I bambini italiani sono poco attivi e mangiano male: c’è di più uno su cinque è in sovrappeso e uno su dieci obeso. Sono questi i dati diffusi dal servizio Epicentro dell’Istituto superiore di sanità, il sistema di sorveglianza coordinato dal Centro nazionale per la Prevenzione delle malattie e Promozione della salute che è stato di recente designato come centro di riferimento Oms su Obesità infantile. L’Italia è tra i paesi europei con i valori più elevati per quanto attiene l’eccesso ponderale dietro a Cipro, Spagna e Grecia nella popolazione in età scolare con una percentuale del 29,8. Il valore comprende il 20,4% di soggetti in sovrappeso, a cui si aggiungono gli obesi che sono il 9,4% (mentre i gravemente obesi che rappresentano il 2,4% sono inclusi non questo dato). Le statistiche si riferiscono al 2019 sono stati elaborati da OKkio alla salute, il sistema di sorveglianza nazionale messo a punto dall’Istituto superiore di sanità. “Un miglioramento c’è – spiega Angela Spinelli direttrice del Centro nazione per la prevenzione delle malattie e promozione della salute dell’Iss – perché nel 2008 il valore complessivo era di 35,2 % poi siamo passati al 30,6% del 2016 e al 29,8 dell’anno scorso, ma c’è ancora molto da fare”.
Secondo l’indagine dell’Iss, che ha coinvolto, come negli anni precedenti, più di 50mila bambini e altrettante famiglie, quasi un bambino su due non fa una colazione adeguata al mattino, uno su quattro beve quotidianamente bevande zuccherate/gassate e consuma frutta e verdura meno di una volta al giorno. I legumi rientrano nel menù meno di una volta a settimana nel 38% dei casi mentre quasi la metà dei piccoli mangia snack dolci più di tre giorni alla settimana. Anche sull’attività fisica sarebbe necessario un maggiore impegno: il 20% dichiara di non avere fatto ginnastica o altri tipi di sport il giorno precedente l’intervista, più del 70% non si reca a scuola a piedi o in bicicletta e quasi la metà trascorre più di 2 ore al giorno davanti alla tv, al tablet o al cellulare. Rispetto alle ore di sonno quasi il 15% dorme meno di nove ore per notte.
“Questi dati – continua Angela Spinelli, direttrice del Centro nazione per la prevenzione delle malattie e promozione della salute dell’Iss –mostrano alcuni miglioramenti rispetto al passato, con un’ulteriore riduzione dell’eccesso ponderale nei bambini del nostro Paese, ma ribadiscono che bisogna insistere con le strategie di prevenzione e promozione dei corretti stili di vita Anche in questo attuale contesto pandemico essendo costretti a stare in casa si può cogliere l’occasione per trasformare questa situazione in una nuova opportunità di salute, modificando in meglio le nostre abitudini alimentari e praticando del movimento anche in ambienti confinati”.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Da bambino le mie colazioni erano con caffelatte, pane, burro, marmellata, a cui aggiungevo un trancio di focaccia andando a scuola a piedi all’altro capo della cittadina e un trancio di pizza o un krapfen con marmellata nell’intervallo delle 10, le merende erano panini con mortadella o prosciutto, o pane e cioccolato o pane e cotognata, e le preoccupazioni dei “grandi” erano sempre che mangiassi troppo poco.
Passavo le vacanze scolastiche in campagna dai nonni (anni ’50) nell’astigiano e non solo rubavo in dispensa la marmellata, i pomidoro seccati al sole e il gorgonzola non appena ne avevo l’occasione, ma mia nonna (classe 1892) oltre alla colazione di rito mi preparava a metà mattinata l’ovetto con lo zucchero, per merenda pane burro e acciughe, fettone di ciambellone…
E quelle erano le colazioni e le merende ipercaloriche e le “maròde” (rubacchierie) anche di tutti i miei compagnucci di scuola e di gioco, e tutti non avevamo un grammo di grasso in eccesso e il mantra di madri, nonne, zie e amiche di famiglia impiccione era “ma sei troppo magro, mangiane ancora una fetta!”.
Ma… a parte l’oretta per fare i compiti noi passavamo tutto il nostro tempo a rincorrerci, salire sugli alberi, pescare con le mani i pesci nel torrente, stavamo sempre all’aperto a sudare e stancarci, non “toh, prendi le patatine e mettiti tranquillo davanti alla tivvù” o “ti porto a scuola col SUV, sono quasi quattrocento metri!” o “ma che bravo che giochi tutto il giorno col cellulare e non sudi mai così non ti ammali!”.
Sarà questa, la differenza tra generazioni supernutrite e magre, e generazioni in perenne dieta e con i rotoli di ciccia che strabordano?
In effetti dare la colpa solo al cibo (per qualità, quantità e varietà) è riduttivo, dal momento che l’obesità è una patologia ‘prismatica’, dalle varie sfaccettature. Diciamo che l’ambiente obesogeno si distingue anche per le abitudini e stili di vita non propriamente virtuosi e sconosciuti ai tempi nostri (sigh!) come la ridotta attività motoria spontanea quotidiana e uno stress infantile mutuato spesso da quello adulto.