza è alla diminuzione, e questa è una notizia che si attendeva da tempo.
A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori della Chan School of Public Health di Harvard e della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, che ha pubblicato sul Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics quanto emerso dall’analisi dei dati contenuti nel grande archivio del National Health Examination and Nutrition Survey (NHANES), relativi a quasi 22 mila bambini (di età compresa tra i 2 e i 19 anni) e circa 32 mila adulti (con più di 20 anni) e al periodo compreso tra il 2003 e il 2016.
I ricercatori hanno verificato soprattutto quelli che hanno classificato come heavy drinkers (bevitori pesanti), cioè coloro che consumano in media 3,5 lattine di bevande zuccherate al giorno (da cui traggono 500 calorie o più), e hanno visto che la loro percentuale è scesa sia tra i più giovani sia tra gli adulti. Nel primo caso è infatti passata dall’11 al 3%, nel secondo dal 13 al 9% della popolazione. Non hanno invece modificato il loro comportamento le persone di età compresa tra i 40 e i 59 anni e, tra i gruppi etnici, gli ispanici, mentre si registra un lieve aumento tra gli over 60, che però rappresentano solo una piccola percentuale dei grandi bevitori di bibite.
Resta comunque molto lavoro da fare, se è vero che ogni giorno il 60% dei bambini e il 50% degli adulti consuma bevande zuccherate, e che la maggior parte di esse è bevuta in casa, dopo un acquisto al supermercato. Si tratta di un’abitudine che indica quanto sia radicato il consumo di bibite dolci al posto dell’acqua, o comunque in tanti momenti della giornata.
Tuttavia la tendenza alla diminuzione, soprattutto da parte di chi ha un maggior danno, sembra indicare che si sia imboccata la strada giusta. Iniziano insomma a sortire effetto anni di campagne di informazione, di tasse specifiche, di provvedimenti come le limitazioni alla pubblicità rivolta ai bambini e di obblighi per i loro menu, accompagnati dagli studi sui danni degli zuccheri in eccesso, del sovrappeso, dell’obesità, del diabete e delle carie, e da notizie sugli scandali legati ai conflitti di interesse e al comportamento dei grandi produttori.
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Giornalista scientifica