In ordine sparso, gradualmente e lentamente alcune aziende grandi e piccole iniziano a modificare le ricette per offrire prodotti più sani. Negli ultimi mesi, sono tre quelle che si sono mosse verso la riformulazione, a partire dalla Kellogg’s, i cui cereali, ancora oggi ottenuti con procedure non molto dissimili da quelle delle origini (l’azienda è stata fondata nel 1906), sono stati spesso accusati di contenere grandi quantità di sale, zuccheri e, in alcune versioni, grassi e coloranti, oltre all’acrilammide. Per rispondere, ecco che arrivano i primi prodotti della linea Special K, lanciata come più salutare perché a base di cereali integrali, totalmente riformulati. Nella nuova versione, che inizierà a essere venduta nei prossimi mesi nel Regno Unito, cereali e barrette conterranno in media il 19,8% di sale in meno, e questo permetterà a cinque dei sette prodotti di non essere più considerati come HFSS (alimenti a elevato tenore di grassi, zuccheri e sali), categoria soggetta a limitazioni al marketing in seguito alla recente entrata in vigore di una nuova legge britannica.
Interessante, poi, la cronaca – ricostruita da FoodNavigator – di come l’azienda sia giunta alle nuove ricette nel centro chiamato Kellogg’s Culinary and Sensory Centre, costruito vicino a Manchester, con un investimento da 500mila sterline. Il progetto è durato 18 mesi, e ha coinvolto diverse figure professionali, perché il sale, oltre al gusto, è utile per esaltare gli altri sapori, e perché si è cercato di avere una formulazione che mantenesse il più possibile il gusto originale, pur abbassando sensibilmente il sodio. E ciò dimostra quanto sia complesso modificare le ricette anche di alimenti apparentemente semplici come i cereali da colazione.
Altro aspetto significativo, il Centro è focalizzato interamente sulle riformulazioni, e non solo dei prodotti ma anche del packaging (sia quello esterno, di cartone, sia quello interno, quasi ancora tutto in plastica, per giungere entro il 2025 a un imballaggio riciclabile o compostabile al 100%), così come sullo studio di ricette e ingredienti del tutto nuovi, anche con cereali mai utilizzati prima.
Un’altra esperienza che punta alla riformulazione di cibi e bevande, questa volta per diminuire lo zucchero, pensando ai produttori e intervenendo ancora più a monte, è quella dell’azienda elvetica Givaudan. Il gruppo leader mondiale degli aromi, ha adottato un approccio definito olistico, cioè basato sull’esperienza sensoriale complessiva associata a un prodotto e non concentrato esclusivamente sul gusto dolce, grazie a un punteggio chiamato overall holistic rating.
In particolare, il metodo utilizza cinque attributi fondamentali per ‘decodificare’ l’esperienza sensoriale: l’impatto, cioè la prima sensazione; la complessità, cioè la varietà degli elementi di un sapore; il bilanciamento, cioè l’equilibrio tra questi ultimi; l’integrazione, ossia il rapporto più o meno riuscito tra i diversi elementi; e la longevità, cioè la durata naturale di una certa esperienza sensoriale. Se per ogni alimento si tengono in considerazione questi cinque fattori, e si attribuisce un punteggio, spiega l’azienda a FoodNavigator, è possibile diminuire anche sensibilmente il contenuto di zucchero, senza compromettere il risultato finale, sull’esperienza sensoriale complessiva. La domanda è: funziona? Secondo quanto riferito da Givaudan, in alcuni casi (come, per esempio, in un’aranciata) si è giunti a ridurre del 50% lo zucchero, talvolta con tassi di gradimento (da parte dei panel) superiori rispetto alla versione tradizionale del prodotto modificato (che conteneva più aromi), a conferma del fatto che molti prodotti contengono quantità enormi di zucchero che non ha alcuna funzione.
Oltre a ciò, i gusti – soprattutto quelli dei Millennial e della Generazione Z – stanno cambiando, soprattutto per quanto riguarda lo zucchero. Secondo l’azienda il 54% degli statunitensi e il 47% dei latinoamericani desidererebbe acquistare prodotti meno dolci, mentre il 55% dei francesi considera i classici succhi di frutta troppo dolci. Per questo, proporre alimenti e bevande con meno zucchero potrebbe essere una strategia vincente anche dal punto di vista commerciale.
Un altro approccio è stato adottato da una start up israeliana, la Sweet Balance, di cui riferisce ancora FoodNavigator. L’azienda, lanciata da Yoav Dagan, un ex dipendente della Coca-Cola, punta sulla riformulazione con ingredienti tutti naturali, con bassissimo indice glicemico e in assortimenti innovativi, nella convinzione che i dolcificanti siano destinati a fallire. Nelle riformulazioni sperimentate non ci sarebbero additivi chimici. In base ai test effettuati, sarebbe possibile ottenere una diminuzione del contenuto di zuccheri fino all’80%, nei cibi solidi come nelle bevande, freddi oppure caldi (o a temperatura ambiente). I costi, per il momento, sarebbero leggermente più alti di quelli delle versioni con saccarosio degli stessi prodotti, ma via via che vengono introdotte sugar tax e legislazioni restrittive la situazione dovrebbe cambiare. I primi prodotti riformulati grazie a Sweet Balance, le cui etichette dovrebbero essere del tutto trasparenti e con pochi ingredienti finali, dovrebbero arrivare sul mercato israeliano nel 2023, su quello mondiale nel 2024.
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Giornalista scientifica